lunedì 26 ottobre 2015

Il bar della Villa

Eccomi qui, dopo una notte in autobus, Marino Viaggi, partito iersera da via Predil, che se non ci partisse la Marino Viaggi sarebbe un'anonimo spiazzo restrostante la stazione di Lambrate che un tempo serviva appena per fermarsi e rimirare lo splendido graffito di bradipi ai margini di una spianata di automobili e una enorme bici nel mezzo del tutto. Mi piace viaggiare di notte in autobus e poi costa poco e poi posso portare una valigia grande che quando torno posso riempire di scorte alimentari di stretta osservanza altosalentina. Gli autisti sono sempre in due, spesso del barese, parlano in dialetto fra loro, fumano nelle soste notturne e mangiano panini e il piu' magro ha la pancia a punta da buddha ridente cinese. Spesso in viaggio le vegliarde sedute urlano negli smartphone parole di dialetti incomprensibili persino a me , mezzo glottologo, facendo sapere i cacchi propri a tutto l'autobus. Tipo a che ora partono o arrivano o se nel frattempo al paesello e' morto qualcuno. " Chi e' morto?" e' quasi sempre l'esordio telefonico.
Ma ora eccomi qui,  dopo un po' di yoga per cui mia madre -giustamente-mi prende in giro piu' che altro per quello scetticismo un po' sarcastico molto sud del mondo per cui le regole degli antenati non falliscono mai, perche' andarsene a cercare altre di un mondo di esserini gialli che fumano erba e si fanno il bagno nel fiume sacro della vita a base di enterococchi?...seduto, vi dicevo al Bar della Villa. Storico bar di Ostuni che negli anni a turno ha ospitato una fauna variegata di pensionati, liberi professionisti in libera uscita, politici, mantenuti e redditieri, che costituisce il classico milieu di paese, senonche' qui in sovrappiu' si da arie da intellighenzia imponderabile. Anche se una volta anni fa vi avevo incontrato un tizio in pensione che asseriva di essere un manager della Monsanto in pensione che aveva assistito ad un comizio di Hugo Chavez in una lontana citta' venezolana , in cui il matto indio comunista aveva chiesto alla popolazione perche' ci fossero li davanti dei grattacieli disabitati mentre la gente abitava nelle baracche. E l'anno dopo vinse le elezioni e i palazzi furono confiscati ed assegnati ai bisognosi ad affitti congrui. Fatto che introduce nella fauna del bar anche la sottocategoria di pensionato manager ma che fa anche riflettere sul fatto che il comunismo o e' cosi o non e' . Ma lo vogliamo vedere alla parte dei diseredati invece che da quella dei proprietari terrieri con casa in campagna casa a mare casa in paese casa in affitto in nero e tessera del Pd a chiedere voti agli operai:? Dite quello che volete ma 'sti racconti , leggendari o meno, reali o meno, realisti magici o meno, nutrono alla perfezione l'eterno Robin Hood che alberga in tutti gli ingegni sensibili e terrorizza l'ex socialista medio il quale non era comunista perche' comunque una coserella per le emergenze da parte ce la doveva comunque aver avuta.
Eccomi qui seduto al tavolo , mentre do un occhiata ai giornali locali e nazionali e Pigi, il figlio del proprietario del bar, mi serve un caffe' che non si sa come ne' perche' di buoni cosi non se ne bevono piu'. Vuoi per l'acqua, vuoi per la macchina che li fa, vuoi per il numero di giri di cucchiaino, vuoi per la convivialita' dello scambiarsi qualche parola o battuta o scherzo o lazzo, vuoi per la miscela di caffe' che deve essere arabo/brasiliana e quindi con sentori di afrori indigeni e tuareghini, vuoi, last but not least, per l'arte del caffe' salentino servito nel momento zen del silenzio impercettibile infilato fra le raffiche di dialoghi, beh, che dire, il caffe' da 'ste parti equivale alla cerimonia zen del te' giapponese, meno meditativo del napoletano ma piu' sapido e gargarismico del tutto presigarettistico. Ma io non fumo per cui chi sa che mi perdo. 
E insomma standomene seduto al tavolo mentre sfoglio i giornali e leggo del Lecce Calcio che si dimena impantanato della Lega Pro quando era stato una gloria zemaniana da serie A o di cronache di politica locale che si nutrono di assessori parenti e cugini rapinatori-parenti che sbagliano-come un Levi Strauss dilettante, svolgo le mie involontarie quante inevitabili osservazioni antropologiche. Due tizi sui trent'anni entrano per bere un caffe' , dando un'occhiata alle mie spalle allo schermo piatto di una tv che trasmette in diretta un improbabile Marrazzo sotto i bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza, dopo che per una vita  per lui era stata di coca. Ad un tratto uno , barba e occhiali, fa all'altro, barba e occhiali zero.
-Oh, visto chi c'e'? Fra un po' lo fanno santo a questo, dopo tutto quello che ha fatto.
E se la ridono con Pigi, il quale rincara la dose col ghigno mellifluo della metafora sessuale.
Pigi e' un tipo robusto, con gli occhiali, muove le mani con abilita' e lentezza, col busto fermo come un saggio taoista cinese . E guarda tutti sottecchi con la riflessione dell'assenza di riflessione , mentre si fuma la sua sigaretta handmade in santa pace, fra un caffe' e un aperitivo, fra una spazzata al piazzale fuori e un sorriso all'inglese di turno che sfoglia The Times perche' non e' riuscito a rimediare The Guardian, venuto a svernare in inverno, l'inverno della sua vita. Poi arrivano Giulio Vix, l'avvocato amico mio d'infanzia e Gianpietro Gradone, storico segretario rifondista, reduce da una riassettata alla sezione.
Ci sediamo all'aperto , ad un tavolino illuminato dal sole, le fronti gia' calde. E chiediamo il classico aperitivo mediterraneao, che da 'ste parti, altosalento, puo' valere per qualita' e quantita', persino da pranzo e cena.
Mentre chiacchieriamo del piu' e del meno e Vix si lamenta che Lecce e' una citta' a compartimenti stagni e circoli chiusi , mentre la provincia e meglio, sotto i suoi occhiali da sole e vista tutt'insieme, Gradone, magro e scolpito a furia di biciclettate sulle murge e rosicate di fegato a dispensar esposti per speculazioni edili, da' precise indicazioni a Pigi, Lui per se' vuole tartine di ritz con bresaola e pomodorini. Eh si, dice Pigi, rivolto a me e a Vix: persino quando mangia non sa stare lontano dal rosso. 
Dopo un po' la superficie del tavolino non basta quasi a contenere le portate di friselline e tartine e mozzarelline e triangoli di sfogliate rustiche e rustici wustelosi e quasi i crodini devono essere sfrattati e fatti atterrare all'Orio al Serio del tavolino a fianco. 
A questo punto, sotto un sole ottobrino indimenticabile, con davanti lo sfondo di alberi anche tropicali della villa comunale, i tavolini davanti imbanditi di ogni ben di Dio, ci rendiamo conto della bellezza del creato e di quanto i trigliceridi da queste parti siano piu' rapidi a diventar ricchi dei cartelli della droga colombiana. E questo mentre Vix si affanna a dire che nel pomeriggio ha una partita a tennis sul cemento. E io ho un pranzo dopo a casa dai miei. Chi sa se ce la faccio. Poi penso al racconto del manager della Monsanto. E un po' mi vergogno.

venerdì 9 ottobre 2015

Quel giorno da Raffaele Morelli...

Parte sempre dalla bellissima casa di ringhiera di Baggio, storico quartiere ovest milanese, la mia amicizia con Giuly. Una sincera , piena e completa amicizia virile fra uomo e donna quando a cinquant'anni suonati si diventa amici e si lascia il sesso alle storie con i rispettivi partner completandosi con queste solide strette di mano mentali. Osservo le ringhiere e i tetti di tegole rosse e i palazzi intorno, da questo terzo piano che da' sulla strada di questo ex slum rimodernato dove passano arabi, cingalesi, senegalesi e appulosiculicalabolucani. Menrtre Giuly stende la roba , le sue mutandine di pizzo e fuma le sue multifilter blu, dentro Magalli dalla tv appesa al muro piatta come un quadro contemporaneo in movimento ,ci da' dentro con Aldo Moro e i suoi misteri irrisolti. Che sono i soliti "e puricinella". Magra e nera come una tuareg metropolitana, stende con dovizia la roba e mi serve un Karkade', sigarettinbocca in equilibrio anche estetico tutto da vedere. Mentre il sole bacia le nostre fronti e noi pannelli solari ne assorbiamo le ultime energie ottobrine. Mezz'ora dopo siamo diretti in uno di quei ristoranti cinesi a prezzo fisso qualsiasi e quanto di questo qualsiasi si mangi. Uno di quei ristoranti multimenu' da dovunque nel mondo, con buffet e self service. Mi vedo gia' insieme a lei sorridente, driblare un numero incredibile di barilotti umani costituiti dal fior fiore dei pensionati del magico quadrilatero un tempo produttivo oggi nemmeno riproduttivo, a crescita zero, pensioni basse e cibo a buon mercato da consumare a camionate a mo' di droga per i poveri. Dopo che ci ha accolto una giovane e occhialuta cinese in divisa nera dai modi da executive nipponica e ci ha fatto accomodare ad un tavolo per due. Io carico il mio piatto di ogni sorta di sushi e sashimi incassando le assicurazioni di Giuly circa la freschezza del pesce. Ci sediamo a mangiare i nostri tondini di riso e tonno e di riso e salmone affumicato e riso e tonno rosso che si spera non venga dalle stive di pescherecci di contrabbando di Marsala che rientrano a remi tanto a corto di denaro per il carburante. Mentre ce la chiacchieriamo constatando che c'e' piu' gente oggi, che e' un semplice giovedi, che un complicato sabato e una ancor piu' complicata domenica, intorno a noi, la folla degli avventori da' vita a scene Felliniane sceneggiate da Tognazzi,protagonisti alcuni pensionati avanti negli anni la cui soglia dei trigliceridi rasenta quella del debito lordo dei paesi terzi. Al tavolo a fianco si siedono due napoletani in eta' lavorativa che confermano il must antropologico che a Milano nessuno e' di Milano. Uno di loro appoggia un piatto ripieno di un paio di chili di sushi e sashimi, tanto che immaginiamo l'abbia preso per piu' persone. Due minuti dopo si siede  e constatiamo che si tratta di un uomo corpulento dalla pancia enorme di nemmeno trent'anni d'eta', che pur usando con dovizia i bastoncini, pelato cosi come'e', un  MatroLindo dopolavoristico sembra, comincia a demolire la torre babelica di sushi, iniziando dal lato del piatto. Il suo compare di fronte e' andato piu' sulla carne , ma il piatto, con tutta quella roba affastellata su , fa la stessa concorrenza che un Monte Bianco farebbe a un Cervino. Le faccia piegate sui piatti scompaiono dietro quelle montagne di riso , salmone, manzo, pollo e spaghetti di soia. Con Giuly ci diamo un cenno d'intesa  e subito ci sintonizziamo su un discorso che poi dopo approfondiremo, infarcito, quello si , il discorso, di droga dei poveri, riempire vuoti d'anima, insoddisfazioni infinite, patologie mentali e male di vivere. Insomma il cibo come droga a buon mercato per i nuovi poveri. E gli spacciatori sono i cinesi che globalizzando hanno ammazzato le trattorie italiane, ma nessun etnogiudizio in questo, ci mancherebbe. Sarebbe fuori luogo nei territori templi della produzione. I napoletani demoliscono piano piano i propri piatti e noi non siamo ancora nemmeno a meta' dei nostri striminziti e collinari, al confronto. 
E non abbiamo ancora finito quando Mastro Lindo raddoppia lasciandoci esterrefatti.
Al termine del pranzo mi premio con due pallini di profiterol. E siamo belli che pronti per andare ad assaporare il pezzo forte della nostra giornata di oggi di uomo e  donna viril amici. L'incontro verso le cinque del pomeriggio, presso il centro di psicologia psicosomatica Riza, in via Anelli, a Milano,  con uno dei guru di questa branca della psicologia che ritiene il cervello non ben diretto la fonte e il condizionamento di tutte le malattie:il dottor Raffaele Morelli.
Ma prima Giuly decide di fare un salto a Baggio per cambiarsi e preparare un caffe' prodromico ad un possibile ammazzacaffe'. E magari vedere un film. Visto che di tempo ce n'e'.

Una volta a casa Giuly cerca un film su Infinity e infine becca Almost Blu . Mentre fa il caffe' incominciamo a vederlo, io gia' disteso sul divano in pelle davanti alla solita tv quadro contemporaneo in movimento. Mentre il coffee gorgoglia sul piano cottura scorrono le immagini di delitti spietati di studenti e studentesse bolognesi e la figura dalla sensualita' dark di Lorenza Indovina, mora arabeggiante dalla carnagione in carne, se cosi si puo' dire e  bianchissima che interpreta l'intrepida figura di Grazia Negro, ispettpre di polizia che indaga sul killer degli students. Giuly si stende sul divano anche lei e fuma l'ennesima multifilter blu com il film Almost blu, che viene da un pezzo blues e che alla fine viene dal cieco protagonista, un Santamaria attore che attribuisce alle voce e ai loro timbri dei colori:verde per l'assassino e quasi blu per Grazie Negro.
Il film e' finito, le scene raccapriccianti ci hanno ammutolito, ma Grazia Negro ha quadrato il cerchio ed ha finito per beccare il killer in flagrante poco prima che cercasse di farle la festa. Un lieto fine un po' amarognolo che ci lascia un po' cosi.



Una ventina di minuti dopo siamo in via Anelli, a Milano, zona viale Bligny che a me mi ricorda tanto la sede dei valdesi dove si presta assistenza medica gratuita a chi non se lo puo' permettere e che una volta erano tutti stranieri e fra un po' tocchera' a noi. Ci sediamo sui gradini sotto il bel portone signorile del palazzo signorile e Giuly fuma, a suo agio, a cinquant'anni seduta sui gradini come ne avesse quattordici, vale a dire con la stessa grazia. Mano mano che ce la chiacchieriamo entrano un po' di signore di mezz'eta', i volti segnati da evidenti disagi psicologici, poco sorridenti, poco inclini a schiudersi in sorrisi e un po' in imbarazzo, come quando avevamo 13 anni e dovevamo entrare in un edicola al paesello e chiedere le Ore o Cronaca Italiana, dove potevi qualche ora dopo ammirare in santa pace un Siffredi frizzato in foto e un Malone facciadiporco senzaeta'. 
E' ora entriamo da quel portone e scendiamo in un seminterrato. E devo dire che avverto immediatamente una sensazione di benessere. Sara' per l'ambiente ovattato, per il parquet a terra, per i desk di legno old style , per il sorriso enfatico della segretaria, una bionda in gran forma che pero' veste una comoda tuta ammazza malizia, per la presenza di tutte quelle persone, la maggior parte delle quali donne, le uniche disposte a riconoscere e ad ammettere a se stesse che cercano risposte ai propri disagi-mentre noi uomini dobbiamo sempre fare i maschi alfa della situation e poi ci ritroviamo piangenti tra le cosce delle nostre puttane a pagamento-fatto sta che un senso di star bene diffuso, sia fisicamente che psicologicamente mi avvolge in una comoda termocoperta e mi sottrae dall'inverno siberiano dell'esterno, nonostante il caldo fuori stagione di quest'ottobrata che pare la fine di agosto. Mentre saldiamo il nostro obolo, che una volta tanto si puo' fare e ci viene rilasciata regolare ricevuta, che di questi tempi, occorre dirlo, e' tutto grasso che cola, un minuto dopo ci siamo sfilati le scarpe e siamo entrati in una palestra in parquet-luci soffuse- dove troviamo ad accoglierci un buon numero di tappetini di gomma di quelli che servono per le asana yogiche .
Io e Giuly ci sediamo a fianco , con le schiene appoggiate al muro, distesi o anche , nel corso della seduta, in posizione del loto, a seconda della tregua che ci veniva data o meno dalle nostre rispettive artriti anzianofile. Mano mano il luogo si popola di gente di tutte le eta', sempre donne , in maggioranza, ma anche uomini di mezz'eta' e ragazze giovani, un campionario del tutto rappresentativo in toto della nostra societa' malata o che crede di esserlo. Sediamo in silenzio e ci osserviamo. Si sente il lavorio dei pensieri ma la speranza di liberarsi dei propri pesi prevale sull'imbarazzo di un incontro collettivo in cui verra' fuori cosa ci rode senza mezzi termini. In un modo o nell'altro. Che lo diciamo ai presenti o a noi stessi. 
Finalmente, in lieve ritardo, eccolo fare il suo ingresso il guru televisivo milanese. Senza scarpe, in pantaloni tipo jeans avana, e una giacca  che indossa su un maglione blu a girocollo, un metro e settanta, non di piu', in forma, niente pancia, capelli chiari e colorito olivastro in viso, scruta tutti i presenti ,una trentina, con un fare molto familiare e dando del tu ora a questo ora a quella, gente che riconosce perche' probabilmente ha gia' conosciuto in altre occasioni , in altri incontri. Si capisce subito che non e' qui per una conferenza, per pontificare, cattedratico come molti del suo campo, ma maieuticamente, aspetta che i problemi emergano da soli, siamo tutti pentole a pressione e prima o poi cuociamo ed esplodiamo in nuvole di vapore. In altre parole, come direbbe lui con il suo frasario colloquiale, semplice, di chi conosce la complessita' dei problemi e li rende comprensibili con la semplicita' della parola parlata, della chiacchierata al bar, lascia che la merda venga a galla. Non e' facile per me non farsi condizionare dal fatto che sia un personaggio televisivo, dato che penso di questi buffoni tutto il male possibile. Ma devo dire che mi ispira una immediata e sincera simpatia. Ed eccola, che puntuale, la merda sale a galla. Una ragazza filiforme, seduta a fianco alla madre, che per l'occasione e la sua complessione, eccezionalmente , siede su una poltrona, all'improvviso, dopo le prime schermaglie, sbotta e confessa il suo terribile problema: e' anoressica e non riesce a capire perche'. Questo da' la stura a Morelli per lanciare il suo primo esercizio collettivo. Ci invita a chiudere gli occhi, ad immaginare una lavagna e a scriverci su la sensazione di disagio che proviamo. Non i problemi che la provocano, ma cio' che ci  fa star male in se'. Poi fa un giro di ronda intorno ai trenta "folli", come si sarebbe potuto dire tarantinianamente e chiede a ciascuno di noi se ci siamo riusciti. E' un grande osservatore, si accorge immediatamente di chi e' piu' a disagio. E sollecita proprio queste persone. C'e' chi dice che prova ansia, c'e' chi prova inadeguatezza, chi panico, chi paura...ecco , grosso modo sono queste le cose che emergono. A questo punto l'esercizio continua. Chiede di spegnere le luci e di restare nella penombra o nel semibuio, fate vobis. Ci invita a chiudere gli occhi e ad immaginare ancora una lavagna. Ci dobbiamo scrivere su il disagio che proviamo. Poi ci invita a cancellare quello che abbiamo scritto e a scendere giu', nel buio di una caverna, una caverna speciale dove siamo circondati delle cose di cui piu' abbiamo bisogno, che ci  piacciono, che ci fanno stare bene.
Ci invita ad avvolgerci sotto una coperta di buio. Il buio ci fa bene, ci fa scomparire per un po', come i gatti o gli animali quando sono feriti ...e non mangiano nemmeno... sotto questo profilo l'anoressia puo' essere una risposta sovraesposta della nostra anima al nostro stare male, al nostro disagio. Morelli si stende sul tappetino e si sdraia di lato, rannicchiato, in posizione fetale. Ci chiede se con la mente lo stiamo facendo, lo stiamo immaginando. Dopo una ventina di minuti chiede alla sua assistente, una psicologa bionda bella come una fotomodella, di riaccendere le luci. Io mi sento bene. E' come se percepissi il sia pur breve benessere collettivo, come se tutti me lo avessero trasmesso. E ancora chiede a destra e a manca. Un uomo con gli occhiali di poco piu' di quarant'anni, che aveva espresso in precedenza il concetto di inadeguatezza, viene invitato a visualizzare in forma di bella donna, questa sensazione, a lasciarla entrare nella sua vita, senza respingerla, perche' lo sforzo di respingerla, come un antibiotico, avrebbe solo l'effetto di renderla piu' forte. L'uomo si sforza di farlo e sembra sentirsi meglio, subito dopo. Viene invitato a farlo sempre, quando si manifesta. Se si sente inadeguato nel suo lavoro, se si sente inadeguato con suo figlio, deve lasciare che lo sia. L'inadeguatezza e' una bella donna che deve farsi amica. E cosi pure l'ansia, per una bella donna seduta alla mia sinistra. Viene invitata a lasciar salire l'ansia, chiudendo gli occhi e a lasciarla fluire nel corpo, nella mente, senza respingerla. E' parte di lei, deve restare parte di lei e la avra' per compagna tutta la vita, finche' non imparera' a capirla e a gestirla. Non avere problemi e' uno dei piu 'grossi problemi, dice Morelli, perche' i problemi ti costringono ad interagire con te stesso, ti mettono davanti ad uno specchio e sei solo tu l'arbitro e l'artefice del tuo destino. I terapeuti possono solo lasciarti intravvedere la strada, ma sei tu a imboccarla. I bravi terapeuti, aggiunge, quelli che sono in grado in entusiasmarti. Cha hanno qualcosa da raccontarti e da dirti. Le indovine nell'antichita' erano anoressiche, il digiuno serve molto spesso a rigenerare. Tutti i piu' grandi pensatori e filosofi hanno digiunato e in tutte le culture esiste il digiuno...per cui, rivolto alla ragazza di prima dice, non e' una cosa di cui vergognarsi, sotto un certo profilo e' un avventura esaltante [ dice riferito agli amici che la deridevano]. Solo tu potrai decidere il limite e la soglia oltre la quale non dovrai scendere di peso. E gli anoressici la conoscono bene. E stanno attenti a non oltrepassarla. E alla fine, e qui la summa del pensiero morelliano raggiunge l'apice. Ma oltre che morelliano, junghiano  e di altri pensatori e filosofi alle cui stesse conclusioni Morelli e' giunto. E cioe' che se lei, la ragazza, vorra morire, nessuno potra' impedirglielo. Nemmeno la madre che piange disperata seduta a fianco a lei e che la sta spingendo a morire con quell'atteggiamento protettivo  e ossessivo di accompagnarla persino alla seduta di oggi. E via via infarcendo i dialoghi semisocratici di massime zen, tipo deridere l'ossessione per la metereologia e per la pioggia che impone a milioni di persone di capire se povera' o meno...ma chi se ne frega se piovera' o meno, se io voglio andare in un posto che mi piace ci andro' e mi piacera' anche con la pioggia. Basta guardare un gatto che rientra immediatamente dall'aperto in casa, per sapere se piovera'.
Prende la giacca e con uno sguardo di rimprovero esce dalla palestra. Le due ore sono finite e sara' per un'altra volta, se qualcuno di noi vorra' farsi pettinare o arruffare l'anima.

lunedì 5 ottobre 2015

L'ennesima sigaretta

Un pomeriggio di ottobre, a Baggio, a casa di Giuly, una mia amica. In una bella casa di ringhiera che mi ricorda le foto di Berengo Gardin in bianco e nero di una Milano anni '60 che non tornera' mai piu', con gente che suonava la chitarra e le trecce d'aglio e cipolle penzolanti dietro le balconate che uno non s'aspetterebbe. Un bel bilocale, Giuly mi accoglie in deshabillez, vale a dire comoda da casalinga, vestita in tuta/pigiama infradito havaianas brasiliane , con quel suo corpo magro e scolpito su cui spiccano i seni rifatti di recente per un ghiribizzo che , direbbero in linguaggio periferico molto ovest Milano, ci sta dentro. Basta che non ci aggiungete un "piuttosto che" o un "tanta roba", che per oggi lo posso metabolizzare. Capelli neri corvini a caschetto, origini appuloromane e calata milanese doc g , ha quel fare nevrotico , che dico, nevrile accogliente ed efficiente che ha imparato da piccola, inculcatole da quel vangelo del lavoro e del fare sempre comunque che da questa parti e' una vera e propria religione. Mi lascia visitare il suo rifugio partigiano, bel luogo, con cucina a penisola e tv accesa su Magalli e Adriana Volpe, ma quanto bona e' 'sta ragazza che imperversa da anni in tv e quando iniziera' a fare l'artista di strada scapigliata e a sparare a zero contro il potere e i potenti? Ve lo dico io:mai. La mamma dei conformisti e' piu' che mai in cinta, in questa societa' in cui Dio e' morto, la speranza e' morta e i filosofi non se la sentono di dare soluzioni perche' noi poveri pazienti in trepidante attesa potremmo cessare di finanziarli. Mentre scorrono le immagini di Magalli che intervista una hostess picchiata dal suo convivente nullafacente, parliamo di libri e di ansia, due cose che dovrebbero sposarsi bene. Eppure ci sono libri che mettono ansia e libri che te la tolgono e allora vedi che i libri dipende da come si usa che invece magari usati cosi sembrano supposte? Con la sua carnagione nera, da caraibica ovestmilanese di ascendenze saracine, si da da fare spadellando delle penne al pomodoro e pesto, piazzandomi un Chianti sul tavolo mentre Magalli straparla e io penso inevitabilmente, dove trova la forza quest'uomo per dire alla sua compagna che non vuol comprare il viagra perche' se no l'amore si riduce ad una pratica idraulica? Mettiamo un film su Sky, Benvenuti al Nord, dove si parla di impiegati postali che dal sud partenopeo si spingono a Milano in cerca di dignita' e lavoro, mentre commentiamo che la vittoria del Napoli sulla Juve ci ha entusiasmato ieri e che Sarri sembra un vecchio saggio zio di una tranquilla famigliola del sud che si fuma il mozzicone di sigaretta con le mani giunte dietro di fronte ad una panchina della villa comunale mentre dice a dei vecchietti:il fuorigioco e' un'invenzione capitalista per far vincere sempre le squadre di potere. E mentre sullo schermo si snocciolano per citazioni cinematografiche tutti i corredi possibili di luoghi comuni di suditaliani che emigrano al nord con gilet muniti di faretti antinebbia e valigie colme di peperoni  e melanzane sott'olio che parla con stanlio, mangiamo le benedette penne che non sono affatto male, anzi, sanno di amicizia, di relax , di sole che illumina la balconata dove c'e' un tavolino di legno che immagino imbandito per le colazioni mattutine all'aperto tutto l'anno, di libri di psicologia e filosofia, di filosofia come religione senza Dio del buon vivere. 
Poi sul sofa' Giuly fuma una sigaretta, si chiede perche' non e' completamente felice. Nemmeno la felicita' lo e', completamente felice, se nona avrebbe esaurito il suo dannato compito di porsi come obbiettivo irraggiungibile, dico. E mentre nel film gli impiegati postali milanesi se la menano perche' non riescono a trovare un giorno in cui tutti sono liberi per la cena col collega napoletano, ci prepariamo ad uscire. Attraversiamo la citta' e andiamo verso il centro, dove Giuly ha un appuntamento con la sua psicologa preferita di una societa' psicosomatica naturopatica che usa rimedi naturali e zero psicofarmaci. Parcheggiamo da qualche parte sui navigli e facciamo un pezzo a piedi. Ho la  schiena a pezzi, le anche doloranti e sto pensando che dovrei arrendermi all'evidenza del fatto che il sistema costante e continuo di tensioni emozionali ha inciso sui miei dischi vertebrali, sui muscoli e sui tendini peggio che se avessi fatto il contadino in una comune cinese. Lo dico a Giuly che approva eclatantemente. Forse sto semplicemente invecchiando e non mi voglio arrendere all'idea. Ma che posso farci se sono un irredentista totale del mio territorio corporeo?
Entriamo in un palazzo signorile, che poi che significa questo termine che si usa leggere nei racconti quando non si sa bene a che stile architettonico appartenga?La segretaria e' una bella bionda dall'aria scienthologista, quell'espressione estatica dell'adepta che sorride a comando che non e' poi tanto diversa dalle segretarie "attimo", cioe' cioe'", che trovi in qualsiasi executives milanese medio. Mi fa accomodare su un divano e Giuly entra dalla sua strizzatisane. Io apro un libro di filosofia sui miti greci che mi ero portato da casa di Giuly. Perche' io senza leggere non so stare come qualcuno non sa stare senza amore. L'ambiente e' elegante e spartano, con parquet, riviste naturopatiche sul tavolino perfettamente allineate, luci soffuse e zero massaggiatrici cinesi. Mentre leggo apprendo che Ulisse rifiuto' l'immortalita' che gli offriva Calipso , nonostante la variante salva radicali liberi del restare per sempre giovane, rispetto ad Aurora che invece lascio' invecchiare Titone accartocciato come un insetto fino a trasformarlo poi in cicala[ma che lucciola, pero', si potrebbe dire, Aurora}, perche' gli sarebbe piaciuto invecchiare a fianco a sua moglie. Un pensiero romantico che rischia di essere insurrezionale in questa societa' del viagra e delle zinnoplastiche. E al tempo stesso ascolto le telefonate che riceve la segretaria. Gente insistente, gente che si sente malata, gente che vuole appuntamenti urgenti con il guru del centro, un personaggio televisivo che deve la sua notorieta' come alternativo agli psioterapeuti tradizionali proprio ad una delle fonti principali del disagio generazionale. La Tv , appunto. E mentre continuo a leggere , mi addentro nella vicenda di Ulisse che dono' un meraviglioso cavallo ai troiani dentro il quale c'erano i suoi Argivi che come batteri incendiarono lo stomaco della citta' di Troia una volta che l'ebbe inglobato. La segretaria risponde al telefono sempre cortese alle insistenti clienti che si rivolgono al centro per combattere le proprie ansie e perche' il centro propone uno stile , un approccio, rilassato, tranquillo, olistico. E tutte le volte che chiude la comunicazione sbatte il telefono e le insulta. Ecco uno dei risultati della filosofia della tranquillita'. Per trasmetterla agli altri devi rinunciare alla tua. E nessun denaro ne vale la pena. C'e un 'unico motivo per cui potrebbe valerne la pena. Ed e' farlo senza ricompensa, senza mercede, senza mercedes. Al termine della seduta Giuly e' serena, rilassata. Mentre la segretaria e' ancora al telefono e la psicoterapeuta diretta al marciapiede esterno per l'ennesima sigaretta.