martedì 6 dicembre 2016

Ecco come veniamo da lontano

Caro compagno Canepa, come vedi ho dato della tua lettera la parte essenziale, sia perchè pubblicarla per intero avrebbe richiesto troppo spazio, sia perchè all'inizio e alla conclusione tu hai voluto aggiungere espressioni rivolte e me personalmente. Ne sono gratissimo  a tua moglie e a te , ma preferisco non riportarle. Debbo invece spiegare ai lettori  la ragione per la quale accenni due volte al tuo proposito di "vendicare" tuo fratello. Egli era un partigiano (buon sangue non mente), miracolosamente sfuggito al famoso assedio con cui le SS avevano occupato nel 1944 la Benedicta , una località sui monti di Voltri(se non erro). Passato subito dopo ad operare nei Gap di Voltri, e arrestato dai tedeschi in occasione di un agguato tuo fratello fu incarcerato e infine, con due compagni, inviato a Dachau, da dove, povero ragazzo, non è più tornato. Di qua il tuo desiderio di "vendicarlo" e la tua decisione, a questo scopo, di iscriverti al Pci.
Eccoci giunti al punto della tua lettera che mi preme porre in rilievo. Siamo nel 1945 o nel 1946 e forse De Gasperi pensa ( e certamente già ne sono convinti in America) che i comunisti non sono democratici e che, un giorno o l'altro, come poi avverrà, bisognerà sbarcarli dal governo. Essi sono dei sovversivi assettati di sangue e dei barbari, che la democratica e cristiana civiltà occidentale, deve allontanare da sè. Ebbene proprio in quei giorni , un compagno, che ha il compito di insegnare a diventare un buon comunista, ti spiega che tu non devi nutrire sentimenti di vendetta nei confronti di nessuno, neppure nei confronti di chi , attraverso chi sa quali sevizie e patimenti, ti ha massacrato il fratello. I suoi assassini , quelli sì, fanno parte della civiltà occidentale, li ha benedetti il Papa, e ancora oggi, per bocca di quanti li esaltano ogni giorno, sono degni di essere onorati e riveriti. Ebbene tu sei un testimone vivo e vegeto : da chi ti sei sentito insegnare la prima volta in vita tua che bisogna rifiutare il sangue e la violenza e che bisogna cercare la pace nella giustizia e nella democrazia ? Chi ti ha avviato per primo verso la solidarietà, la fraternità e l'amore? Quando i comunisti dicono che vengono da lontano, non fanno una questione di date, fanno soprattutto una questione di sentimenti ne di ideali. Essi sanno che non sono stati i primi a nascere, ma sentono che sono stati sicuramente i primi a unirsi indissolubilmente a chi fatica e a chi soffre. Certo hanno camminato col mondo che cambia , ma le loro mani pulite sono quelle di allora e la loro fedeltà a chi lavora e a chi vuole un mondo pacifico e giusto non l'hanno mai rinnegata .
Lorsignori che oggi ci conoscono forse ancor meglio di quanto ci conosciamo noi  , amano dire spesso che siamo cambiati in meglio. Ma tu non ti fidare , compagno Canepa, Lorsignori, infatti, subito dopo aggiungono  che non siamo cambiati,che siamo sempre gli stessi. Questa contraddizione si spiega. Da un  lato essi hanno bisogno di affermare che la "loro" democrazia  ci ha almeno in parte convertiti, col suo potere di persuasione, e così siamo cambiati,abbiamo fatto passi "avanti". D'altra parte gli occorrono dei comunisti  dei quali non si smetta mai di diffidare , che facciano sempre paura, per seguitare a vincerci:dunque, in fondo, siamo sempre gli stessi. 
Quello che è che è vero, e tu me lo provi. Siamo sempre gli stessi, proprio così, e lorsignori, quando ci pensano crepano di rabbia. Con mio infinito piacere.(Ma questo, per l'amor del cielo, non lo dire, caro compagno Canepa, al tuo antico istruttore).

Fortebraccio, alias di Mario Melloni corsivista storico dell'Unità (anni '70,'80)...quando ancora era un giornale comunista, che dico, di sinistra.


Parliamo del Pci quando era il partito di Enrico Berlinguer. Ricordo ancora quando , a poco meno di 19 anni, con la sezione del Pci di Ostuni, andai ad assistere ai funerali di Berlinguer. Una folla sterminata aveva invaso Roma e i miei ricordi sono un po' frammischiati. Essendo un ragazzo molto curioso e intraprendente, là dove l'intraprendenza era strettamente legata alla curiosità, men che mai nelle vicende esistenziali e di incasellamento sociale della vita, mi muovevo in tutta quella folla di gente di popolo . Alcuni di essi erano militanti  e simpatizzanti del Pci, ma molti altri , paradossalmente i più commossi, erano gente comune. Gente per la quale fino al giorno prima i comunisti erano pericolosi agenti del Kgb infiltrati in Italia , pronti a sequestrare prime case e a rapir figliolanze . Queste scene mi restarono a lungo nella mia mente di giovane idealista... e ne ho ancora oggi ricordi indelebili. Ricordo che , nei pressi di Botteghe Oscure, la storica sede del Pci, dov'era la salma di Berlinguier e si faceva la fila per un ultimo saluto o un pugno alzato, ad una certa ora del pomeriggio, vidi un'autobianchi a 112 parcheggiarsi con calma. Dalla vettura, con una certa triste e caracollante tranquillità, vidi uscire niente meno che Giorgio Almirante, viso cereo, la giacca poggiata appesa sul braccio destro. Migliaia di persone che costituivano il budello di carne umana che si apriva davanti a Botteghe Oscure, nel silenzio più imbarazzante, un silenzio gravido persino di rispetto-rivedo la scena al rallenti, quasi, mentre la descrivo-osservarono Giorgio Almirante, il fascistissimo, l'uomo della Repubblica Sociale, colui che aveva combattuto i partigiani fino alla fine, l'uomo la cui firma compariva sui bandi di fucilazione dei partigiani dell'ultima guerra, camminare a passo lento  e avviarsi verso l'ingresso della sede del Pci. Ricordo che mi avvicinai per seguire meglio la scena. Il silenzio continuo' a lungo. Anche mentre Giorgio Almirante veniva accolto da Giancarlo Paietta, uno dei dirigenti considerato storicamente più ortodosso, duro, intransigente e , vieppiù, antifascista. Giancarlo Paietta gli stringe la mano. I due scambiano qualche convenevolo. Almirante sosta qualche minuto in rispettoso silenzio davanti alla salma di Enrico Berlinguer, storico avversario in innumerevoli tribune politiche. Fu un ossequio alla correttezza dell'uomo Berlinguer, più che al comunista Berlinguer, un uomo, pensai allora di percepire in quel gesto, che comunque la pensasse tutto si sarebbe potuto dire fuorchè che non fosse stato onesto, retto, corretto, coerente. Tutte doti che doveva avere un politico di razza. Poi , sempre in un silenzio gravido percheno di ammirazione, Giorgio Almirante ripasso' in mezzo alla folla di"comunisti" e nessuno di loro ebbe un moto di stizza, nessuno di loro gli urlo' contro insultandolo, nessuno di loro, nemmeno all'orecchio del compagno ebbe una parola malevola, nei confronti del segretario dell'Msi. Tante cose vidi quel giorno e come potete constatare, nonostante avessi 19 anni, mi sono rimaste scolpite in mente , incancellabili. Sono stato un ragazzo fortunato, ho potuto osservare all'opera i protagonisti della vita politica di quegli anni ed ho ascoltato molti comizi , specialmente di Enrico Berlinguer. Un uomo buono e soprattutto un politico la cui levatura culturale e umana, eredità di personaggi dallo spessore immenso come Gramsci , lo porto' a formulare una via originale al comunismo, potremmo dire italiana, che storicamente e giornalisticamente fu nota sotto la definizione di "Eurocomunismo", ma che fu qualcosa d'altro, di più grande. Fu come applicare il Buddhismo alla politica, la legge del karma che insegna a reprimere la violenza della vendetta in attesa che il naturale svolgimento degli eventi rivolga contro chi ha osato violare il patto con gli dei dei di ogni religione e con i numi tutelari di ogni spiritualità, quella stessa violenza o ancora e meglio, la neutralizzazione vitalizia della stessa. Fu come se Berlinguer ispirato da quel gigante del pensiero della sua stessa terra, Antonio Gramsci, un Buddha laico, un illuminato, avesse dentro di se' percepito, che sentimenti di vendetta o la rabbia, le cosiddette passioni oscuranti , come le definisce il Buddhismo zen, servono solo a privare di energie chi le prova. Energie che potrebbero essere dirette altro, in modo più proficuo e positivo per se stessi e per gli altri. 


Sono di questi giorni gli echi delle polemiche seguite al recente referendum a favore della riforma di alcuni articoli della Costituzione, bocciato, per altro , dalla maggioranza degli elettori. Com'è noto ai più il partito di Renzi, denominato Pd, aveva spinto ossessivamente per vincere la competizione referendaria, presentando agli elettori il quesito referendario(parecchio criticato da fior di costituzionalisti) come il primo momento di un'ampia sequela di riforme che , a giudizio dello stesso Renzi, avrebbe dovuto cambiare il paese. Pur senza entrare nel merito di questi quesiti e della loro bocciatura netta nel risultato finale, cio' che mi ha colpito è l'arroganza e la spocchia smargiassa dei dirigenti di questo partito (che dovrebbe essere l'erede del Pci di Berlinguer) nel non accettare il responso delle urne. Fino a definire gli elettori che hanno bocciato i quesiti referendari, "un accozzzaglia pseudoestremista". Che mi verrebbe da sorridere se penso che fra i promotori del No al referendum c'erano persone di provato equilibrio istituzionale e culturale, uomini come Stefano Rodotà ( in lizza persino per diventare presidente della Repubblica) e Gustavo Zagrebelsky, eminente giurista ed ex giudice costituzionale. Ma invece provo tristezza nell'assistere a queste  squallide esibizioni verbali , che magari perchè espresse in forma appena dotta, dovrebbero risultare meno offensive.

In definitiva questo capitolo l'ho scritto per dire che io mi sento ancora un uomo di sinistra e che il mio essere di sinistra viene da questa eredità. E non mi importa se molti cercheranno di rinchiudere in un dimenticatoio la storia di questa eredità culturale o se cercheranno di infangarla -masnada di teleurlatori da talk show televisivo-argomentando, mi si perdoni la nuances verbale inopportuna, con le solite storielle dei pogrom staliniani e delle purghe di comunismi che di comunismo avevano appena le falci e martello sulle spillette agli occhielli di cappotti neri da gerarchi comunque. Io vengo da quell'eredità, che è una cosa buona e cerchero' di serbarla sempre nel mio cuore, anche e soprattutto tutte le volte che la canea degli insultatori mi e ci assalirà. Perchè Fortebraccio e Berlinguer vengono da più lontano di questi pappagallini urlatori. Le cose che hanno detto loro vengono dalla notte dei tempi. Persino da prima di Buddha. E voi mi insegnate che se si resiste al tempo senza scomparire, allora si merita l'immortalità.

lunedì 14 novembre 2016

Devi solo aspettare che accada. E riderci sopra (Rocco Schiavone docet)

Fa freddo, in questo novembre strano. Si è subito nel breve volgere di qualche giorno passati dagli innaturali 20 gradi a 3 gradi . Sono riapparsi i cappotti, i cappelli di lanugini varie, magari stilosi, magari con il numero 23 in evidenza non a significare enigma numerologico da film dell'orrore, ma forse un più prosaico riferimento a Michael Jordan, cestista americano coloured ormai ritiratosi, le sciarpe, i guanti, occhiali da sole invernali e fumo di aliti affannosi per le strade milanesi sui marciapiedi della disperazione, perchè chiunque cammini in mezzo a questo freddo improvviso con l'alito da tricheco affannato è un  disperato alla ricerca di se stesso, degli altri, di un piacere svanito con l'estate, dell'estate stessa che si fa fatica a capire che è annegata nelle nebbie ottobrine. In macchina ascolto i Marillon, l'ultimo album, Fear, che delizia il mio palato da raffinato ascoltatore di musica e i padiglioni auricolari  abitualmente adusi al chiasso dei centri commerciali o del vocio serale nel reticolo dei navigli, quando a piedi, solo  e con la compagnia invisibile dei miei pensieri, mi insinuo nella spianata di corpi che sono lì in pose spleen , ragazze giovani e belle che vivono il momento meglio che possono inconsapevolmente buddhiste. Taglio la città immettendomi in qualcuno dei  viali che la cingono concentricamente a fianco di autoarticolati ,già pieni di ragazzi e ragazze  che escono ed entrano da scolaresche in pieno fermento, ofidici come enormi millepiedi metallici. Cerco un centro di gravità e l'unica dottrina, l'unica filosofia che mi dà qualche risposta è il buddhismo. Ma solo alcune e neanche tutte soddisfacenti. Perchè il ribelle genetico che è in me cerca risposte definitive(se possibile). Per esempio al fatto che dobbiamo invecchiare, che i nostri organi si ammaleranno, che,in definitiva, faremo meno sesso, aspetto focale questo,perchè vogliate o meno considerarlo, il sesso, è il barometro della qualità delle nostre vite e persino delle nostre anime. In attesa che le grandi religioni monoteiste ci spieghino perchè dovremmo vivere come monaci per guadagnarsi un paradiso i cui connotati non ci sono chiari e nel quale non si sa neanche se si potrà godere dei cibi più prelibati, di bei corpi con cui sollazzarsi sulle lettighe aeriformi delle nuvole...gli unici che ci spiegano che la sofferenza deriva dalla scomparsa dei piaceri mano mano che ci avviciniamo alla morte, sono i buddhisti. I quali  , anch'essi, incorreggibili, ci dicono che se non vogliamo reincarnarci in qualcosa di peggio della vita che abbiamo vissuto dobbiamo vivere bene questa( in assenza di brama, si capisce)per cercare di non riviverla più. Ma io sono un occidentale e sono carne viva, sono sangue e sperma e qualche volta merda e , piaccia o non piaccia ai corifei della buona accoglienza delle anime, è con questi fluidi che dobbiamo avere a che fare finchè siamo in vita corporea su questa terra. Per cui mi piace pensare che il principe dei filosofi orientali, Buddha, abbia tracciato una via, ma che il suo libero arbitrio consista nel lasciarci liberi di peccare per avere la curiosità di andare a vedere in cosa ci reincarneremo.  Non lo possiamo escludere. Ma perlomeno l'uomo del sermone di Benares è qualcuno che ha preso atto, lo ribadisco, che provare i piaceri della vita per poi esserne privati genera sofferenza e noi è contro questa sofferenza che dobbiamo combattere. E contro il male inferto agli altri che ritorna indietro colpendoti in modo dieci volte più potente. 

Sto parlando di farsi una canna. Nella mia vita ho provato un mucchio di droghe( adesso sembro quasi un fattone, direi sperimentato, via)  e la peggiore è la cocaina. Ovviamente io posso parlare per quella polvere di marmo mischiata ad anfetamina che chiamano cocaina. Non ho esperienza diretta della sostanza. Non essendo ricco e non essendo mai stato nei paesi produttori. Dobbiamo fare a fidarsi, diciamo pure. Beh, quella roba posso testimoniarlo è letale, distrugge la volontà di chi la assume e se dopo che hai sniffato vai a fare sesso, se hai la fortuna di avere un'erezione dignitosa, ritieni ogni precauzione superflua. Ti senti Dio, un supereroe della Marvel che non puo' morire e infili il tuo coso  nella tasca del Diavolo, nelle feritoie dell'Inferno. Dimenticandotene persino il giorno dopo, impegnato come sei a riconoscerti come essere umano e tentando di distinguerti dal verme ameboide che sei diventato nella fase down. Ma la marijuana no.E per marijuana intendo erba , non hashish che  è marijuana in zollette di resine di  comprovata natura biologica (cacca). L'erba è una medicina.Quando sei teso ti rilassa, quando sei ansioso ti calma, quando sei giù di corda ti dà la carica, ti mette di buon umore, se la prendi prima di fare sesso la cosa stupefacente diventa il sesso e non più la sostanza. Ma l'erba è umana, animata di vita propria, ha un suo cervello...la pianta che noi crediamo morta , sente se tu non ami la natura e non celebri la sua morte, il suo funerale, la sua cremazione, come un rito religioso. Ed è quello il momento in cui puo' prenderti male, aumentando la tua aggressività e invertendo la beneficità dei suoi effetti ritorcendoli contro di te. E'una pianta che sente molto il karma. Sono anni che non fumo, ma me ne è rimasta la voglia. Più che altro sul piano filosofico. Magari non fumero' mai più, per svariati motivi, non ultimo perchè non voglio diventare dipendente dagli speculatori, da chi la spaccia. Ma diavolo, reclamo il diritto di dire che di questa sostanza ne viene proibita la vendita legalizzata perchè è vero che ha un forte potenziale eversivo. E'nemica del potere perchè crea armonia nelle persone che la fumano insieme, crea complicità, allegria, smorza la voglia di lavorare, di fare (wu wei taoista indotto), di produrre beni e servizi, mette voglia di fare sesso, mette appetito e fa ammalare di meno. E nelle società capitaliste nessuno puo' mettersi contro l'industria farmaceutico-sanitaria. Devo poter vendere le loro pillole malsane di Cialis e Viagra a prezzi da far rovinare la gente economicamente, rendendola dipendente e creandole effetti collaterali che alimenteranno il sistema sanitario. Un circolo vizioso , in cui il vizio non ha neanche la virtù del piacere diffuso a chi lo frequenta, ma solo a chi lo gestisce. I pensieri rimbalzano sulle pareti della mia calotta cranica, trasformandosi e ricombinandosi, e io sono ancora in macchina, la musica in sottofondo, sono fatto di beatitudine. La solitudine voluta e cercata per stare in compagnia dei mie pensieri, mi centuplica, ricombinandole , miriadi di sintesi chimiche di teorie e points of  view. E io ritorno improvvisamente alla presenza mentale. A pensare a quello che sto facendo, alle cose una per volta, ad avere attenzione in quello che faccio. Tanto quello che penso continua a scorrere e si depositerà nei tessuti cerebrali rispuntando in seguito, magari filtrato e più vivido. Perchè nel frattempo ti sei concentrato a vedere la vita così com'è. Cerchi di non pensare, di acquietare i tuoi pensieri, ma non ci riesci. Rivedi in forma di reverie filmica le immagini di un film visto di recente, con Marco Giallini che interpreta mirabilmente la figura di un funzionario di polizia borderline , Rocco Schiavone, anarchico, che usa il proprio ruolo per diventare un piccolo Dio e sfogare il proprio odio nei confronti di chi sbaglia. Decidendo quali errori meritano la punizione e quali far passare in cavalleria. E anche lui, inizia la giornata rollandosi una canna in ufficio. Poi caracolla per le strade della provincia italiana, rimuginando saggi filosofici e creando teorie balzane, per offrire sul piatto d'argento di conferenze stampa a dirigenti insulsi, fior di criminali che hanno sulla coscienza innocenti. Ed ecco che si diventa un piccolo Dio. Si diventa per se stessi un piccolo centro di gravità permanente. Per cui le canne, le sigarette o l'assenza totale delle stesse, sono solo strumenti venefici o benefici, comunque la si pensi, per arrivare alle stesse verità che l'uomo cerca da sempre. Per colmare tutti i tipi di sete, fra le quali la più importante è la sete di giustizia. Tutti gli approdi possibili, fra i quali il più importante è il porto della verità. Per cui , ognuno cerchi il modo migliore per essere felice, o, se preferite, soffrire di meno, in attesa di quel cambiamento di stato chiamato morte. Dopo il quale, seguendo  il filo di un mio ragionamento , quando si sono elaborati pensieri elevati o raffinati, quando la mente ha raggiunto vette inaspettate, beh, allora merita di vivere per sempre. E accade. Ho il diritto di pensarlo, ho il diritto di vivere come un taoista fino a 250 anni, ho il diritto di morire prima, ho il diritto di provare desideri sessuali fino all'ultimo giorno, ho il diritto di rendermi la vita piacevole, senza che il piacere duri l'intero arco della giornata perchè esso si compie per differenza con la sofferenza, ho il diritto di trasvalutare tutti i valori pur non essendo Nietzsche, con meno sponsors, semplicemente donando i miei pensieri all'umanità, ho il diritto di amare l'umanità quanto di detestarla, anche se so che detestarla mi fa soffrire. Beh , che volete, magari sto facendo di tutto per reincarnarmi  nell'Angelo del Male. Così poi nella vita successiva faro' il bravo. Sto semplicemente cercando di dire che siamo uomini e sappiamo amare e odiare e che , tecniche filosofiche o meno, fra cent'anni saremo ancora qui, io su una macchina d'inverno, la musica in sottofondo, nebbia intorno, macchine, nebbia, ponti , autostrade, tangenziali, tangenti, coglioni che declamano in radio il sapere in pillole Zigulì, attenzione a cio' che stai facendo...tanto poi qualche imbecille ubriaco di wiskej legalizzato dallo stato che ti venga addosso lo trovi sempre. Devi solo aspettare che accada. E riderci sopra.

venerdì 7 ottobre 2016

Buddhista occidentale

Da ragazzo frequentando il catechismo non avevo la contezza di cosa volesse dire possedere una spiritualità. Mi ricordo una volta che la catechista fece cenno ad un concetto dal titolo :il pane è vivo. Subito nella mia mente ed in quella di molti altri miei compagni di catechesi si materializzo' il cartoon di michette e panini e filoncini che se ne andavano a spasso per fare una gita. E una risata continua e irrefrenabile ci prendeva con buona pace della povera signora che faceva catechesi(ma chi gliel'aveva ordinato poi di dedicarsi alla catechesi, ci sono molti modi di guadagnarsi il paradiso, persino in terra), la quale non sapendo come governarci ci cacciava via. Io e alcuni altri discoli del catechismo passavamo più tempo fuori che dentro le sale del catechismo. Per noi Dio era una cosa seria, molto più seria di panini , taralli e friselle che se ne andavano a spasso ballando il tango. Non lo conoscevamo ma ne avvertivamo la potenza, lo temevamo, subliminalmente immaginavamo che noi saremmo stati puniti. Ma che anche la catechista sarebbe finita all'inferno, colpevole di non averci interessato. Dio l'ho imparato dopo, anni e anni dopo, quel tanto che bastava per rendermi conto che i processi della tua vita sono mossi dalla tua volontà e che Dio se esiste è lontano sideralmente dall'idee che adulti , sacerdoti e operatori religiosi in generale volevano darci di Lui. Uno dei miei compagni di catechesi era omosessuale e lì dentro non facevano altro che parlare di Sodoma e Gomorra e di come se ci fossimo fermati ad osservare la distruzione di quelle che per alcuni sono naturali pulsioni, saremmo stati trasformati in statue di sale. Ma poichè cio' non avveniva venivamo incentivati maggiormente all'idea che la faccenda fosse una bestiale fregatura. Io guardavo le cose da un punto di vista pratico, nonostante le mie letture di storia riguardanti le crociate e le sante inquisizioni. E vedevo che quelli che si battevano il petto a messa la domenica erano quelli maggiormente disposti a dare al prossimo delle sonore fregature. Cercavano di turlupinare e fregare il prossimo dal lunedì al sabato, per poi, di domenica, recitare il mea culpa. Una religione ben comoda, che aveva come contraltare in politica la Democrazia Cristiana. Ognuno ha avuto la propria Unione Sovietica e il suo PCUS. Io ho avuto la Democrazia Cristiana. I preti si facevano le amanti , qualcuno faceva dei figli e le alte gerarchie invocavano il perdono, dicevano che sbagliare era umano. Stavano soltanto precostituendosi alibi per se stessi. Gente in buona fede, nella chiesa, ne ho conosciuta, animati da fede autentica e per qualche tempo li ho invidiati. Io che ero e sono buono solo al pregare Padre Pio quando sono in pericolo. Salvo poi dimenticarmene una volta scampato quel pericolo. Del resto sono pugliese, per me non invocare Padre Pio sarebbe stato come nascere a Livorno e farsi tatuare una svastica sul braccio. 
Ma nella mia vita ho sempre avuto un brutto vizio. Un vizio imperdonabile, qualcosa che alla fine ti costringe a vivere ai margini della società e , vuoi o non vuoi, a divenire un essere solitario, per nella socievolezza caratteriale che mi sono sempre ritrovato ad avere. Un vizio che non ti perdona nessuno, principalmente, udite udite, certi insegnanti di Liceo o di Università , per i quali se qualcuno alle proprie dipendenze legge e vieppiù finisce per formulare delle proprie teorie, fuori dalle sedi ufficiali del potere della cultura accademica o francobollata, è un velleitario. Diventi un reietto, uno zimbello, un giullare, qualcuno da ridicolizzare. E naturalmente il greggiume costituito dai montoni paraocchiati , colonnelli e capitani dell'esercito dei"voglio contare" , e dalle bestie da soma abituate a tirare la carretta per mogli e figli e mariti cui interessano le copertine dell'ufficialità e nient'altro, si accodano diventando massa di manovra a difesa dei propri miserabili privilegi di caste inesistenti. Io credo fermamente invece che ciascun individuo dotato di intelligenza, perspicacia, curiosità e coraggio delle proprie idee, valga la pena di essere ascoltato ed è in grado di dire cose, formulare tesi , produrre teorie, infinitamente più innovative e interessanti di qualunque parruccone accademico e televisivo. Dire questo in una società basata sul potere della televisione e del prestigio di casta è in qualche modo rivoluzionario. Quando lo capiremo sarà troppo tardi. 
E leggi che ti rileggi, mentre la massa indistinta gioca ai cavalli senza essere Bukowski, scrive libri perchè è carino e simpatico in Tv, o semplicemente va allo stadio a vedere la partita, o la guarda su Sky o va al cinema a sgranocchiare pop corn perdendosi il meglio delle battute dei protagonisti a causa del sottofondo masticatorio, o fa la fila in pizzeria il sabato sera, o va a puttane nella migliore delle ipotesi(che qualcosa potrebbe in quest'ultimo caso imparare), la mente si nutre. Lo devi fare perchè significa respirare dopo che sei stato sott'acqua tutto il giorno e non hai potuto farlo, mentre intorno a te si parla di aria fritta al punto che se ti cade una patata dal piatto si frigge all'istante. Leggere per me è come bere un secchio d'acqua gelida appena attraversato un deserto. E' come andare a correre per un maratoneta. Attendere la dose quotidiana per un tossicomane. 
Così leggendo e leggendo ho incontrato il Buddhismo. Testi classici, Dhammapada, il Sutra del Loto, i discorsi del Buddha. Una filosofia, più che una religione. Una religione infinitamente più tollerante delle altre religioni, Ebraica, Cristiana, Cattolica, Mussulmana, Induista. Una religione fondata da un uomo che , unico al mondo, perlomeno per quello che ci è stato tramandato per iscritto, si pose il problema di combattere il dolore dell'esistenza. Vivere per poi ammalarsi, invecchiare, dopo aver visto i tuoi cari, i tuo amici, morire, cosa ci puo' essere di più terribile? Essere condannati ad un ciclo di rinascite finchè non si riesce a vivere in modo virtuoso e non ci si estingue nel Nirvana. Che significa mai più rinascere. E di conseguenza mai più dolore. Geniale, come pensiero filosofico. Buddha è indiscutibilmente il principe dei filosofi, per questo ne ho uno tatuato sul deltoide. Qualcuno dice che quando ti tatui qualcosa , quell'insieme di segni prende vita e vive con te. Ora io non sono nè vorrei essere un Buddha. Anche perchè la virtu' eccessiva mi annoia, e spegne la mia creatività. E resta il fatto che sono un occidentale. Dio o chi per lui, fonte di energia, mi ha creato in questo emisfero. E chi nasce in un emisfero, pur essendo blasfemo e reietto, sul piano culturale, ne fa parte appieno. Ma la filosofia inventata da quest'uomo pacifico, che camminava sull'erba dando l'impressione che godesse di quel semplice gesto, ad ogni passo, che si rese conto che sul piano delle leggi della fisica il male eccessivo arrecato da un uomo ad un altro uomo, per uno scambio osmotico, torna indietro centuplicato contro chi lo compie (la legge del Karma) e che capì che vivere il presente in ogni suo attimo lasciando in un'epochè primordiale intonsa e inesplorata, passato e futuro e , ancora, vivere il presente con attenzione, curando al massimo livello ogni dettaglio, aiuta indiscutibilmente a vivere meglio. Prima e meglio di qualsiasi psicanalisi, di qualsiasi psichiatra o imbonitore occidentale. Gli orientali vanno a chiarire i propri dilemmi dai monaci buddhisti. I quali sono molto più interessati a pacificare la vita di chi soffre che a sfoggiare le proprie abilità miracolistiche. Vivere in modo sostenibile come diceva San Francesco, non abusare delle forze della natura, trattare il pianeta come un organismo vivente. Naturalmente anche fra loro , fra  buddhisti, vi sono esegeti e interpreti del pensiero religioso, ma quanta tolleranza vi è in loro! E che pensiero infinitamente rivoluzionario nell'essere compassionevoli! Nell'osservare criminali, carogne e cattivi di turno con la consapevolezza che siano persone che soffrono proprio nel mentre generano sofferenza ad altri. Nessuno aveva osato tanto!

Ma come ho detto sono un occidentale. E devo compiere ancora molta strada prima di trasformare la mia rabbia per le ingiustizie che osservo ogni giorno, in amore, devo reincarnarmi in molte forme di vita ancora prima di calmare i  miei bollenti spiriti . Magari reincarnarmi  in una iena o in uno scarabeo stercoraro, prima di giungere ad una vita perfetta ed estinguermi nel nulla, nell'a-sofferenza. Mi accontenterei di tendere ad una vità che volge verso la virtu'. Ma senza fretta. Perchè una delle lezioni che ho appreso dalla vita è che devi attraversare l'inferno , conoscerlo e infine annoiarlo. Si spegne da solo. Come un caro amico d'infanzia che muore d'infarto perchè tu sei stato resistente a tutti i suoi pugni. 

lunedì 19 settembre 2016

Settembre nero

Il 28 di agosto, Corsico, dintorni di Milano, ma anche Milano Ovest, ma anche Milano Centro, spazi per parcheggiare fruibili, vuoti  o semivuoti, traffico raro, strade sgombre, semivuote, puoi andartene in giro, in macchina ma anche , perche' no , in bicicletta e riconoscere i monumenti, gli scorci della citta' che normalmente avvolti nella cappa del traffico, nella calca della folla assiepata alle fermate di tram e bus o sottoterra, in metropolitana, disturbo sonoro e spaziale, che ti obnubila, puoi passare un'intera giornata in piazza Duomo e non renderti conto della splendida costruzione che hai davanti, perche' intorno hai la torre di Babele sparpagliata in piano. 

Prima settimana di settembre, non si parcheggia neanche un ago, posti vicino ai marciapiedi zero, traffico asfissiante, nella calura dell'estate che ancora dardeggia di giorno e di pomeriggio, ma il Moloch della produzione deve riprendere, il Moloch della crescita che non c'e', e tutti sono preoccupati, telegiornali, giornalisti ,giornalai, giornalai che fanno i giornalisti, giornalisti che dovrebbero fare i giornalai, imprenditori sedicenti tali, adetti ai lavori, venditori venditopi d'auto, sono preoccupati che ci sia un calo della produzione. Come se produrre beni e servizi sia l'unico progresso accettabile , infischiandosene del progresso umano e spirituale e del fatto che, magari, un po' di beni prodotti in meno facciano respirare un boccheggiante pianeta che affoga nelle plastiche e respira anidride carbonica espirando diossina. Intanto in giro c'e' un 'atmosfera agorafobica, tutti ancora in vacanza, in attesa dell'apertura delle scuole che per i piu' significa babysitteraggio aggratis...I parchi bellissimi enormi pieni di campi di calcio, di basket, di beach volley, da tennis, di percorsi sterrati per mountain bike e joggers, sono vuoti, deserti, tutti nei centri commerciali, tutti a comprare cose che gia' hanno in casa e quando vanno a casa scoprono che le hanno e le frustrazioni aumentano, ma no, ci si giustifica subito, ci si autogiustifica, la permalosita' consumistica dell'accettare, dell'accettarsi, in fondo le cose uguali poi non sono, le altre erano vecchie, ce ne volevano di nuove, uguali ma nuove, sembra la visione dei partiti che governano che sembrano diversi ma sono uguali, uguali ma diversi come doveva essere il Pci di Berlinguer, ricordate? Il Pci di Berlinguer dei film di Moretti, e invece proprio i figli di quel Pci , stanchi del pauperismo, stanchi che si dicesse che essere comunisti doveva implicare l'andare con le pezze al culo, sono diventati i grandi maestri del produttivismo, hanno preso i piani quinquennali sovietici, li hanno migliorati, messo in mezzo un po' di libera concorrenza, libera a parole, cosi, per confondere le idee, condito con un po' di flessibilita',istituito le domeniche lavorative obbligatorie, tanto dirigenti di partito, d'azienda, liberi professionisti dell'imbroglio legalizzato, ma quando cazzo mai andranno a lavorare di domenica, ci hanno convinto che in tutto il mondo tutti lavorano di domenica[ma quando mai, vedi in Germania],  sono quelli che vanno nei centri  commerciali a guardare un po' di fica, fra una polpettina svedese, una patatina Pai,un Martini con olivetta ogm, e possono poi andare in Tv a vantarsi di aver allargato lo spettro delle ore disponibili per la vendita dando posti di lavoro...che e' bello a dirsi ma le imprese prendono la gente che hanno e gli fanno fare formazione dall'uomo molla dei Fantastici quattro e li spalmano sulla griglia oraria mettendoli a lavorare di Domenica, ma non era il giorno del signore, una volta? Rassegnatevi, ora e' diventato il  giorno dei signori, di quelli che a lavorare di domenica non ci vanno, che invece vanno allo stadio a vedere la partita, poi a cena fuori, tanto i ristoranti sono aperti fino a tardi, di domenica, ebeh, rassegnatevi, ci sono categorie di lavoro che sono costrette a lavorare di domenica quando gli altri non lavorano, su su siate ragionevoli, si lo siamo, ma quanto sono pagate per il disturbo di lavorare la domenica? Va beh, cambiamo argomento perche' rispondere farebbe solo venire acidita' di stomaco.


Settembre a Milano arriva con il suo corredo di confusione, sono tutti nevrotici, incazzati, le vacanze sono finite ma sono ancora in vacanza il tempo e bello, quindi occupo lo spazio vitale che per tutto agosto e' stato occupato dagli stranieri, che non hanno soldi per andare in vacanza e per loro agosto tutti i giorni e' una domenica lavorativa, neanche sui navigli c'e' posto, tutti fuori in bici, ma bici da corsa in fibra di carbonio ultimo grido, per conservare la forma dell'estate, o a fare jogging, per conservare l'abbronzatura dell'estate, o di camminata veloce, per conservare il ritmo relax dell'estate, anche se di relax non c'e' n'e' stato, ma si sa noi italiani abbiamo una forte immaginazione, pur di fare invidia al prossimo siamo capaci di dire che siamo stati in Patagonia , uffachenoia, che era un deserto unico, chilometri e chilometri senza incontrare un solo essere umano, solo natura intorno, alberi, prati, animali, uccelli uccelli, prati alberi, animali, non lo dicono che in pratica stavano da Dio, Deus sive natura spinoziano da scomodare, ma lo lasciano trasparire, per vedere le facce d'invidia paonazza che monta, e invece magari sono stati a Rimini e ogni giorno si dovevano alzare presto per prendere lettino e ombrellone e andare presto a mangiare in albergo perche' la forchetta oraria del pranzo allinclusive se no chiudeva e restava giusto quella da mangiarsi, la forchetta oraria, appunto...e via cosi...

In macchina devi stare attento, a Milano, perche' dalla tranquillita' di agosto si passa alla gente che esce dai parcheggi da tutti i pizzi, spericolati, senza remore, senza frecce, devi guidare con mille occhi, se vai in giro a piedi evitare di essere calpestato da millepiedi, in bici devi evitare le insidie della strada e del naviglio, fuori sulla pista ciclabile con quei terribili cagnetti da compagnia che i mariti portano in giro per socializzare con altre donne  e tradire le mogli, hai perso le sicurezze spaziali dell'estate e dell'agosto di qualche giorno prima, ma quando sono tornati, ti viene fatto di pensare, come hanno fatto a tornare tutti in un giorno senza fare incidenti anche se incolonnati come quando erano partiti quindici giorni prima? No, i veri extraterrestri sono loro, ed ora hanno invaso il pianeta, i nuovi rettiliani, strisciano sull'asfalto della citta', strisciano davanti ai loro capi, strisciano davanti ad assessori e politici per un posto all'asilo nido comunale, strisciano per sedersi ai bar di sera e consumare una grappa in due standosene delle ore a raccontarsi bugie, sulle carriere dei figli, su come stanno bene e sono felici, su quanto guadagnano e che ora sono in vacanza, una vacanza lunga lunga-si, infatti, dietro l'isolato in pizzeria, si sente la stessa autoambulanza che sta passando di li, quando chiamano sullo smartphone-, eccoci qui, ancora oggi, a sognare l'Australia, o per meglio dire la sua scarsa densita'....

mercoledì 1 giugno 2016

Macondo e generazione Santo Niente

Ogni tanto in visita ad Ostuni, durante le ferie o altro, durante il mio tempo liberato dal lavoro, nella citta' natale, sento l'esigenza di rivedere i vecchi amici . E quasi sempre assieme ad essi se ne unisce qualcuno di nuovo, quanto a generazione. Dal che mi rendo conto che il concetto di generazione va un po' depurato dall'ossessione temporale e allargato ad uno stato d'animo che percorre vari anni di nascita, varie sensibilita' culturali, e' l'unione di chi e' nato nel '65 o giu' di li, ma anche dieci anni dopo, perche' il salto non e' che sia stato cosi evidente e  il milieu che ci ha tenuti invischiati, uniti gli uni agli altri, e' stato piu' che altro uno stato dello spirito caratterizzato dal disagio di non essere appartenuti alle generazioni che si piccano di aver fatto la storia di questo paese e che nel bene e nel male hanno avuto tutto grazie a questo e che stanno li sempre a menarla con quest'appartenenza a '68[ come anno di cambiamenti rivoluzionari, non di nascita] e '77. Che questi ultimi sembra siano stati ancor piu' radicali nei propositi, quanto pompieri e riflussardi, negli anni in cui dovevano far quadrare i bilanci personali e famigliari, stando vieppiu' ben attenti, a far passare quei periodi di militanza rivoluzionaria come medaglie al valore civile e politico al bar con gli amici, periodo di ragazzate impenitenti, davanti al capufficio o a suoceri danarosi. Per cui dopo un giro di telefonate e qualche saluto al volo scambiato in giro fra viale Pola, storica strada commerciale al centro della Ostuni moderna e villa comunale e piazza della Liberta', e piu' che altro nei bar ivi siti, piu' gia' verso la zona storica, ma ancora non nell'epicentro d'essa, si stabilisce un incontro fra vecchi compagni di scuola, di militanza politica e   calcistica, che nei paesi e nella nostra infanzia, anche se subliminalmente e senza clamorose esposizioni socratiche[ che qui si intende Socrates, il calciatore brasilano che invento' la democrazia del pallone e contribui a far cadere il potere dei militari nel suo paese verdeoro], spesso avevano una coincidenza nella splendido principio filosofico noto a tutti in base al quale si diceva che noi eravamo come giocavamo al pallone. Si decide che una di quelle sere di maggio, mese in cui compio gli anni, ci si incontra per una fatidica birra a mo' di catalizzatore etilico , come alibi, quindi, per una chiacchierata rinverditrice di vecchi tempi, di vecchi fasti e perche' no, visto che autoironici lo siamo, noi della generazione del Santo Niente[che poi spieghero' perche' ci chiamero' cosi], di vecchie e insulse cazzonaggini.
La sera stessa , io, in compagnia di Gianfranco Gradone, storico segretario di Rifondazione Comunista, il partito piu' fantasmatico della scena politica italiana, piu' che un partito , ormai, uno stato d'animo e di pura militanza religiosa di laicismo movimentista , in macchina, ci aggiriamo per le strade della zona industriale sulla Ostuni-Carovigno, diretti al Macondo, una birreria-pub a noi particolarmente cara, non foss'altro per quel nome volutamente letterario. Gianfranco ha piu' che una decina d'anni in meno di me, siamo amici recenti, di militanza politica e culturale, che se Pasolini dei comunisti italiani diceva essere un popolo nel popolo, di noi si sarebbe potuto dire , appartenenti a quella sinistra estremamente diffusa nel paese, che non ha piu' riferimenti parlamentari, che chiameremo spirituale, non tanto per la sua natura legata agli spiriti di un eterno purgatorio, quanto per l'impossibilita' di negare a se stessa un'educazione quand'anche cristiana che portasse a ripugnare la piu' grave malattia di qualunque sistema di vita: l'ingiustizia sociale. Mentre ci aggiriamo in macchina fra queste strade di asfalto piagato dal sarcoma di Kaposi dell'incuria comunale urbana, cercando di coniugare il salvataggio della coppa dell'olio e la conquista di una coppa di rally, ad un certo punto svoltiamo sulla sinistra, che a dire il vero ci viene facile, e da lontano scorgiamo un tenue lucore, e' gia' sera inoltrata,  e qualche auto parcheggiata li nei pressi di quella luce. Deve essere l'ingresso del Macondo. Parcheggiamo li vicino, mentre la radio di Gianfranco gracchia vecchie canzoni blues su radio Capital e scendiamo dal mezzo. Gianfranco e' vestito con un giubbotto di pelle nera, sotto indossa una t-shirt verde con una inequivocabile stella rossa al centro, jeans e scarpe comode. E' magro, il colpo scolpito dalla sua pratica sportiva cicloamatoriale, che un giorno mi disse essere tratto esistenziale piu' che salutistico, dal momento che lo aveva aiutato  a non impazzire ed a calmierare le sue energie surplutiche. Anch'io indosso un giubbotto leggero di pelle nera e porto una t-shirt granata, jeans e scarpe da jogging...che quando sono in vacanza approfitto per praticare quotidianamente, non foss'altro per contrastare , piu' che i radicali liberi, i pranzi e le cene luculliane ricchi di alimenti mediterranei saporiti ma tutt'altro che light. Corro per riequilibrare la continenza nelle giornate di gola.
L'ingresso del Macondo e' costituito da una porta lignea ben massiccia da locale western di un film di Tarantino. Fuori c'e' silenzio , solo scarpe che masticano brecciolino bianco. Una volta aperto il portoncino, veniamo accolti dal tepore del luogo. Dentro le luci sono attenuate, la sala e' ampia, modello saloon, ma non ci sono ballerine di can can e spari in sottofondo, ma brani selezionati di Paolo Conte o De Andre'. Sulla parete destra c'e' una scritta che riguarda un capitolo di Cent'anni di solitudine, in mezzo a tre culi di botte che sporgono dal muro. I tavoli sono lignei ed eleganti, spartani ma ricercati , le panche grezze ma rifinite e certi cubotti anch'essi di legno fanno da sedili per i tavolini per meno persone. Di fronte il bancone, con gli erogatori per spillare birre di vari tipi alla spina che sporgono come colli di aironi cenerini metallici. Dietro di essi, come quasi sempre tutte le volte che si entra al Macondo, il padrone di casa, un uomo di mezz'eta' di complessione robusta con pizzo e basette di un certo rilievo e uno sguardo lievemente ironico che sembra quasi elaborare le storie di tutti noi che entriamo tenendosele nel romanzo personale della sua mente come a trarre conferme di certe sue teorie sulla vita. Io lo chiamo l'Abate, un po' per quel suo aspetto e tono ieratico nel parlare e anche per via del fatto che si picca, a quanto pare a ragione, di essere un grandissimo esperto di birre , in particolare , ma non solo, belghe, che notoriamente nascono nei monasteri medioevali , dei monaci trappisti in particolare. E' il "creatore", potremmo dire, di questo luogo di magia, nel quale, entrando, sembra di entrare in un mondo a parte, in un atmosfera piacevolmente torpida, quasi attinente allo spossessamento dei ricordi, caratteristica degli abitanti di questo immaginario luogo letterario del romanzo Marquesiano, ed ha curato i particolari dell'arredamento , compresi quegli strani boccacci vitrei vuoti sospesi al soffitto, che sembrano riprodurre i fumetti degli avventori e delle loro presumibili conversazioni. Mentre fantastico aggirandomi fra i tavoli, nella luce bassa, soffusa, che riproduce lo stato di alterazione che potrebbe ad un certo punto produrre la birra, a sinistra, noto una tavolata in cui sono gia' accomodati con una certa prosopopea vaquera come in un film di Tarantino, altri "convocati" per la serata revival.
Ci salutiamo allegramente, con strepiti, urla e dammi cinque e pacche sulla schiena. Seduti rispettivamente da sinistra ci sono: Enio Santorsola, storico compagno d'infanzia, stessa generazione forse un anno meno, ambientalista, forestale, conoscitore di natura e animali dei luoghi come pochi, orecchino pendulo da uno dei due orecchi e atteggiamento pronto alla partenza per un'uscita subitanea da sigaretta rilassata, Roby De Andreis, storico animatore dell'Arci, militante di tante battaglie, appassionato di letteratura, ambito nel quale lavora anche, occhiali dovuti ai cinquanta, credo e sguardo scientifico , quasi, sul bicchiere di birra, bevanda che sostiene rifocilli meglio del gatorade al termine di storiche partite di calcetto[che nessuno credo sia piu' in grado di fare, [per mancanza di tempo e d'allenamento e per paura d'infarti] e  Alfonso Zufolo, che ha finito per lavorare nel bar di famiglia ereditandolo, uno dei piu' antichi bar marittimi che un tempo  era parecchio  rinomato per i gelati, specie  nelle estati delle infanzie anni '80, che quella era l'epoca in cui lo si bazzicava, noi della generazione del Santo Niente, riuniti in comitive gravide di ragazze bionde figlie di ostunesi migrati a Torino, fra Fiat e affini, e dagli aliti incomparabilmente agliosi.
Io e Gianfranco ci sediamo e scorriamo subito il menu con la pesante copertina in pelle. Si servono parecchie leccornie, li al Macondo, dai wurstel originali bavaresi , a taglieri di salumi e formaggi, ci sono persino le insalatone, le bruschette, ma il pezzo forte e' rappresentato dai panini,  in abbinata ad una birra media , meglio due, che la favella poi scorre ancora meglio. E la caratteristica di questi panini , oltre che gli ingredienti, originalmente combinati, altro che MacDonald o affini, e' che a ciascuno di questi e' stato dato il nome di un artista, di un pittore. Io e Gianfranco prendiamo quasi sempre un panino dedicato a Dali, il pittore surrealista autore oltre che di quadri mirabili ,di aforismi intramontabili. Uno dei quali, bello e fulminante mi sovviene spesso:" piu' di tutto mi ricordo il futuro". Io lo prendo sempre perche'fra i moti ingredienti dentro ce n'e' uno raro e particolare, un ingrediente che mi riconnette con la mia natura primitiva e si accoppia alla perfezione, per il sapore ancestrale che mi lascia in bocca, al mio soggiorno mediterraneo:il salame di cinghiale. Altri prendono il Michelangelo, qualcun altro un Picasso.
Nell'attesa ordiniamo le birre e anche in questo caso ci differenziamo, dal momento che io e Gianfranco chiediamo Estrella dam Daura, una birra senza glutine, piu' digeribile e ugualmente saporita', prodotta in Spagna a beneficio dei celiaci. Quando ordiniamo queste birre , Alfonso Zufolo punto nell'orgoglio baristico tira fuori la sua teoria che poi ad una piu' accorta analisi tanto peregrina non risulta: e cioe' che se beviamo la birra senza glutine poi il corpo abituato a soddisfarsi con quelle con il glutine , ti spingera' a berne di piu' di una. Con il risultato dietetico opposto a quello che si vuole ottenere. Ad ogni modo incassiamo il consiglio ma non recediamo dalla nostra ordinazione. Gli altri ordinano delle spine enormi chiare senza tanti sofismi alimentari. pronti a bissare e a triplicare , che domani e' un altro giorno e la notte porta consiglio. E smaltimento di sbornia. Si chiacchiera del piu' e del meno, mentre arrivano i panini e io addento il mio finendolo con la mia solita irrefrenabile voracita' che ogni volta mi suggerisce di andare a scuola di masticazione da un buddista. Ed e' alla terza Daura, e qui Alfonso Zufolo, nostro storico portiere negli infiniti tornei di calcetto che duravano in eterno -lo ricordo bestemmiare quasi sempre all'imbrunire, quando beccava l'immancabile gol nell'invisibilita' del semibuio, da Giandomenico, un ciociaro trapiantato che aveva l'abilita' di metterla dentro sempre a quell'ora [e che per questo fu da me soprannominato lo sciacallo]-ci aveva azzeccato con il pippotto antigluten free, alla mia terza Daura, dicevo,  me ne vengo fuori con il predicozzo etilico, che restera' storico, credo, favorito dall'alcol, logicamente, in cui tiro fuori questa storia della generazione del Santo Niente. Non ricordo esattamente le parole birrose  che pronunciai, ma ad un certo punto , piu' o meno, mi venne fatto di dire:" insomma questi del '68 si sono beccati il meglio della vita, occupazioni delle universita', lauree garantite, prime pagine dei piu' importanti quotidiani del mondo, il disprezzo di Pasolini, l'amore libero, lo spinello libero, il sesso a gogo nei sacchi a pelo delle universita', ah gia' questo lo avevo gia' detto, in un altra forma...ecco, poi arrivano pure questi del ' 77, che ti fanno la lotta armata, poi la maggior parte si pentono o si dissociano, ma continuano ad andarsene in giro con quest'aura da rivoluzionari, dico". E tu con questa Daura senza glutine, intercala Alfonso Zufolo, per sfottere. Io rido e continuo pannellianamente il mio ragionamento. "Poi", dico, "questi degli anni '70 sono diventati professori e quando toccava a noi occupare le scuole, giu' a dire, lasciate perdere , lo abbiamo fatto gia' noi. Facciamo i cortei , scriviamo con gli spray sui muri, e loro sempre, lasciate perdere, gia' fatto, gia' visto 'sto film...poi quando toccava a noi fare le manifestazioni e fumare spinelli e imboscarci, le figlie di questi 'reduci perenni dell'unica rivoluzione possibile'  giu' ancora a dire, noi non facciamo uso di droghe, perche' servono per portarci a letto,  ce l'hanno detto mamma e papa'. E infine, colmo dei colmi della sfiga, il sesso libero non si poteva piu' fare, perche' c'era l'aids. Cornuti e mazziati, mannaggia Santo Niente", esclamo infine . Subito sbottano tutti a ridere. E io mi rendo conto di aver coniato una definizione perfetta per la nostra generazione. Non abbiamo nessun Santo a cui votarci e siamo troppo "puliti", onesti, ingenui, per bestemmiarne uno reale. E Santo Niente, dalle nostre parti, e' una bestemmia abortita, attenuata, una bestemmia mancata, repressa, spuntata, la bestemmia di chi, in definitiva, non vuole veramente bestemmiare. Una bestemmia non bestemmia che ci rappresenta, noi idealisti, ingenui, puri, che abbiamo ereditato un mondo in cui tutto e' gia' stato fatto e meglio da altri e in cui sembra non esserci piu' spazio, una generazione al termine di generazioni che prima hanno disfatto il mondo e poi l'hanno rifatto peggio di prima. 

domenica 8 maggio 2016

Marinobus

Negli ultimi anni , da migrante in quel di Milano e dintorni, per tornare nella avita Puglia altosalentina, scelgo come mezzo di trasporto, l'autobus. C'e' la MarinoBus, storica compagnia di autobus di Altamura che dalla stazione di Lambrate, viaggiando sull'autostrada adriatica , mi lascia alla stazione di servizio Erg di Rosa Marina, nella marina di Ostuni. E qualcuno fra "vecchi" genitori o amici fedeli e immarcescibili, mi raccatta per strada come un autostoppista kerouachiano portandomi in auto ad Ostuni. Oltre che essere un mezzo molto economico per viaggiare, piu' dei treni di Trenitalia , che sembrano essersi montati la testa e per due giornali che danno gratis da leggere e qualche decina di chilometri in piu' di velocita' fanno pagare piu' che gli aerei, e' anche  piu' pratico che andare in aereo, per me, che dovrei prendere un autobus per andare da Milano a Bergamo, ad Orio al Serio, prendere l' aereo e scendere a Brindisi, che non e' proprio ad un'incollatura di francobollo da Ostuni e presenta la fastidiosa incombenza di dover scomodare i miei ottantenni genitori per venirmi a prendere...e le ultime volte che l'avevo fatto mio padre era stato una settimana a studiarsi il meccanismo per non pagare il biglietto di ingresso nell'aeroporto, con l'auto, giocando sulla rapidita' di entrata e di uscita , che quando si va avanti con gli anni si diventa parsimoniosi, come forma di immunizzazione preventiva da possibili malrovesci della salute che dovessero implicare un improvviso dispendio di risorse .
Ma a parte tutto  adoro viaggiare in autobus, perche' io essenzialmente come scrittore nasco karouachiano e credo che la mia scrittura essenzialmente emotiva e di getto derivi dall'ammirazione che ho avuto per Jack Kerouac, il quale, mi sono fatto persuaso, avesse sviluppato quella sua particolare forma di scrittura jazzata e ritmata, in apnea, senza quasi respirare, come centometri olimpici protratti all'infinito fino a spaccare il cuore, viaggiando su autostradali o in autostop , nonche' su vecchi treni merci. Non tanto nell'allenamento a riempire taccuini ad ogni pie' sospinto nelle pause in attesa del passaggio. Quando proprio nella formazione dei pensieri che gli nascevano in mente , in movimento. Nelle notti sugli autostradali sulle infinite strade d'America, o saltando su improbabili treni merci, dove conosceva girovaghi di ogni tipo, di cui per tutta la vita ha cercato di carpirne i segreti. Uno su tutti, il segreto della liberta'.Sotto questo profilo Kerouac e' un altro dei miei maestri, se non altro sul piano dello sviluppo della tecnica di scrittura, della ricerca di una musicalita' della parola che coniughi significato a ritmo.

E dunque la notte sugli autobus della Marino e' sempre ricca di spunti. Non dormendo e pensando, o pensando in dormiveglia, o pensando fra  microsonni improvvisi, potrebbe essersi sviluppata in me una forma di letteratura, credo. Come accadde per Kerouac. E certo poi, nel caso dello scrittore franco-canadese, qualcuno ha avuto l'intuizione di capirlo e divulgarlo. Ma per me ci penso io, con la mia letteratura autoprodotta senza il doping delle sirene editoriali o dei guadagni facili. Le letteratura per me e' essenzialmente divulgazione emozionale. Chi ne fa commercio resta a lungo andare inevitabilmente sepolto nel ruolo di operaio della parola. D'accordo, operaio specializzato ben pagato, ma pur sempre operaio, ma mai e poi mai bardo della letteratura. Bisogna amare veramente qualcosa per metterci dei soldi di tasca propria e farsi stampare dei libri perche' vengano letti per ricavarci appena da ricolmare le spese e andare avanti. Oppure essere enormemente presuntuosi. Ma quando senti che i tuoi lettori attendono qualche tuo altro lavoro, questi dubbi di autoreferenzialita', cessano. E sorge la parola da dire ad ogni costo, perche' e' come quando sgorga l'acqua di un torrente...nessuna roccia la puo' trattenere, essa tracima.

E dunque eravamo al viaggio in autostradale...Incominciando dall'autobus che prendo quasi sotto casa a Corsico, per arrivare a Lambrate. Il 325, quasi sempre pieno di stranieri che vanno in giro con le loro cuffiette da iphone con le quali ascoltano litanie arabe, notiziari egizi in streaming, o guardano video pornografici , lanciando occhiate in tralice per assicurarsi di non essere  sgamati da occhi giudicanti. Oppure ragazzini con zainetti firmati e parlata slang sboccata con irripetibili frasi omofobe,razziste e misognine che hanno ascoltato a casa dai loro padri figli del berlusconismo da bordello anni '50 vomitato dalla macchina del tempo ai giorni nostri.
A volte salgono ragazze latine, peruviane, perlopiu', capelli sottilissimi da indios, rossetti marcati, terga basse seni prospicienti da appenderci la borsa da calcio, tanto stanno su ancora, nonostante l'alimentazione non piu' andina al 100%, alimentari multietnici permettendo, o ragazze esteuropa, ex unione sovietica, di qualcuna delle repubbliche nate dallo smembramento di quel Frankeinstein sovietico di cui tutte loro , mariti e fidanzati inclusi, hanno nostalgia quasi piangessero la morte di un vecchio zio sempre presente nei momenti di bisogno con pacche su schiena e qualche risparmio mai lesinato.

A Romolo prendo la metropolitana, mi immergo nell'antro di quest'ade postmoderna  della circolazione cittadina, nel fiume umano, nel torrente dei corpi che ciaspolano lungo i corridoi infiniti e i tunnel e fanno la fila dal giornalaio o edicola che sia che ormai vende quasi piu' biglietti della metro che giornali  , passo i tornelli ascoltando ritornelli, uffa che stress questa vita , magari era meglio che mene stavo nella Pampa a coltivar terreni o in Bielorussia a riscuoter crediti per mafiosi ex falcemartello.
Una volta nel treno della metro , seduti ai lati, una miriade di ragazzi e ragazze d'ognidove masturbano i propri smartphone con una dovizia onanistica che non non credo abbiano mai messo in quei quarti d'ora di felicita' manuali personali di autoerotismo reale, mentre un signore anziano legge un libro con l'espressione della sfinge egizia e con la stessa aria vestigiale. Fino alla stazione di Lambrate mi ci vorra' una mezz'oretta. Nel frattempo ad ogni fermata entrano appartenenti a varie tribu' cittadine , chicanos con musica latina che fuoriesce dagli smartphone , a palla,  e camminate da rappers coloured,  un trio di transessuali brasiliani che sorridono come se avessero una caipirinha in mano e fossero in spiaggia, quattro skaters armati di skateboard probabilmente diretti in stazione Centrale sul cui piazzale antistante si cimentano in evoluzioni stimolate da videoclips di Mtv o visti su Youtube, alcune arabe che indossano l'hijab, il velo che copre il capo lasciando scoperto il viso e che a me ispirano piu' sesso di qualsiasi cubista tettealvento da discoteca e, last but not least, due fotomodelle, una bionda scandinava e un'altra latinamericana, credo, filiformi e nonostante cio' splendide, che entrando nel treno , restando al centro in bella mostra, si baciano davanti a tutti , neanche fossero al Gay Pride. E' il bello di Milano, credo io, il bello della citta', che tutti ospita, tutti fagocita e tutto tollera, in nome dei soldi pero', che lavano tutto, persino le coscienze , i credo religiosi e politici e lascia la gente come Salvini nel dimenticatoio della storia. Perche' non me ne vogliano gli abitanti della provincia, ma la storia, le mode, le rivoluzioni, persino le restaurazioni, partono tutte dalla citta', e , ad essa tornano, non certo dai tavoli da biliardo di Cassano Magnago.

Una volta a Lambrate imbocco una serie di tapis roulant, con il mio trolley pieno dell'essenziale, viaggiatore leggero quale io sono, poche mutande , calze e t/shirt, le immancabili scarpe da jogging, uno spazzolino da denti, una saponetta all'olio d'oliva, qualche libro, e un taccuino per improvvisazioni poetiche da vergare con una penna a spirito che mi consente di scrivere persino disteso, quando non sia una matita. La stazione di Lambrate e' un terminale della metro ma anche la fermate di treni  per ogni dove, in alternativa alla piu' gettonata Centrale. Quasi sempre esco in piazza Bottini, appena fuori dal falansterio di Lambrate, giusto alle spalle. E spesso sono in anticipo, tanto da concedermi qualche trancio di pizza dal mitico Pizza Mundial, enorme vetrina di pizze al trancio sempre affollatissima di viaggiatori che si preparano a partire e vogliono consumare , subito o per dopo, qualcuna di quei saporiti tranci a prezzi ultrastracciati: un trancio e una minerale da mezzo un euro e settanta e sei servito. Di solito li nei pressi stazionano punkabbestia che con quei pochi spiccioli che rimediano riescono a nutrire se stessi e i propri cani dai pedigree quasi nobiliari ch'essi trattano meglio di se stessi...ad una prima occhiata di primo achito. Come sempre ho il problema della ricarica dello smartphone e mi risolvo di andare in un bar tavola calda  tornando verso il corpo della stazione li davanti. Li trovo dei neri a torso nudo che solitamente fanno breakdance per rimediar qualche spicciolo in pausa riposante, che hanno gia' a loro volta occupato ogni presa possibile, che questa dell'energia alle batteria degli smartphone sembra l'ultima frontiera dello scocco selvaggio..e non a caso in stazione le prese sono tutte otturate ad arte. Prosieguo all'interno dei tunnel che mi portano dalla parte opposta della stazione, che e' poi l'ingresso principale , e mi siedo qualche istante, come sempre in largo anticipo, ad osservare la gente, che , ancora una volta a mio avviso e' il piu' bello spettacolo del mondo e non si paga il biglietto...Heminghway del resto aveva le arene dove si toreava e la gente vedeva morire tori e uomini, Bulowski aveva l'ippodromo dove cedeva morire l'anima della gente rinsecchita dopo che era rimasta all'asciutto di quattrini, io ho le stazioni , i centri commerciali giocoforza[in uno ci lavoro], gli autogrill .Ognuno trae ispirazione dai luoghi in cui gli umani si affollano manifestando odio per i propri simili e nonostante cio' non potendo far a meno d'essi.
Vado verso i bagni e all'ingresso un'africana filiforme in minigonna leopardata mi sorride lasciando intendere che non le dispiacerebbe tirar su qualche decina di euro appartandoci qualche momento in bagno. Io declino l'invito richiudendomi in bagno e all'uscita noto che e' scomparsa nell'altro bagno a fianco dove qualcuno non era stato del mio stesso avviso. Non sono un moralista ma convengo che bisogna essere davvero economicamente disperati per scegliere l'attesa di un treno che ti portera' in una casa probabilmente diroccata di provincia come momento per tirar su due soldi, tutto sommato scambiandoli con qualcosa che somiglia al sesso e non elemosinando.
Mi dirigo ai via Predil , piazzale a latere della facciata d'ingresso di Lambrate. Ci sono gia' un po' di persone in attesa, con i loro trolley, le loro valigie, quasi del tutto vuote e pronte per tornare con le cuciture che quasi esplodono, gravide di preziosi prodotti alimentari, che oltre che irripetibili sapori lontani, danno qualche ristoro persino al portafogli di chi abita la citta' al triplo dei costi. Via Predil e' uno slargo che si apre davanti ad un muro alto, immenso, in cima al quale si vedono passare gli enormi bruchi metallici dei treni, sul quale e' disegnato un graffito ambientalista risalente agli anni ottanta, archeologico, si potrebbe dire e non ancora del tutto scolorito, che raffigura delle enormi biciclette che si fanno largo in mezzo a migliaia di  minuscole macchine del traffico automobilistico metropolitano milanese. Qualcosa che avrebbe fatto sorridere i soliti rassegnati di sempre, la maggior parte di noi, che gli avrebbe fatto pensare, non succedera' mai, i potenti vincono sempre, gli interessi dei fabbricanti d'auto e dei petrolieri sono imbattibili e questi qui che disegnano graffiti sono solo dei sognatori che perdono tempo. Eppure oggi Milano ha un'area a traffico limitato che ha ridotto l'inquinamento e la piu' grande rete di piste ciclabili d'Europa. Segno che chi ha lottato e chi ha insistito e continua a battersi per certi valori, perche' li sente fortemente e in quelle idee fortemente ci crede, prima o poi ha qualche chance di riuscita.
Disegnate sull'asfalto di via Predil ci sono dei riquadri che delimitano le fermate  degli autobus che ci porteranno in giro per l'Italia. Due ragazze mi chiedono se prendo spesso li autobus della Marino. In realta' vogliono sapere se a bordo dei mezzi c'e' la possibilita' di ricaricare le batterie degli smartphone. La dipendenza tecnologica e' la droga del ventunesimo secolo. Per fortuna nella tasca laterale del mio trolley ho un libro da leggere durante la notte. E spegnero' lo smartphone cosi non consumo la batteria. Quindi rispondo che non lo so e che non mi pongo il problema e che magari potevano anche loro spegnere gli smart e leggere qualcosa. Mi guardano come uno pterodattilo e invece di chiedersi da che mondo vengo mi catalogano come vecchio dall'aspetto misteriosamente giovanile.

Mano mano che passa il tempo giungono gli autobus, con il display che indica le citta' d'arrivo. Il mio finisce a Maglie. Una ragazza con una pettorina fosforescente si occupa di dare informazioni e di dirigere la gente verso gli autobus di competenza. E' una ragazza mora e fuma allegramente dandosi un gran da fare con una pazienza incredibile, di fronte a quel marasma di gente che corre con trolley e zaini e valigie, temendo di non riuscire a salire sull'autobus prima della partenza. Ma nonostante tutto il casino si riesce sempre a dare la valigia agli autisti che la sistemano nel bagaglio e a salire sull'autobus. Gli autisti degli autobus hanno fisici da sedentari: chi porta occhiali, chi la pancia debordante da gastritici panini quotidiani, chi capelli lunghi, chi corti, alcuni senza capelli...si danno un gran da fare nel caricare i bagagli indossando dei guanti da fatica. Ognuno di loro ha dei riti per combattere lo stress. Chi fuma una sigaretta, chi un sigaro che poi lascia che si spenga per riaccenderlo subito dopo, chi mangia una stecca di cioccolata, chi beve un succo di frutta, chi una bottiglietta d'acqua, chi porta una cuffia ad uno dei due orecchi per ascoltare musica o radio lasciando l'altro orecchio per farsi comunicare i luoghi di discesa dei passeggeri, di modo da mettere i bagagli nel bagagliaio in perfetto ordine cronologico di fermata. Ogni tanto qualche valigia pesante lascia mormorare qualche autista che c'e' un limite di peso. Ma non vengono presi provvedimenti, al massimo qualche "chitemmurt" mormorato col sorriso fra i denti.

E poi quando stanno per calare le ombre della sera, verso le otto e mezza, l'autobus a due piani, il gigantesco mezzo meccanico, comincia a muoversi, a fare manovra e si insinua per le vie di Milano, diretto in tangenziale. mentre il muro con i graffito ambientalista si allontana e le biciclette sembrano a grandezza reale e le macchine sotto macchinine di giochi d'infanzia.
Ci infiliamo in tangenziale e le luci all'interno dell'abitacolo sono accese, fuori pedoni e auto si intrecciano nella tipica frenesia cittadina, ogni tanto ai semafori c'e' qualche motorino riverso per terra, il conducente per terra, investito, tenuto fermo dagli astanti in attesa dei soccorsi, degli ambulanzieri volontari. Poi ci infiliamo in tangenziale. Subito parte la caccia alle fonti d'energia per attaccare i videofonini e sembra che di recente gli autobus siano dotati di uscite usb. Cio' consente ai giovani delle new generation di attaccare i loro pc portatili e di collegarsi con la tv in streaming, mentre io, Nico Cordola, il dinosauro, tira fuori dallo zainetto degli effetti personali che porto sempre con me, un libro, generalmente un romanzo, un giallo, un opera di narrativa e comincio a leggiucchiare. Gli autisti nel frattempo si organizzano per la nottata. Generalmente due sedili dietro al conducente restano vuoti per permettere agli autisti, che sono due, di darsi il cambio alla guida e di riposarsi cercando di dormicchiare, il restante tempo. Gli autobus sono a due piani e i posti al piano superiore davanti, con la visione in Hd , potremmo dire, dell'autostrada davanti, sono molto ambiti. Anche perche' hanno uno spazio sul quale allungare i piedi e stare piu' comodi. Ogni tanto anche a me e' successo di beccarne qualcuno, di quei posti e il viaggio e' stato rilassante, specie quando piove e vedi gli scrosci dell'acqua frangersi proprio davanti a te, lasciando scorrere la poesia del viaggio mentre tu te ne stai nel caldo utero autostradale e fuori piove e fa freddo. Gli autisti, come detto, sono di varie specie, persone particolari, comunque, perche' il loro lavoro lo e'. Ne ricordo uno che chiacchierava con il collega mentre guidava , fissato con il Movimento Cinquestelle, che avrebbe risolto i problemi dell'Italia dopo anni e mandato tutti a casa,  un altro che fumava con il finestrino aperto[ che non sarebbe consentito] e anche nelle pause, in quei tre o quattro quarti d'ora di notte, quando ci si ferma per mangiare qualcosa, sgranchirsi o dare acqua ai merli. Nelle soste notturne, nei piu' sperduti Autogrill, generalmente dopo Parma, la prima, intorno a Termoli una delle ultime. Soste brevi di un quarto d'ora in cui gli autisti pagano con tessere personali qualche panino, dei succhi di frutta, acqua, che consumano rapidamente per avere il tempo di una fumata che rilassa e prepara a restar svegli concentrati. Gli autogrill di notte sono generalmente deserti, per cui quando arriva un Autobus si ripopolano improvvisamente e il povero malcapitato impiegato , spesso solo, in due e' tutto grasso che cola, si ritrova a fare cassa, preparar capuccini e fare benzina  e per di piu' senza possedere il dono della bilocazione di Forgionesca memoria. E' la politica delle multinazionali, che mira al risparmio del costo del lavoro e lascia soli, in balia persino di possibili rapine e comunque di esaurimenti nervosi e stress correlati da iperlavoro,  ultracinquantenni dai capelli grigi, che appartengono alla generazione che paga le pensioni a chi ha lavorato meno di vent'anni. Andranno in pensione a settant'anni, se ce la faranno a sopravvivere al logorio costante di una vita di siffatta qualita'.
Durante le ore centrali del viaggio l'interno del bus e' buio, con luci bluette notturne e qualche lucina accesa da chi legge, poche invero, insieme al luccichio impressionante degli smartphone costantemente in azione, attraverso i quali ognuno chatta, guarda la tv, partite, ascolta video musicali, in attesa che le ore del sonno prendano il sopravvento e , se c'e' poca gente, attenti a trovarsi un posto con due sedili per potersi stendere piu' comodi. Attraversiamo tutta l'Italia , su un'autostada di viadotti, trafficata da Tir e da altri autobus, da auto che escono dalle discoteche dell'Emilia, delle Marche o dell'Abruzzo, persino di Termoli, ora in cui di solito ci si ferma da un autogrill Sarni li in zona, e ci si contente la fila ai cappuccini con la gioventu' del luogo a caccia di cornetti ammazza serata. Mentre sono in fila sfoglio qualcuno di quei libri in vendita e mi capita spesso di sfogliare un testo curioso di un certo Padre Zago sull'Aloe e sulle sue virtu' miracolose, che penso di aver oramai imparato a memoria. Di solito in una notte finisco un romanzo, perche' sei li e devi attendere e l'attesa ti fa pensare e pensare non sempre e' salutare, perche' pensare vuol dire futuro, vuol dire pianificare, vuol dire programmare, tutte parole che per la mia generazione sono sonore parolacce. Abituati come siamo a vivere alla giornata, ad aprire gli occhi, respirare, mettere i piedi in terra e partire per la mattina del lavoro, per chi ha la fortuna di avercelo, aspetti questi che pervadono ormai tutte le latitudini, in questo clima di globalizzazione dello stress , requisito indispensabile al controllo del personale, indipendentemente ormai, dalla produttivita' effettiva, dal momento che ormai basta quotarsi in borsa per guadagnare persino senza produrre niente.
L'ultima fermata e' all'alba, poco prima di Fasano e vedo il mare adriatico e gli stagni del parco delle Dune Costiere e uccelli marini in volo che gareggiano sullo sfondo con le siluoettes delle increspature delle onde e rondini a primavera o cormorani d'inverno, mentre le creste di macchia verde che spunta balotellianamente sulle dune sabbiose, mi accoglie ondeggiando nella brezza dell'alba come mille mani che salutano.


sabato 12 marzo 2016

I miei maestri

Come forse gia' sapete io ho delle idee molto personali sulla scrittura e sugli scrittori. La mia simpatia va a quegli scrittori che hanno voluto diventare tali stando nel gorgo della vita, vivendo la loro letteratura e raccontando le proprie vite al centro o collaterali alle vite degli altri. Inutile dire che tutti gli scrittori sono autobiografici, come diceva anche Borges. E lo cito cosi in questo modo la mia affermazione ha piu' credibilita', Ecco un esempio di scrittura ruffiana che detesto. Preferisco quegli autori che hanno scritto la loro roba in prima persona, rischiando tutto, vivendo ai margini della societa', disprezzati dai grossi editori e dai parrucconi universitari che scrivevano i loro testi e le loro poesie con gli stomaci pieni e ben riposati. Certo , si puo' scrivere anche bene essendo riposati e a pancia piena, dopo che magari sei su di giri perche' e' appena uscita dalla tua stanza una studentessa universitaria disposta a tutto pur di superare l'esame ed hai appena mandato al diavolo quell'essere integerrimo di cui cotanto cianci e scrivi poi una volta riacquistata la vena artistica, diciamo cosi. Ma e' una questione di credibilita'. Henry Miller e Charles Bukowski, per esempio sono nel mio olimpo personale degli scrittori che preferisco leggere e rileggere. Bukowski addirittura lo definisco un talismano. Ritenuto a torto uno scrittore volgare e sciatto , ha in realta' inventato un genere letterario che definirei iperealistico. Magari non tutto di quello che racconta e' realmente accaduto , ma lascia la sensazione ben netta che sarebbe potuto accadere. Che gli sarebbe potuto accadere di lavorare in un macello ad oltre cinquantanni perche' senza soldi e male in arnese in mezzo ad un mucchio di neri nerboruti che lo facevano sentire piu' negro di loro, la' dove la legge del piu' forte fisicamete era la legge della sopravvivenza molto piu' del piu' forte quanto a intelligenza nel saper sfruttare gli altri, cattivo cerebrale , si potrebbe dire, non muscoloscheletrico, come quei negri. Come ad Henry Miller e' senza dubbio accaduto di passare da responsabile di una compagnia di poste e telegrafi a barbone a Parigi, sempre a mendicare nei bar ad amici americani sradicati come lui , il cornetto della colazione o una cena succulenta, in cambio di un po' di ruffiana compagnia durante la quale provare grandi prolusioni orali nell'intento poi di trovare una giusta tecnica di scrittura per trasferirle su carta. In relazione all'impatto sull'uditorio. E sarebbe potuto accadere e forse e' realmente accaduto che parlando con un attore che precisava in continuazione che non era finocchio, in un racconto del mitico "Taccuino di un vecchio sporcaccione", tratto da una rubrica che usciva su un giornale di Los Amgeles dal titolo esplicativo "Open Pussy", che il vecchio Henry Chinaski, alter ego letterario di Bukowski, concludesse il dialogo con la battuta"forse sarebbe meglio che ci dichiarassimo tutti finocchi, cosi la finiremmo con questa stupida paura". Ecco un esempio di come , esprimere con parole semplici concetti complessi che arrivano a racchiudere un mondo o un'intera filosofia, rasenti la genialita'. Ed era quello che Bukowski pensava. Bukowski il barbone alcolizzato che frequentava le biblioteche e leggeva di tutto, dai testi di anatomia agli odiosi, per lui, Norman Mailer e Tolstoj. Anche quando disprezzava gli altri autori , Bukowski era un puro. Non c'era invidia in lui, proprio non gli piacevano e basta. Piu' veniva messo ai margini poeticamente, impubblicato, deriso dagli editori, e piu' lui si accaniva a scrivere , dicendo che ogni rifiuto per lui era nuova benzina letteraria, nuovi stimoli a scrivere meglio e fare meglio. E anche Henry Miller, piu' enciclopedico e torrenziale di Bukowski, piu' leonardesco negli universi dei suoi interessi, fu pubblicato in Francia passati i quaranta e il suo Tropico del cancro non usci in America se non anni dopo, bloccato dalla censura. Come Pasolini che tradi la propria classe di appartenenza, la borghesia intellettuale in luogo dell'amore viscerale per il sottoproletariato suburbano, cosi Miller tradi la cultura ebraica e capitalista americana a cui apparteneva, dicendone, da americano, peste e corna. Ancora oggi, quando voglio tirarmi su, circondato da un universo di niente, da una tv che non trasmette niente, schermo piatto, cervelli piatti, librerie che vendono libri di autori che vendono libri perche' qualcuno li ha visti in televisione -ma io non riesco a vedere l'autore in questi menestrelli televisivi, sono  come un calabrone, che vede solo alcuni colori e i suoi occhi selezionano quello che gli sta di fronte- , ancora oggi, dicevo, per tirarmi su, leggo un libro di Bukowski o Miller. C'e' della follia in tutto cio', lo riconosco. Una follia da parte mia nel volermi ostinare a cinquant'anni suonati a scrivere tentando di pubblicare  e vendere i miei libri al solo scopo divulgativo delle mie idee che io dono al mondo. Il prezzo dei miei libri basta appena a coprire le spese per pubblicarli. Ma va bene cosi, mi sento di rispettare di piu' l'Amazzonia, in questo modo. E non mi sento in colpa come invece dovrebbero sentirsi in colpa autori i cui libri vedo ammonticchiati e invenduti nelle librerie, nonostante siano spinti dalle case editrici. Perche' per fortuna , non so ancora per quanto, ma il lettore sa riconoscere la fuffa dall'arte. E bisogna essere un po' folli, come lo sono stati Bukowski e Miller, che ci hanno raccontato come si possa essere felici attraverso i libri e ridere della vita, del proprio essere antieroi, dei propri cazzi medi, direbbe Bukowski, delle erezioni mancate in preda ad alcol e sigarette e delle meschine richieste di denaro per lettera a dei lettori, lettere vergate con vergogna e onore, secondo me, in qualche soffitta di una citta' del mondo, come faceva Henry Miller, perche' comunque sarebbero soldi ben spesi, se possono tirarti su, allietarti o allettarti una vita densa di niente.

venerdì 5 febbraio 2016

New age

Una domenica pomeriggio, con Giuly, andiamo ad un'incontro new age. Ora, dovete sapere che io sono uno scettico di natura e che non solo come San Tommaso devo vedere per credere ma mi arrogo il diritto persino di capire, per poi eventualmente, credere. E anche quando sono sul punto di credere, lascio una riserva mentale che mi consenta, al limite del mio sforzo di fede, una virata verso gli scogli piu'sicuri e fermi del raziocinio. Ma sono anche dell'idea che la  fede cieca e assoluta nell'evidenza scientifica, sia al contempo qualcosa di presuntuoso e lo trovo altrettanto sbagliato, altrettanto fanatico come la fede in qualcosa di intangibile. Insomma io sto nella linea grigia dell'osservatore, a meta' fra il sapere scientifico e quello ultrascientifico.
 Ci incontriamo sotto casa di Giuly, lei sta fumando , vedo la cenere pendula della sua sigaretta restare in equilibrio senza polverizzarsi nonostante sia bella spessa in cima alla sigaretta. Come viatico al pomeriggio paranormale, non c'e' male. Salgo in macchina con lei e andiamo verso via delle Forze Armate, un'arteria lunghissima che taglia tutta la parte ovest di Milano arrivando fin quasi al centro. Parcheggiamo nei pressi di una banca e manca ancora un po' di tempo. Giuly tira fuori lo smartphone e mi chiede di ascoltare una registrazione, sono parole in liberta' di una conversazione fra lei e il suo compagno, un decennio piu' giovane di lei. Il tipo, che chiameremo convenzionalmente Peppino, perche' la vulgata napoletana inconfondibile che caratterizza il suo eloquio mi fa propendere per questo tipo di nome defilippiano, meta' in italiano ma con frequenti intercalari partenopei . Mentre ascolto la conversazione registrata nello smartphone, siamo in macchina davanti ad un bar di Baggio, questo popoloso quartiere periferico ad ovest di Milano, o di Paperone, parafrasando il titolo di quel famoso film comico di Nuti, ad ovest di Paperino. Se per Paperone intendiamo il vecchio ma sempre attivo Berlusconi. Peppino ci sa fare mica da ridere , con la chiacchiera e il leit motiv della conversation verte , udite udite l'originalita' della cosa, sull'amore e sul fatto che Giuly vuole tutte le certezze di questo mondo e l'esclusiva assoluta, se cosi possiamo dire-si possa usare o meno scrivere cosi poco importa da quando il grande Jack Kerouac ha sdoganato e liberato la lingua dalla grammatica e dall'analisi logica-riguardo all'essere amata, all'essere considerata l'unica, invece che , come lei teme, primus inter pares, la' dove per pares si intende un folto nucleo di amanti e spasimanti a vario titolo. Al contrario di quanti puristi della lingua possano credere o di quanti parrucconi d'universita' si sforzino di dire, beh, il parlato in generale e  di quest'uomo, in particolare, e' una pagina di letteratura. Mi sarebbe piaciuto filmarlo, perche' il corredo di tic facciali, gesti, mimiche corporee, avrebbe rappresentato una pagina di teatro spontaneo vivente da far impallidire un bel po' di divetti del cinemateatro europoide.
-Giuly, adda capi 'na cosa, tu ti fai troppe seghe mentali, nel momento in cui vuoi percepire se c'e' dell'altro nella vita del tuo partner. Pecche', cosi facendo, non ti godi la fortuna di amare. Pecche', adda capi, Giuly, che amare , al giorno d'oggi, e' una vera fortuna. E tu ti privi di questo privilegio perche' pensi che nella vita del tuo partner ci siano altre donne? Kiste e' un vero spreco, santamaronna, uno spreco che io personalmente non farei, godendomi ogni santo momento della grazia ricevuta di amare qualcuno piu' di me stesso. Ma ti rendi conto di quanto tempo e di quante energie sprechi in tutto questo?
Beh, signore e signori, una pagina di teatro, e siccome io sono in quelle linea grigia che separa Freud da Jung, vale a dire il sesso misura di tutte le cose e la spiritualita' che supera il sesso misura di tutte le cose, sono portato a credere che il discorso di Peppino sia una specie di cubo  di Rubik, , nel senso che alla fine devi per forza svolgere delle sequenze precise per poi finire il lavoro e che se magari ti perdi a rigirare il cubo in attesa di scovare un'altra strada, corri il rischio di perdere di vista lo scopo finale. Ma parliamoci chiaro, e' anche un discorso ruffiano mica da ridere, perche' alla fine lui non nega ne' ammette che magari qualche geisha in giro ce l'abbia. E il punto di vista di Giuly io lo capisco, tutte le donne vogliono l'esclusiva, sessuale e spirituale. E questo senza essere femministe. Ma quando si ama al cuor non si comanda e in fondo a Giuly quel che rode e' il fatto che a sua volta, pur avendone la possibilita', e' cosi innamorata di lui, che snobba la corte di un bel po' di boys men che sottotrentenni. E in fondo e' questo che le rode, che non riesce ad andare con qualcuno di loro, cosi come immagina, perche' non se ne ha la certezza[ ma lasciare il dubbio e' il segreto friccicante di una relazione sana] che invece faccia Peppino. Non di andare con Boys, inganni della parola scritta, ma geishe. Poi chi lo sa, in tempi arcobaleno, tutto e' possibile. Ma si aprirebbe un altro capitolo, che io evito di insinuare come dubbio, anche perche' persino la piu' avveduta delle donne maestre di finzione, non potrebbero accorgersi che un uomo ad un certo punto della propria vita, decide di andare a vela e a motore.
Scendiamo dall'auto e a piedi facciamo due passi su via Forze Armate.
-Sono fregata, dice Giuly, perche' io lo amo e mi devo tenere i miei dubbi. E soprattutto perche' lui ha ragione. Ho cinquant'anni e si vive una volta sola. Se continuo cosi non riusciro' a godermi la grazie dell'amore. Io annuisco. Diavolo di un napoletano, ne sanno una piu' del diavolo. Dagli dei libri da leggere, lasciaglieli shakerare con la sapienza partenopea, l'eloquio sciolto dei quartieri spagnoli, che eccola, davanti ai nostri occhi, una chiara manifestazione del paranormale. Che poi confina perfettamente con il paraculo. Ma questo attiene sempre vieppiu' al mio stare in mezzo.

Facciamo due passi a piedi e li vicino, sempre sulla mitica Forze Armate, nome che riecheggia di sovietismo ante litteram, ad un certo punto c'e' un ingresso a vetri. Entriamo e il luogo, per la verita' un po' angusto, e' stracolmo di persone. La maggior parte delle quali sono donne dai trenta in su. Ma anche alcuni uomini, alcuni dei quali molto in la' con gli anni. Molti sono seduti alla birmana e dentro c'e' odore di incensi profumati, un tavolino con dolciumi presumibilmente alla soia, perche' nella filosofia new age la soia deve sostituire il latte vaccino e pecche' , avrebbe detto a questo sacro punto Peppino, ogni scarrafone e' bello a mamma soia, parafrasando...Intorno ai tavolini due dolci donzelle ci salutano calorosamente, come seguaci della setta di Thulsa Doom in Conan il barbaro, prima di chiederci l'obolo per la manifestazione. Saranno presenti due scrittrici che comunica direttamente con entita' cristologiche, meglio conosciute come angeli e un esperto di suoni nonche' maestro di musica, che accompagnera' gli interventi delle medium, con un corredo di struenti e suoni mutuati da sciamani e antiche civilta' scomparse. Devo dire che tutti coloro che mi conoscono in questo momento mi stanno immaginando come il classico pesce fuor d'acque, sottovalutando le mie capacita' camaleontiche e anche , perche' no, una buona dose di accondiscendenza a tolleranza verso qualsiasi forma espressiva. Io non credo in niente, proprio per questo posso ascoltare tutti. pagato l'obolo riusciamo a sederci e subito ha inizio la manifestazione. La prima ospite e' una signora di mezz'eta' che asserisce-ma perche' il linguaggio a volte sembra offendere?-di essere in comunicazione con un angelo chiamato Uriel che le si e', diciamo, manifestato, ad un certo punto della sua vita. E si scusa anticipatamente se magari mentre parla potra' sembrare fuori di se' , ma e' perche' Uriel senza avvisarla interviene nelle sue frequenze e parla attraverso la sua bocca. Ed  e ' sul "mentre parlo potro' sembrare   fuori di me" mi sento gia' di inaugurare il corredo delle mie battute interiore che serbero' per tutto l'evento dentro di me. La signora , una bionda occhiali a fondo di bottiglia, comincia a raccontarci che sta arrivando una nuova era, [che a me mi viene fatto di pensare, beh, se "era" vuol dire che gia' c'e' stata ed accade sempre, che per quello si chiama "era", poi taccio persino  il mio  pensiero interiore]. 
La signora che chiameremo convenzionalmente, Franca, si dilunga nel dirci che arrivera' un epoca di prosperita' dello spirito, che l'uomo senza spirito non puo' vivere[ e certo, senno' la gente come Maurizio Crozza come farebbe a campare?] ed ecco che ad un certo punto sembra entrare in trance e cambiando tono di voce comincia con una serie di invocazioni. Le parole le escono fluide ma al tempo stesso dal significato oscuro[ deve essere Uriel, non puo' essere diversamente , lo aveva detto. Solo che non sembra fuori di se', sembra MOLTO piu' fuori di se' del solito]. Parla dell'avvento di un nuovo mondo, dell'avverarsi di cio' che dicono i maestri, che cio' che hanno vissuto i maestri ha avuto importanza [tutto un corredo di questioni il cui significato potrebbe essere candidato al premio Nobel dell'incompresibilita']. Mentre lei parla, o meglio, Uriel, parla[speriamo che a nessuno venga voglia di chiamare cosi un 'acqua minerale],parla, alcuni pregano, congiungono le mani, chiudono gli occhi. Il mio io e' diviso fra rispetto e derisione, vivo in diretta una sorta di schizzofrenia. Ma alla fine prevale il rispetto e lascio il dileggio nelle parentesi dei miei pensieri. Al termine un fragoroso applauso accoglie queste sue esternazioni. Di Franca e di Uriel. A questo punto tocca al maestro, un tipo smilzo, pelato, dall'aspetto ieratico, vestito di nero. Interviene con una serie di strumenti a percussione che sembrano vasi di metallo, mixati con strumenti elettronici ma anche con basi che vengono fuori da pc portatili e ci invita a meditare chiudendo gli occhi. Sono sicuro che Peppino, essendo dei quartieri spagnoli, ne chiuderebbe uno, tutt' al piu', abituato com'e' alla diffidenza perpetua, che penso sia l'unica religione in cui creda . Ma in effetti devo dire che la musica mi rilassa e , come ha detto nella piccola prolusione ante pezzo musicale, le vibrazioni che "rilascia" nell'etere vanno come a rilassare la mia muscolatura, tanto che sto quasi per addormentarmi. Ma non mi succede , come molti racconterebbero , di aver sognato mondi lontani , ne' di aver visto rettiliani o Ufo, mi sovviene che magari ho lasciato la mia macchina in zona rimozione. Un pensiero tutt'altro che spirituale. 
A questo punto c'e' un intervallo con un break e un po' tutti si avvicinano al tavolo per gustare i biscotti alla soia, i mandarini  e te' o caffe' lungo. Posso cosi vedere il popolo new age. Molte donne, alcune con un'espressione dolce e semiaddormentata ma senza alcuna traccia di una certa indolenza tendente alla lascivia sensuale. Chiacchierano allegramente con Franca e anche io ci chiacchiero, chiamandola signora. Lei mi schernisce bonariamente chiedendomi di darle del tu e di chiamarla Franca. Mi racconta un po' la sua storia, dice che e' un ex psicanalista e che ad un certo punto nel suo cammino ha incontrato Uriel. Ovviamente la mia domanda e', perche' a me non mi capita mai di incontrare entita' cristologiche mentre resto relegato ai miei cristi e madonne invocazionali per dileggio? Devi aprire il tuo cuore, dice Franca. Ed e' la prima risposta che mi colpisce della giornata. Perche' non e' quello che dice, ma come lo dice, che mi fa capire che l'intento della persona che lo dice e' buono.Ci rifocilliamo poi si riparte con il secondo intervento. Gli ospiti di rilievo sono seduti alla birmana su un grande tappeto e di fronte molti prendono appunti o filmano, anch'essi seduti sul tappeto. Dietro ci siamo noi che per eta' e complessioni alla birmana proprio non ci possiamo sedere. Lo"sciamano" racconta delle vibrazioni e di come esse incidano su persone o cose e cita gli studi di un giapponese che ha fotografato al microscopio le reazioni delle gocce d'acque e le forme che prendono all'ascolto di diverse musiche, dimodoche', dice, c'e' la prova che la vibrazione e' l'essenza primordiale da cui siamo composti e che noi stessi siamo una vibrazione e che delle vibrazioni non possiamo farne a meno. Io osservo alcune signore che siedono estaticamente davanti a lui e non posso fare a meno di pensare che fra le tante vibrazioni di cui alcuni non possono fare a meno ci potrebbero anche essere quelle dei vibratori. Mi vergogno un po' di aver pensato questo , deve essere la mia natura maschilista a suggerirmelo, oppure la sola assonanza della parola vibrazione che , essendo di per se', una vibrazione a sua volta, una vibrazione, diciamo, procugina delle vibrazioni di cui si parla, fa anch'essa parte dell'universo.O no? Anche perche' se all'universo ci togliamo le cazzate , ci restano solo le cose serie. Ma la situazione si aggrava quando lo sciamano dice , potremmo morire ora e sarebbe bellissimo, perche' andremmo a incontrarci con l'energia da cui proveniamo. Sono l'unico che fa il gesto apotropaico che la circostanza richiede portando le mani, tutt'e due , sul cavallo dei pantaloni. 
Il pezzo musicale che segue, con strumenti che gli sciamani usavano per produrre vari tipi di suoni, le cui vibrazioni servivano a guarire vari organi interni, ha un qualcosa di divino. Mi rilassa enormemente e mi fa immaginare di guardare attraverso l'acqua e il fondo di un bicchiere. Sono impressionato. Applauso finale e si passa al terzo ospite. Una bella signora bionda , una milf veramente affascinante che con eloquio spedito e sciolto ci parla delle sue conversazioni con Emmanuel, altra entita' cristologica. Anche lei parla dei maestri spirituali, fra i quali Gesu', Buddha, Ghandi [Maometto non e' citato] e di come avessero previsto l'avvento di una nuova era [pure lei]. Emmanuel, dice la signora che chiameremo convenzionalmente, Ada, ci invita pero' a prepararci all'avvento di quest'era di bonta' e beatitudine. Dobbiamo purificarci mondandoci dei peccati piu' comuni, dell'odio, dell'invidia, della violenza e della pigrizia. Ed e' a quel punto che mi viene fatto di pensare , ma fra queste persone, sia il "notabilato" degli ospiti che ci parlano che quanti li ascoltano e la chiesa cattolica, qual'e' la differenza? E qual'e' la differenza fra queste riunioni new age e una messa? La domanda che pongo a mezza voce a Giuly restera' inevasa. Perche' e tardi e dobbiamo togliere le tende. E cio' avviene proprio mentre lo"sciamano" attacca a parlare degli extraterrestri. E io decido che cosi tanta new age in un solo pomeriggio, puo' bastare.

sabato 23 gennaio 2016

L'uomo morto

Tutti i giorni da vent'anni a questa parte, mi alzo la mattina e vado a lavorare. Secondo Napolitano sono un privilegiato. Spesso lavoro di sabato e di domenica, quando la maggior parte degli appartenenti all'emisfero occidentale  e cristiano del mondo non lavorano. Ma non e' che la domenica vadano troppo a messa. Immagino che per Napolitano mi debba ugualmente ritenere un privilegiato. In una scala di valori assoluti, in un mondo dove 62 persone detengono la  ricchezza di meta' della popolazione mondiale, dovrei ritenermi tutt'altro che privilegiato. E anche in una scala di valori non assoluti, lavorare quando gli altri non lavorano non dovrebbe rappresentare un privilegio. Consideriamo ora che io, come milioni di italiani, di occidentali,  che lavorano per comprarsi e mantenersi la macchina che li porta al lavoro , probabilmente non riusciro'  a mettere da  parte una cifra che mi consentira' di sperare in una vecchiaia agiata e che probabilmente percepiro' una pensione che non bastera' neanche a pagarmi i farmaci, perdonatemi, ma meriterei un premio nobel al militante ignoto del mondo del lavoro,  se riesco comunque a trovare dei buoni motivi per alzarmi e andare a lavorare. Poiche' sono un creativo, uno di quei creativi artisti puri che producono arte a iosa in ogni ambito, scrittura, fotografia, video, teatro, senza avere la minima capacita' di tradurre tutto cio' in un prodotto di mercato, restando questa mia prerogativa una improcrastinabile esigenza vitale tale da influire beneficamente sula mia esistenza, cerco di economizzare i tempi. Per cui se la mattina non ho avuto abbastanza tempo per scrivere, mi porto con me una piccola videocamera con cui giro un video che va a formare una sorta di taccuino audiovisivo, mentre sono in macchina, cosi, parlando del piu' e del meno, di cio' che piu' mi prude, dando luogo ad un esperimento fra i piu' originali, nel momento in cui sfrecciando nel traffico di Corsico, diretto all'azienda di arredamenti dove lavoro, che convenzionalmente chiameremo Apnea, decine di automobilisti assistono allo spettacolo nello spettacolo di un tizio tutto matto che si riprende in macchina mentre guida e che solo lui sa come ce la fa a usare marce, dirigere volante, mettere frecce, ascoltare la radio e filmarsi mentre parla , che ne so, del perche' e del percome in Italia non nascano dei Robespierre ma ci perdiamo dietro a dei masanielli dalle parlate decurtisiane, alla Di Pietro e a dei rivoluzionari in babbucce rosa, tipo Vendola.
Una volta arrivato al lavoro lascio la giacca negli spogliatoi e mi immergo senza meno nell'area vendita. Un tempo progettavo e vendevo cucine. L'ho fatto per sette anni. Troppi. Progettare e vendere cucine in un'azienda di arredamenti standardizzati in un mondo pieno fitto di case dalle geometrie variabili nate dalla parcellizzazione di appartamenti diventati monolocali alla giapponese, ha per me la stessa capacita' di riuscita, a lungo termine, quanto quella di incularsi un passero. Ti porti il cliente  a casa, come una pubblicita' di Totti, che appariva in video con qualcuno in groppa. Stare due ore con dei clienti che non ti scegli, a lungo andare, non solo logora, ma fa venir fuori il Mein Kampf che alberga in tutti noi. E ti stampa sul display mentale la famigerata frase della mia collega Valeria che , amante degli animali, dice sempre:" dei bipedi bisogna diffidare".
Cosi mi sono fatto spostare verso la progettazione di armadi e vendita di letti e materassi. In tale modo la vendita e' piu' veloce, modello salumiere , per intenderci e con i clienti ti puoi permettere persino qualche battuta che stemperi la tensione e alleggerisca l'azione di vendita. Se solo mi fermassi un momento a riflettere sul fatto che il mio stipendio dipende da quanti armadi, letti e materassi riesco a vendere, contribuendo in tal modo a sovraccaricare il  pianeta di beni e servizi che ad un certo punto non saranno piu' assorbibili, dovrei piantare baracca e burattini e andarmene a vivere in campagna e coltivare l'orto. Ma se non lo faccio e' per un paio di motivi. Faccio questo lavoro da troppo tempo e coltivare l'orto , specie biologico, probabilmente comporta un investimento iniziale inestinguibile. Non c'e ' nulla da fare, non si riesce a sfuggire a questo sistema, il capitalismo ha vinto perche' persino i cinesi si sono messi ad arricchirsi e perche' non e' stato trovato un altro modello alternativo a quello di produrre beni e servizi in cambio della propria sopravvivenza , la maggior parte sul filo del rasoio dell'indigenza -non indigenza, dimodoche', parliamoci chiaro, la paura di varcare la linea della non indigenza ci tiene in vita come il ricatto degli elettrodi che danno la vita a Frankeinstein. 

Oggi e' una domenica qualsiasi e poiche' la maggior parte degli esseri umani italici di questo paese che si ricorda di essere cristiano tutte le volte che di domenica mentre guarda , che ne so, l'Inter, dice, cavolo neanche oggi sono riuscito ad andare a messa, non lavorano, il megastore dove lavoro e' pieno. Io di solito disegno con il computer gli armadi su richiesta dei clienti. E' un programma semplice, messo a disposizione dei clienti sul sito dell'azienda in internet. Nell'intento che facendo da se', i clienti, primo o poi si possano licenziare un bel po' di noi per abbattere i costi e fare piu' profitto. Ma non hanno fatto i conti con gli italiani. Fior di esperti di computer preferiscono farsi aiutare da noi, in megastore, perche' non hanno tempo , ma anche, udite udite, perche' sentono l'esigenza umana troppo umana di parlare con qualcuno, di vedere in faccia qualcuno che li consigli. E questo da' luogo a vere e proprie associazioni a delinquere di clienti che vogliono preventivi su preventivi, discutendone li davanti a te che cerchi di muovere le sagome degli armadi sul pc, fra marito e moglie, fidanzati, suoceri, generi, nuore e tutto il parentame non lavorante di domenica , accorso li e tirar fuori tutto il rosario dei propri problemi esistenziali che esplodono immantinente di fronte ad un armadio, che il piu' delle volte, non e' nemmeno loro proprio. 

Marito- Lina ha detto che vuole l'armadio da due metri
Suocera- ha detto con le ante scorrevoli
Suocero- ha detto con i cassetti.
E io nel mezzo della discussione. Intorno a me la folla dei clienti in attesa , fra i quali, a mitraglia, qualcuno, insinuandosi fra noi, scrocca qualche informazione. In sottofondo un chiasso di fronte al quale i clangori di un concerto garage punk sembrano armonia pura.
Marito- Lina voleva  le mazze dentro.
Bastoni appendiabiti? Correggo io.
Marito-si, si, quella roba li.
Suocero- ha detto che ne voleva solo un paio
Suocera- mi sembra abbia detto tre
Scusi, un informazione al volo, mi fa un cliente infilandosi nel gruppetto, mentre io siedo davanti al pc, con la sagoma dell'armadio che stenta a prendere una forma definitiva, dove trovo l'uomo morto? In pratica il servo muto. Ecco ce l'ha di fronte, vorrei dire, piu' avanti a destra dico in realta'.
Marito- Lina ha detto che voleva sei cassetti.
Suocera- io ho sentito che voleva le tavole? 
Mi sa che intende i ripiani...o le Tavole di Mose'? Ecco, finalmente sarebbe qualcosa di cristiano, di domenica!
Suocero-i cestelli, mettete i cestelli, Lina li voleva.
A quel punto , mentre sta per scoppiarmi un mal di testa al tritolo, li guardo tutti e tre quanti sono e dico- ok, signori, fino ad ora sono stato zitto e vi ho lasciati parlare , ma potrei permettermi, di grazia , di dire qualcosa anch'io?
Prego, dica pure, ci  mancherebbe, anzi siamo qui per farci consigliare da lei , dice il marito.
Ma chi cazzo e' questa Lina? E soprattutto , non poteva venire lei a farselo questo benedetto armadio?
Silenzio. Silenzio. Silenzio.
Suocero;" beh, c'ha ragione pure lei!".


Quando finalmente riesco ad andare in pausa, vado negli spogliatoi e tiro fuori dall'armadietto un libro che sto leggendo nelle pause. Si tratta di American Psycho, di Bret Easton Ellis. 
Mi siedo a tavolo e consumo velocemente un pasto dozzinale. In fretta e furia. Non vedo l'ora di andarmi a sdraiare in poltrona, in un'apposita zona relax , per leggere.
-Ieri sono andato al cinema, a vedere Checco Zalone. Mitico! Tutto il cinema rideva. Un collega di fronte. Non credo si riferisse al mondo del cinema. Che ci poteva stare.
 Finisco il pranzo, sgombero il vassoio e vado a sedermi. Davanti a me , seduti in poltrona ci sono dei colleghi che guardano sullo smartphone video demenziali. Io apro il mio libro all'altezza del segnalibro. Sono nel momento in cui Patrick Bateman spacca la testa con un ascia a Paul Owen. E io avverto, al termine della descrizione, una sensazione di pace catartica. E' come se Patrick Bateman avesse ucciso il mio fastidio. E senza alcuno spargimento di sangue.