martedì 6 dicembre 2016

Ecco come veniamo da lontano

Caro compagno Canepa, come vedi ho dato della tua lettera la parte essenziale, sia perchè pubblicarla per intero avrebbe richiesto troppo spazio, sia perchè all'inizio e alla conclusione tu hai voluto aggiungere espressioni rivolte e me personalmente. Ne sono gratissimo  a tua moglie e a te , ma preferisco non riportarle. Debbo invece spiegare ai lettori  la ragione per la quale accenni due volte al tuo proposito di "vendicare" tuo fratello. Egli era un partigiano (buon sangue non mente), miracolosamente sfuggito al famoso assedio con cui le SS avevano occupato nel 1944 la Benedicta , una località sui monti di Voltri(se non erro). Passato subito dopo ad operare nei Gap di Voltri, e arrestato dai tedeschi in occasione di un agguato tuo fratello fu incarcerato e infine, con due compagni, inviato a Dachau, da dove, povero ragazzo, non è più tornato. Di qua il tuo desiderio di "vendicarlo" e la tua decisione, a questo scopo, di iscriverti al Pci.
Eccoci giunti al punto della tua lettera che mi preme porre in rilievo. Siamo nel 1945 o nel 1946 e forse De Gasperi pensa ( e certamente già ne sono convinti in America) che i comunisti non sono democratici e che, un giorno o l'altro, come poi avverrà, bisognerà sbarcarli dal governo. Essi sono dei sovversivi assettati di sangue e dei barbari, che la democratica e cristiana civiltà occidentale, deve allontanare da sè. Ebbene proprio in quei giorni , un compagno, che ha il compito di insegnare a diventare un buon comunista, ti spiega che tu non devi nutrire sentimenti di vendetta nei confronti di nessuno, neppure nei confronti di chi , attraverso chi sa quali sevizie e patimenti, ti ha massacrato il fratello. I suoi assassini , quelli sì, fanno parte della civiltà occidentale, li ha benedetti il Papa, e ancora oggi, per bocca di quanti li esaltano ogni giorno, sono degni di essere onorati e riveriti. Ebbene tu sei un testimone vivo e vegeto : da chi ti sei sentito insegnare la prima volta in vita tua che bisogna rifiutare il sangue e la violenza e che bisogna cercare la pace nella giustizia e nella democrazia ? Chi ti ha avviato per primo verso la solidarietà, la fraternità e l'amore? Quando i comunisti dicono che vengono da lontano, non fanno una questione di date, fanno soprattutto una questione di sentimenti ne di ideali. Essi sanno che non sono stati i primi a nascere, ma sentono che sono stati sicuramente i primi a unirsi indissolubilmente a chi fatica e a chi soffre. Certo hanno camminato col mondo che cambia , ma le loro mani pulite sono quelle di allora e la loro fedeltà a chi lavora e a chi vuole un mondo pacifico e giusto non l'hanno mai rinnegata .
Lorsignori che oggi ci conoscono forse ancor meglio di quanto ci conosciamo noi  , amano dire spesso che siamo cambiati in meglio. Ma tu non ti fidare , compagno Canepa, Lorsignori, infatti, subito dopo aggiungono  che non siamo cambiati,che siamo sempre gli stessi. Questa contraddizione si spiega. Da un  lato essi hanno bisogno di affermare che la "loro" democrazia  ci ha almeno in parte convertiti, col suo potere di persuasione, e così siamo cambiati,abbiamo fatto passi "avanti". D'altra parte gli occorrono dei comunisti  dei quali non si smetta mai di diffidare , che facciano sempre paura, per seguitare a vincerci:dunque, in fondo, siamo sempre gli stessi. 
Quello che è che è vero, e tu me lo provi. Siamo sempre gli stessi, proprio così, e lorsignori, quando ci pensano crepano di rabbia. Con mio infinito piacere.(Ma questo, per l'amor del cielo, non lo dire, caro compagno Canepa, al tuo antico istruttore).

Fortebraccio, alias di Mario Melloni corsivista storico dell'Unità (anni '70,'80)...quando ancora era un giornale comunista, che dico, di sinistra.


Parliamo del Pci quando era il partito di Enrico Berlinguer. Ricordo ancora quando , a poco meno di 19 anni, con la sezione del Pci di Ostuni, andai ad assistere ai funerali di Berlinguer. Una folla sterminata aveva invaso Roma e i miei ricordi sono un po' frammischiati. Essendo un ragazzo molto curioso e intraprendente, là dove l'intraprendenza era strettamente legata alla curiosità, men che mai nelle vicende esistenziali e di incasellamento sociale della vita, mi muovevo in tutta quella folla di gente di popolo . Alcuni di essi erano militanti  e simpatizzanti del Pci, ma molti altri , paradossalmente i più commossi, erano gente comune. Gente per la quale fino al giorno prima i comunisti erano pericolosi agenti del Kgb infiltrati in Italia , pronti a sequestrare prime case e a rapir figliolanze . Queste scene mi restarono a lungo nella mia mente di giovane idealista... e ne ho ancora oggi ricordi indelebili. Ricordo che , nei pressi di Botteghe Oscure, la storica sede del Pci, dov'era la salma di Berlinguier e si faceva la fila per un ultimo saluto o un pugno alzato, ad una certa ora del pomeriggio, vidi un'autobianchi a 112 parcheggiarsi con calma. Dalla vettura, con una certa triste e caracollante tranquillità, vidi uscire niente meno che Giorgio Almirante, viso cereo, la giacca poggiata appesa sul braccio destro. Migliaia di persone che costituivano il budello di carne umana che si apriva davanti a Botteghe Oscure, nel silenzio più imbarazzante, un silenzio gravido persino di rispetto-rivedo la scena al rallenti, quasi, mentre la descrivo-osservarono Giorgio Almirante, il fascistissimo, l'uomo della Repubblica Sociale, colui che aveva combattuto i partigiani fino alla fine, l'uomo la cui firma compariva sui bandi di fucilazione dei partigiani dell'ultima guerra, camminare a passo lento  e avviarsi verso l'ingresso della sede del Pci. Ricordo che mi avvicinai per seguire meglio la scena. Il silenzio continuo' a lungo. Anche mentre Giorgio Almirante veniva accolto da Giancarlo Paietta, uno dei dirigenti considerato storicamente più ortodosso, duro, intransigente e , vieppiù, antifascista. Giancarlo Paietta gli stringe la mano. I due scambiano qualche convenevolo. Almirante sosta qualche minuto in rispettoso silenzio davanti alla salma di Enrico Berlinguer, storico avversario in innumerevoli tribune politiche. Fu un ossequio alla correttezza dell'uomo Berlinguer, più che al comunista Berlinguer, un uomo, pensai allora di percepire in quel gesto, che comunque la pensasse tutto si sarebbe potuto dire fuorchè che non fosse stato onesto, retto, corretto, coerente. Tutte doti che doveva avere un politico di razza. Poi , sempre in un silenzio gravido percheno di ammirazione, Giorgio Almirante ripasso' in mezzo alla folla di"comunisti" e nessuno di loro ebbe un moto di stizza, nessuno di loro gli urlo' contro insultandolo, nessuno di loro, nemmeno all'orecchio del compagno ebbe una parola malevola, nei confronti del segretario dell'Msi. Tante cose vidi quel giorno e come potete constatare, nonostante avessi 19 anni, mi sono rimaste scolpite in mente , incancellabili. Sono stato un ragazzo fortunato, ho potuto osservare all'opera i protagonisti della vita politica di quegli anni ed ho ascoltato molti comizi , specialmente di Enrico Berlinguer. Un uomo buono e soprattutto un politico la cui levatura culturale e umana, eredità di personaggi dallo spessore immenso come Gramsci , lo porto' a formulare una via originale al comunismo, potremmo dire italiana, che storicamente e giornalisticamente fu nota sotto la definizione di "Eurocomunismo", ma che fu qualcosa d'altro, di più grande. Fu come applicare il Buddhismo alla politica, la legge del karma che insegna a reprimere la violenza della vendetta in attesa che il naturale svolgimento degli eventi rivolga contro chi ha osato violare il patto con gli dei dei di ogni religione e con i numi tutelari di ogni spiritualità, quella stessa violenza o ancora e meglio, la neutralizzazione vitalizia della stessa. Fu come se Berlinguer ispirato da quel gigante del pensiero della sua stessa terra, Antonio Gramsci, un Buddha laico, un illuminato, avesse dentro di se' percepito, che sentimenti di vendetta o la rabbia, le cosiddette passioni oscuranti , come le definisce il Buddhismo zen, servono solo a privare di energie chi le prova. Energie che potrebbero essere dirette altro, in modo più proficuo e positivo per se stessi e per gli altri. 


Sono di questi giorni gli echi delle polemiche seguite al recente referendum a favore della riforma di alcuni articoli della Costituzione, bocciato, per altro , dalla maggioranza degli elettori. Com'è noto ai più il partito di Renzi, denominato Pd, aveva spinto ossessivamente per vincere la competizione referendaria, presentando agli elettori il quesito referendario(parecchio criticato da fior di costituzionalisti) come il primo momento di un'ampia sequela di riforme che , a giudizio dello stesso Renzi, avrebbe dovuto cambiare il paese. Pur senza entrare nel merito di questi quesiti e della loro bocciatura netta nel risultato finale, cio' che mi ha colpito è l'arroganza e la spocchia smargiassa dei dirigenti di questo partito (che dovrebbe essere l'erede del Pci di Berlinguer) nel non accettare il responso delle urne. Fino a definire gli elettori che hanno bocciato i quesiti referendari, "un accozzzaglia pseudoestremista". Che mi verrebbe da sorridere se penso che fra i promotori del No al referendum c'erano persone di provato equilibrio istituzionale e culturale, uomini come Stefano Rodotà ( in lizza persino per diventare presidente della Repubblica) e Gustavo Zagrebelsky, eminente giurista ed ex giudice costituzionale. Ma invece provo tristezza nell'assistere a queste  squallide esibizioni verbali , che magari perchè espresse in forma appena dotta, dovrebbero risultare meno offensive.

In definitiva questo capitolo l'ho scritto per dire che io mi sento ancora un uomo di sinistra e che il mio essere di sinistra viene da questa eredità. E non mi importa se molti cercheranno di rinchiudere in un dimenticatoio la storia di questa eredità culturale o se cercheranno di infangarla -masnada di teleurlatori da talk show televisivo-argomentando, mi si perdoni la nuances verbale inopportuna, con le solite storielle dei pogrom staliniani e delle purghe di comunismi che di comunismo avevano appena le falci e martello sulle spillette agli occhielli di cappotti neri da gerarchi comunque. Io vengo da quell'eredità, che è una cosa buona e cerchero' di serbarla sempre nel mio cuore, anche e soprattutto tutte le volte che la canea degli insultatori mi e ci assalirà. Perchè Fortebraccio e Berlinguer vengono da più lontano di questi pappagallini urlatori. Le cose che hanno detto loro vengono dalla notte dei tempi. Persino da prima di Buddha. E voi mi insegnate che se si resiste al tempo senza scomparire, allora si merita l'immortalità.

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