martedì 5 settembre 2017

L'estate del 2017, parte uno

L'estate del 2017 per me si è concretata in uno spazio di due settimane, la prima quindicina di agosto, trascorse in quel di Ostuni, mio luogo natio, di radici e affetti.


Ero partito con l'invocazione telefonica a mia madre, prima di partire, di fare le polpette, genius loci gastronomico pugliese per antonomasia e , in definitiva, pietanza che caratterizza chi le prepara. Non troverete una sola nonna o mamma o figlia o chef che le faccia uguali alle altre. Ognuno ci mette qualcosa di suo. In definitiva fare le polpette è come fare l'amore, non troverete uno che lo faccia uguale a qualcun altro. E puoi persino fare cilecca...succede quando si bruciano le polpette.


Ho viaggiato con l'autobus della Marino , come di consueto. Pioveva, il che era abbastanza raro  e , che dico, da ricordare, in un'estate-questa cosa sì,  è stata particolare- fra le più calde che io ricordi. Temperature tropicali e umidità marziane. Attraverso il diluvio sull'autobus bipiano colmo di bipedi, verso poco dopo Lodi, città a me nota per aver dato  il nome ad un piazzale e ad un corso di Milano. E questo senza che s'offenda nessuno, non m'è ancora scappato di andarci.


In autobus si dorme poco, e le lucine da lettura non le usa nessuno, nel timore di disturbare gli altri...ehm, gli smartphones degli altri...tutti a guardare tv e film sfruttando la connessione wi-fi gratuita fornita dalla Marino Viaggi. Mi rassegno e cerco di rilassarmi, mettendomi in posizione yogica del loto. Mi osservano in modo un po' strano, più che altro perché riesco ad incrociare le gambe nonostante la mia complessione da plantigrado.
Poco dopo spiove e tutti si tranquillizzano , anche perché sotto quell'acquazzone l'autobus non aveva minimamente accennato a diminuire la propria andatura. E tutti si erano per un po' tenuti ai sedili simili a molti passeggeri durante decollo o partenza di un aereo.


Le soste notturne sono sempre benvenute. In un quarto d'ora si cerca di sgranchirsi e di sgranocchiare qualcosa. E si finisce sempre per svuotarsi il portafoglio con alimenti inutili e calorici e costosi, prerogativa questa di tutti gli autogrill. Dove puntualmente ci si ferma. E poi , dato il periodo, fine luglio inizi di agosto, persino per andare in bagno c'è la fila come al botteghino di uno stabilimento balneare ligure-riminese.


Chi sa perché ma, delle soste con la Marino, mi ricordo sempre quelle nei pressi di Termoli. Lì, verso le 4 di mattina, il bar è affollato dagli amanti dei cornetti ammazzanotte. Ragazzi dagli accenti alla Di Pietro chiacchierano e fumano, mentre consumano i cornetti dell'autogrill i cui impiegati servono con i sorrisi a mezz'asta dettati dal sacrificio di dover lavorare mentre gli altri gozzovigliano. Sono uniche , le ragazze molisane, piuttosto in carne , alcune , parecchio bianche di carnagione , le smilze.
I libri che vendono agli autogrill mi fanno gioire di non essere uno scrittore di successo. Sono destinati alla lettura estemporanea dei primi capitoli, fra una capatina su facebook e l'altra, dello smartphone di chi se li è comprati sull'impulso del momento. Io di tutti una volta mi sono comprato quello sulle virtù dell'Aloe di Padre Romano Zago, un frate italiano che vivendo in Brasile s'è inventata una sorta di panacea di tutti mali a base di Aloe vera. Non so, magari funziona molto meglio di certi farmaci iperpubblicizzati.


L'alba di solito non la vedo mai, è il mio momento di dormire della grossa. Non lo so, è stato sempre così, quando viaggio in autobus o in treno.
Ma alle prime luci del sole, dopo aver lasciato qualcuno a Monopoli e poi a Fasano, sulla sinistra, scorgo il Parco Regionale delle Dune Costiere. E sullo sfondo il mare della costa ostunese, dai colori cangianti, mixati dal filtro di quelle ciglia di cime di macchia mediterranea penetrate dal primo sole che spunta dietro le murge dal lato opposto della strada.




Alla stazione Erg di Rosa Marina, vengo scaricato. Mentre aspetto che venga a prendermi in auto mio fratello, detto il maresciallo, perché, punto, è questo che fa, il maresciallo dei Carabinieri, entro nel bar, abbandonando i bagagli incustoditi sul piazzale antistante. Nel bar c'è odore di cornetti e caffè e sul banco a destra, di fronte al banco del bar, ci sono i giornali. Voglia di comprarmi "Il quotidiano" per leggermi le ultime sulla campagna acquisti del Lecce. La squadra per cui tutti noi in famiglia tifiamo e che dopo i fasti delle massime serie calcistiche si dibatte nelle secche della Lega Pro, la vecchia serie C, finita lì per vicende legate al calcio scommesse. Ma l'estate è leggerezza. Non importa se anche nel calcio è tutto un trucco, partite truccate, promozioni annunciate, arbitri venduti, dirigenti scorretti...quintessenze del malcostume italico di sempre dove ci si ritiene imprenditori edili là dove si è palazzinari e manager dove invece si è apprendisti stregoni appena usciti da una soap opera sudamericana.


Mio fratello arriva poco dopo e si trova già comprati Il quotidiano e la Gazzetta dello Sport, che di leggerezza abbiamo da fare il pieno. Sperando di non tracimare nell'aria fritta, dopo cotanto Renzismo e Grillismo. Apolide di sinistra, mi sento, secondo una ben nota definizione che mio padre ha dato a se stesso, riguardo a posizionamento politico. Chapeau, il Boss non ne sbaglia una, di definizioni, da incidere nel marmo.


-Ciao, Professò, mi chiama così affettuosamente, un po' alla prendiperculo (ma bonario) , mio fratello, per via di certe mie prerogative intellettualoidi, come questa pretesa di scrivere libri, come stai? , completa.
-Sono stato meglio, ma anche peggio, direi che sto democristianamente bene...
Saliamo in macchina e arriviamo sulla strada 379 fino allo svincolo per Ostuni(a destra si va a Villanova Mare). Saliamo verso la città bianca, su questo serpentone, questa anaconda di asfalto squamoso (ormai nemmeno elettorale), in mezzo agli ulivi secolari che con i loro tronchi sembrano discutere fra loro e commentare il nuovo arrivo "milanese"...mentre con il Brother si chiacchiera del più e del meno, di salute, di sport, con immancabile critica estetica alla mia ormai cronica pancetta(che essendo stato io un atleta in molti  non sono più abituati e vedere).


Una volta superata Ostuni, che con quel presepe palestinese di case bianche affastellate le une sulle altre trasmette sempre una sensazione nostalgica di bellezza senza tempo, ci avviamo sulla strada per Cisternino, dove  i miei vecchi villeggiano d'estate, in una dimora avita, annegata nell'ombra di pini che hanno più o meno la mia età....visto che sono stato io a piantarli (ricevuti in regalo dal buon Peppe P. che aveva il papà, buonanima, forestale).




L'arrivo è sempre bello, da figliol prodigo, accolto sempre dall'abbraccio dei "vecchi". Bisogna avere rispetto per chi ti  ha dato i natali, nutrito e pasciuto, e magari non sei venuto come speravano, ma questa è la storia di sempre di ogni tempo e luogo e una madre e un padre ti ameranno comunque. Ma le eccezioni non mancano e io sono fortunato (vedi il film Gran Torino).


Faccio colazione, tutti ossessivamente attenti alla mia dieta(ma ha senso in vacanza?). Colazione leggera con fette biscottate e marmellata d'arance fatta da mammà. Una squisitezza.


Poi si va a mare...


Al Pilone, ma dall'interno del villaggio. Lasciamo la macchina fuori in un parcheggio e percorriamo una delle arterie che tagliando il villaggio di villette a schiera che dà sul mare...


Andando in spiaggia incontriamo vecchi amici e le solite storie del perché non porti con te la fidanzata...e le solite risposte del perché è così che ci piace vivere, non convivendo, vedendosi due tre volte alla settimana ognuno con i propri spazi, forse, e dico forse, magari dura di più...
le convezioni sociali sono una stratificazione e anche chi pensa di esserne immune ne è intriso sino al collo, ma tant'è...


Spiaggia di sabbia, e siamo io , il Brother , sua moglie, avvenente sicula mediterranea e mia nipote Ludmilla, che non perde occasione per conteggiare le multe di cinque euro ad ogni parolaccia detta da me: sono appena arrivato e siamo a 340 euro...Minchia! Ah, scusate, 345.


Il mare è spettacolare e io mi immergo nell'acqua per il mio primo bagno di stagione. Nuoto fino alle boe e una volta lì, mi aggancio a una e faccio qualche esercizio di apnea...dal che mi accorgo che devo riprendere yoga, che ho i polmoni rinsecchiti e che resisto solo pochi secondi. Ora c'ho poco più di 50 anni non dico che devo resistere come un pescatore di perle o un tricheco sino a modificarmi geneticamente, ne diventare in pochi minuti uno yogin capace di entrare in catalessi per giorni e giorni. Ma si può fare di più...Ed è uno dei miei buoni propositi: esercizi di apnea tutti i giorni in cui si va a mare...


Mentre esco dall'acqua vecchi amici mi salutano , mi stringono la mano e ricordano gli antichi trascorsi calcistici, quando ero magro come un fuscello( aridaie!). Una volta la pancia era simbolo di benessere e abbondanza, oggi con le nuove tendenze salutiste è sinonimo di cattive condizioni generali e tutti si consolano che il passare del tempo non ti sta risparmiando, mentre loro giocano ancora al pallone (beati loro). E infatti c'è Tonino I .che mi saluta con affetto e restiamo per un po' all'acqua bassa , con il mio Brother che della mia generation non ne sa molto, ad ascoltare incuriosito....


In piedi nell'acqua bassa di poco oltre il bagnasciuga, Tonino sta in piedi ben piantato con i suoi quasi due metri di statura, la pelata ben rasata, gli occhiali da sole e un cappello alla Carlo Verdone marito pignolo di MAGDA  in partenza per le vacanze estive.
Davanti a lui, di schiena al sole e alle ville del villaggio Pilone, ennesima spianata di cemento sparsa a pochi metri dal mare e come sempre impattante sul piano ambientale-ma sono rimasto uno dei pochi a indignarmi, l'indignazione continua alla fine diventa silenzio per orecchie acufeniche-a braccia conserte io  mio fratello lo ascoltiamo. E sì perché Tonino come molti salentini delle generazioni nate negli anni sessanta, ha un certo gusto per la narrazione orale .E per la teatralizzazione della stessa , con mimiche facciali e corporee, d'accompagnamento, che meriterebbero di essere filmate e incluse in un dvd sul "Teatro naturale dei meridionali".
-Con tuo fratello, Fabrì, dice rivolto al maresciallo, abbiamo giocato al pallone in un epoca in cui le panche degli spogliatoi  erano intrisi di un forte odore di olio canforato, recita con quel suo tipico accento ostunese unico al mondo, inconfondibile, come quasi tutti i dialetti salentini molto tipici e caratteristici , tutti diversi gli uni dagli altri, come ebbe modo di constatare con meraviglia il glottologo tedesco Gehrald Rohlfs nella stesura di quell'opera straordinaria nota come "Vocabolario dei dialetti salentini".
-Quell'anno giocammo un campionato allievi regionali. Si giocava su campi in terra battuta o coperti di sansa, la sostanza di risulta degli oleifici...oppure, come nel caso del campo del Torchiarolo, su campi pieni di camomilla, riprende a dire restando in quella posizione da anziano che si è appena alzato dalla sua sedia di corda , interrompendo la sua siesta per spiegare o raccontare uno stralcio di vita vissuta, un tassello del puzzle di una storia fra le storie che alla fine compongono il grande affresco della STORIA,  a lettere maiuscole.
-Ricordo una storica partita con gli allievi del Lecce, fu memorabile, fa...
Mio fratello ascolta assorto e interessato, parliamo di una generazione a lui antecedente, che ha avuto nel calcio la sua formazione guerriera finalizzata ad affrontare la vita. I cinesi hanno il Kung Fu, gli indiani lo Yoga, i thailandesi il Muay Thai, noi abbiamo avuto il calcio...ma non un calcio patinato da copertina traslucida bisettimanale, un calcio rustico, campestre, rupestre, un calcio fatto di spogliatoi senza cuscini e tè caldo, un calcio fatto di docce fredde, un calcio fatto di vegetallumina e olio canforato, di pacche sulla spalla e persino di sigarette fumate nell'intervallo, fra un tempo e l'altro, si stesse vincendo o meno, poco importava.
-Giocammo su un campo in erba...per la prima volta nella nostra vita, fa, e digrigna i denti sorridendo ironico con quella sua espressione sardonica, sogghignante, il capo ondeggiante ad accompagnare enfaticamente le parole del racconto....
-E chi aveva giocato, mai, fino ad allora, su un campo in erba? Era la prima volta, ma non slo per me, per tutti noi. Ricordo che l'allenatore era il mitico "Fagiolino", indimenticabile, direi...me lo ricordo persino come giocatore, bassino, giocava dietro in difesa e aveva un bel calcio, un bel piede...beh, insomma, a farla breve(premessa inutile e beffarda in un racconto che si preannuncia torrenziale-altro che Paolini, lui è solo uno che ha capito che il racconto orale narrato è teatro), iniziamo a giocare e la partita è equilibrata. Il campo è a Surbo, lì nei pressi di Lecce. Ricordo che iniziò a piovere e , già il campo era in erba, poi con la pioggia , bagnandosi, ci invitò a nozze circa gli interventi in scivolata...mai potuti fare sui campi in terra o sansa. Fatto sta che li mettiamo sotto, gli impediamo di giocare come vogliono. Premetto(l'ennesima delle infinite premesse e parentesi e rivoli del torrente in piena della narrazione principale)che nel Lecce giocavano giocatori che poi hanno calcato palcoscenici della serie A e uno di loro , un certo Progna, non so se ve lo ricordate(dice rivolto a me e mio fratello), ha poi giocato anche in nazionale.
Io e mio fratello accenniamo al fatto che lo conosciamo, ma ci tacciamo subito per non rompere l'incanto narrativo. Narrare i ricordi è un po' come riviverli, ritornare giovani, ritornare su quel campo, fare un viaggio castanediano in un altra dimensione, che così deve sembrare ritornare a vivere i ricordi , viverli di nuovo con qualche aggiustatina d'immaginazione qua e là per riempire i buchi neri durante il ripetersi dell'azione narrativa.
-Insomma questo Progna era inarrestabile, due cosce che sembravano due prosciutti San Daniele, portava avanti la palla saltandoci come birilli...anche se noi reggevamo bene, Ciccio Zoccoletta fece un partitone, tanto che poi dopo la partita il presidente del Casarano fece un offerta di non so quanto, e all'epoca era molto, ma mo' non mi ricordo quanto...comunque fece un partitone, colpi di testa in tuffo, entrate in tackle, un partitone, fece...Fagiolino dalla panchina mi fece capire che questo Progna andava in qualche modo ridimensionato, così alla prima occasione che si presentò, come ben ricordi, Nico, io ero un centrocampista interditore, l'ho affrontato e l'ho atterrato. L'arbitro mi redarguì pesantemente, ma la cosa finì lì. Poi c'erano anche altri giocatori forti che giocavano già in serie B con il Lecce, anche se in panchina; ma in questi casi, si sa, lo stare a contatto con campioni che vivono tensioni e pressioni enormi  , fortifica ...Fra di loro c'era un certo Tusino , un attaccante. Ma Ciccio Zoccoletta gli mise la museruola. Non gli fece prendere un pallone.
Il tempo passa, sotto il sole, noi con i piedi e metà polpacci nell'acqua, ma la storia si fa avvincente...
-Ma Progna continuava a fare il bello e cattivo tempo, era inarrestabile. Comunque quasi alla fine del primo tempo stavamo zero a zero. Beh, dissi, qua devo fare qualcosa se no questo ci farà un gol o lo farà fare a qualcuno dei suoi. Ad un certo punto su una palla vagante a centro campo, eravamo tutti e due in ritardo, io e Progna, e  che cazzo , c'era l'erba, l'erba bagnata, mi lanciai in scivolata per prendere il pallone, ma lui ce la fece ad arrivare prima- per forza, con quei prosciutti di gambe-mi anticipò. Ma io a quel punto mi ero già lanciato in tackle ed entrai con i tacchetti sul suo ginocchio, nel quale gli si aprì un taglio evidente che sanguinò immediatamente. L'arbitro mi si avvicinò e disse, questa è una partita di pallone non una guerra. Tirò fuori il cartellino rosso e mi espulse. Ma la cosa che ricordo con grande piacere di tutta questa faccenda fu che Progna non accennò minimamente a lamentarsi, persino mentre era lì a bordo campo mentre gli mettevano i punti alla ferita al ginocchio, non disse niente. E quando mi andai a scusare mi dette la mano con un calore inaspettato. Non lo dimenticherò mai. Questo è professionismo. Era già un professionista e ragionava da professionista. Ma neanche da professionista italiano, sembrava quasi inglese, di mentalità inglese...
-Sarà stato di mentalità inglese ma non dubito che la sera stessa si sarà fatto un piatto di orecchiette al sugo e ricotta forte con un bel bicchiere di Primitivo rosso di rinforzo, dico.
Mio fratello sorride e anche Tonino, che ondeggia ancora sulle sue gambe ben piantate da mediano interditore. Si lamenta che non può più giocare, i maledetti menischi, le maledette ginocchia , sta meditando di fare qualche altra attività. Ma nell'attesa non fa niente. Sta fermo. Medita sui suoi ricordi e non riesce ad accettare che non potrà più giocare nemmeno con gli amici sui campetti di periferia della Città Bianca.
-Ti consiglio la bicicletta, o il nuoto, dico, sono due cose che fanno molto bene a chi ha problemi alle ginocchia.
-Lo so, fa lui, ci sto pensando...ma io sono uno che proprio il pallone ce l'ho sempre avuto nel sangue e mi ci vuole un po' di tempo per accettare di abbandonarlo, come un vecchio amore, una nave scuola, da cui torni tutte le volte in cui qualcosa è andato storto. Ed è come averla persa per sempre, quella nave scuola....