martedì 12 dicembre 2017

L'estate del 2017, parte tre

Una sera con Antonietta Turchese decidiamo di andare al Giuggià. E' un locale incastonato nelle campagne fra Ostuni e Martina Franca. Antonietta mi dà appuntamento a viale Pola, storico corso dei negozi della Città Bianca, da sempre, al Bar Kennedy, antico Bar che di gestione in gestione ha sempre conservato un ottimo profilo umano e professionale. Antonietta Turchese fa la fisioterapista all'Ospedale , una bella donna, ben messa, milf d'antan con belle forme nei punti giusti, capelli a caschetto, appariscente quanto schiva e riservata, quanto a corteggiamenti ricevuti e respinti recisamente. Vive per il figlio, che studia a Bari. E' single. E' stata sposata con un calciatore. Una volta mi ha raccontato che quando vivevano insieme lui le dedicava tutti gol che segnava (era un attaccante) e le lanciava i fiori in tribuna. Poi è successo quello che succede a tutti gli uomini che si sentono eroi greci solo perché un mucchio di decerebrati li acclamano tutte le domeniche come divi. E a tutti gli uomini che pensano che avere un pene ne comporti un uso più allargato del dovuto. Ma Antonietta Turchese non era tipa da lasciargliela passare liscia. E così eccola qui, ragazza madre, superimpegnata sul lavoro, che vive per il figlio e per la bellezza che può concederle la vita. Perché la vita è bella, dice lei e in attesa di un nuovo amore non c'è bisogno di far palestra fra le lenzuola. Non ha molto senso. Secondo lei. Secondo me invece sì. E questo è motivo di polemica fra noi. Senza che c sia un interesse personale. Io so essere amico di una donna. Anzi , una vera amicizia con una donna non implica il sesso, mai.
Ogni cosa è motivo di polemica fra noi, per altro siamo amici ma discutiamo molto.
E i nostri incontri sono per la maggior parte letali per lei. In un ceto senso. Una volta dopo che avevamo mangiato una pizza in un posto in periferia ad Ostuni, mentre ci allontanavamo dal posto è inciampata ed è caduta di faccia in terra. Rompendosi numerosi denti. E' rimasta seduta al tavolo aspettando che io finissi la mia pizza come se niente fosse. Che si fosse rotta i denti l'ho saputo tempo dopo. Poi un'altra cosa. Quando usciamo insieme a mangiare o in un bar o pub o quant'altro, lei chiede sempre qualcosa che non hanno. O il Ginseng al Guaranà o tisane allo zenzero. Lei è un'igienista alimentare e consuma un mucchio di centrifugati...quando fa finta di fare delle diete. Per il resto cucina divinamente per sé e per il figlio. Odia gli "all you can eat", fuma sigarette sottili pensando che faccia meno male e a parte tutte queste cose è una persona in gamba. I suoi amici li sceglie fra i suoi ex pazienti e non bada alla loro estrazione sociale, politica o criminale...perché li conosce tutti in una fase di evidente e coatta fragilità. E quando guariscono si dimentica di questo aspetto. Comunque sono sottigliezze ironiche , queste mie, che per uno che non deve vivere in una provincia meridionale possono sembrare deprecabili, ma che per chi sa di cosa sto parlando sono in effetti piuttosto normali.
Insomma ci incontriamo davanti al Bar Kennedy con un gruppo di altri amici con cui siamo diretti al Giuggià. Mentre si siede in macchina, al termine della sfumacchiata rituale alla sua sigarettina sottile, sotto quel caschetto di capelli neri mediterranei, con quel suo sorriso intenso ma anche amarognolo, che tanto fa impazzire i begli uomini di mezz'età (ma non solo) e le labbra carnose prominenti da matrona greca o turca o perchenò romana nel senso dell'antico impero, mi sta relazionando sui nostri compagni di viaggio: Franco Aladino ha avuto un incidente stradale e soffre di una zoppia perenne, sua moglie, Angela, ha avuto due volte un tumore al seno...amano divertirsi. Se ne fregano di tutto, ormai. Escono quasi tutte le sere e vanno a ballare, scherzano, ridono, bevono e ballano. La vita è breve e loro ne sono testimonianza, niente piangersi addosso, è tutto tempo perso.
Ma non lo fa con malizia pettegola, ma quasi portandoli come esempio. Come se provasse una certa ammirazione per il loro lasciarsi andare, forse perché magari vorrebbe farlo anche lei, se non si sentisse iperesponsabilizzata per suo figlio.
Scherzo con lei, la sfotto, perché suo figlio ha conosciuto una studentessa Turca e lei è preoccupata. Io dico perché è turca, fate tanto le progressiste, voi mamme, dico, poi basta che vostro figlio bazzichi una ragazza straniera e vi allarmate...che ne puoi sapere, magari è figlia di un petroliere.
 Lei si arrabbia. Dice che non è per questo, è che deve stare attento. Perché, dico, lo farà arruolare nell'Isis? Si arrabbia ancora di più. Lo capisce, credo , che la sto sfottendo, che scherzo , ma è più forte di lei, lei è il giubbotto antiproiettili del figlio, la sua corazza da samurai.
Ah, ho capito, faccio, incorreggibile. Hai paura che tuo figlio così giovane se ne vada dall'Italia. Ma sai, è un destino generazionale, ormai. Io me ne sono andato dalla Puglia a Milano, oggi non basta più. Milano è la Puglia d'Europa, quanto a possibilità attuali. Lei mi guarda male. E' un gioco che facciamo, credo. Lei finge di prendermi sul serio e io fingo di dire le cose sul serio.
Intanto siamo sulla strada per Martina Franca, nel buio serale estivo e intorno ulivi, case bianche, vigneti, muri a secco ma anche ormai  ville senza nessuno criterio di stile contestuale.
Arrivati a destinazione entriamo in un tratturo per la verità asfaltato e ci infiliamo in un parcheggio in terra battuta che si apre in mezzo agli ulivi. Facciamo un po' di anticamera all'ingresso di questo fortino con piscina, piante mediterranee e palco per spettacoli davanti a uno spiazzo/pista da ballo e poi finalmente entriamo. Ci sediamo sotto un ampio ombrellone molto stile Ikea , in circolo, su delle sedie in vimini, in attesa che sui nostri vitrei tavolini atterrino paracadutati da camerieri rigorosamente abbronzati di stagione un bel po' di cocktails muniti di ombrellini multicolori. Intanto le sedie intorno si popolano di altra gente, uomini e donne di mezz'età, mezzi sposati, accoppiati, assemblati sulla base delle convenzioni sociali della provincia, attenti con il bilancino a soppesare ruoli, funzioni e stipendi, timorosi di tracimare nel trash , dovesse una parrucchiera sottobracciarsi ad uno stimato avvocato professionista o , semmai, una farmacista, ad un malcapitato bidello (superdotato ma sfoggiante la dote solo in privato), per non eccitare l'aerobica irrefrenabile delle lingue terrificanti di zitelle ragnateliche o coppie benassortite (secondo loro), fa niente se di donne signore casalinghe nullafacenti mantenute da benestanti mariti (epperò cornatenenti e contente)...
Il proprietario del luogo, uno spilungone con i capelli lunghi e lievente aeroportizzato sul cocuzzolo cranico, si aggira leggiadro fra i tavoli, salutando con convenevoli tutti gli intervenuti astanti, che ostentano spumanti e champagnini, fumando , alcuni, specie le donne ( cui i medici hanno detto di indulgere tanto non devono badare all'erezione-la loro-)...E al centro il tavolo del boss locale, del ricco del paesotto, dell'industrialotto del luogo che osserva godurioso e plaudente il risultato della rivoluzione copernicana del maschio alfa che si impone non più per la forza fisica, ma per il pelo sullo stomaco quando si tratta di licenziar operai o trattar con sottoposti. Goffredo Dabbene, con i bargigli sottogolari da urogallo di paese, si pavoneggia sorseggiando il suo champagnino e beandosi dell'essere il Re della foresta dei cervelli pietrificati...sicuro del proprio potere economico studia la situazione sotto gli occhi di una anziana e annoiata moglie robusta abituata a simili spettacoli da tempo; Goffredo Dabbene studia le bellezze locali e sta già pensando a come e quando invitarle nella sua dependance segreta che tutti conoscono ma fanno finta di non conoscere ( e  lui lo sa). E naturalmente tutto ciò fa di lui un "dritto", uno che ce l'ha fatta, e per di più senza le phisique du role, tantopiùabile quindi. Lungi da chiunque l'idea che essere intelligenti, colti, brillanti , con un gran senso dell'umorismo conti qualcosa. E' perfettamente accettato, nella provincia italica meridionale, che i soldi comprano tutto. E qualcuno ancora si chiede perché dei giovani che hanno avuto la malauguranza di studiare e capirne qualcosa in più dei loro rassegnati padri, ad un certo punto, levano le tende? Questa è la mafia: la mafia è una mentalità...
Ho detto un mucchio di volte queste cose ad Antonietta Turchese. Lei sa che ho ragione ma non può darmi ragione. Perché darmi ragione significherebbe sconfessare il fatto che , vivendo in altitalia, ad un certo punto, se ne sia tornata all'ovile.
E mentre il proprietario del Giuggià, tale Pietro Mangusto, annuncia l'evento della serata, il concertone di Fernando , che ha cantato con Vicente Amigo (ma che molti intorno giurano abbia cantato appena  con il cantante folk locale Vincenzo D'Amico), un sacco di gente comincia a scatenarsi in pista. Bella la musica latina, le matrone mediterranee ancheggianti, sorridenti, protesiche, bacini ampi, seni contenuti a stento da reggiseni rinforzati da impalcature di rigattieri cinesi  in una sarabanda di esibizioni individuali che , diventando collettive, diventano nessuna esibizione (chi non lo capisce si faccia curare), mentre dai tavoli occhi di donne che si accompagnano a uomini di comodo cercano di capire se rubare sguardi con i lampi dei loro sottecchi, come di pesci slamati controsole alla controra pomeridiana nell'adriatico d'agosto, sia appagante quanto svuotare la credit card dell'uomo pagante del momento-per una donna lo sguardo può valere un assegno di rassicurazione-
Anch'io ballo e osservo tutta questa umanità, e io con loro, io in mezzo a loro, non sono diverso da loro, né loro diversi da me, non li detesto, non li amo, sono stereotipi, eppure ognuno capace di pensieri di un'originalità imprevedibile...se solo riuscissi a carpire il flusso dei loro pensieri, così diversi, ne sono sicuro, così non propriamente banali, se solo riuscissi a fotografare le pagine dei loro libri interiori, mentre interpretano i loro ruoli sociali, come richiede il costume locale, che , alla fine, riesce a farti diventare un banale stereotipo, anche se sei unico e irripetibile....