martedì 11 settembre 2018

L'estate del 2018, parte 4

Mancano un paio di giorni al ritorno al lavoro, al ritorno in Lombardia. Il Brother , mia nipote e mia cognata sono già rientrati in Emilia, dove risiedono. Quindi mi godo gli ultimi istanti della mia vacanza marina. Ho scelto una stupenda insenatura dietro la torre saracena di Torre Pozzella, tratto di mare fortunatamente non "asfaltato" da insulse spianate di villette a schiera di villaggi turistici( i cui pozzi neri finiscono nello stesso mare nel quale poi i residenti si bagnano), che è posizionato , sulla costa adriatica, tra Ostuni e Carovigno. Un fitto reticolo di strade sterrate, a cui si accede dalla 379, storica litoranea che da Bari va fino a Lecce, si insinua in mezzo alla macchia mediterranea di lentischi, timo, rosmarino , ginestra ed altro, finchè non si arriva al mare. Tutto questo tratto di costa è fiordizzato da insenature accessibili da scogli o spiagge sabbiose, a seconda dei gusti dei bagnanti. La mia insenatura non ha spiaggia, si apre come una piscina ellissoidale, alle spalle della torre saracena, così denominata in riferimento al fatto che doveva servire per avvistare di lontano navi di incursori saraceni, pronti a sbarcare per portare razzie e , verosimilmente, nuovi nascituri arabi, le cui anatomie sono a tutt'oggi ben visibili nella popolazione locale.
Siamo a cavallo fra la fine di luglio e l'inizio di agosto e quindi il luogo è particolarmente affollato, perché sono già giunti quelli del secondo turno di ferie, che poi sono i più numerosi, perché, internet generation o meno, resta agosto il mese in cui "la fabbriche" o gli uffici, chiudono. La conca è affollata di famigliole, venete, lombarde e piemontesi. Ma di queste i veneti solo sono autoctoni della propria regione (che tanto amano disprezzando le regioni altrui tanto che vengono a sciacquarsi gli zebedei nei nostri mari pugliesi), gli altri sono emigrati di queste parti o figli di emigrati delle nostre parti. Ed è divertente e drammatico  osservare come si tuffino e come nuotano questi ultimi (quasi i veneti si disimpegnano acquaticamente meglio, magari hanno imparato in piscina), avendo del tutto perso i caratteri originari dell'acquaticità naturale di chi in questi luoghi vi è nato e li frequenta. Gli stili di nuoto semilibero , con la testa fuori dall'acqua e le braccia a strisciare sull'acqua facendo il doppio della fatica, i tuffi di testa con le gambe che si ripiegano su se stesse come i grilli del campo qui nei pressi, i dialoghi con accenti vagamente settentrionali venati dalle calate parlare a lungo in famiglia del tutto abbatantuoniane, fino alla richiesta di una donna sui 35 che dal basso dell'acqua, vedendomi in piedi sugli scogli indeciso sul da farsi e in costante osservazione, mi chiede se è rischioso addentrarsi a largo, oltre il limine della punta dell'ellissi di scogli dentro cui stanno sguazzando allegramente come bambini nella vasca da bagno. Alla mia risposta che potrebbe essere pericoloso- del resto la sua tecnica natatoria non mi pare un praeclaro esempio di nuotata olimpica-con un tizio scuro di carnagione che l'accompagna delle bracciate stilisticamente fraudolente, s'avventura lo stesso. Giunti oltre le colonne d'Ercole dell'insenatura lui nuotando con una certa scioltezza (secondo lui) le dice che sono un coglione, figuriamoci se è pericoloso nuotare al largo, con chi credo di parlare?
Io sorrido dentro me stesso, perché è esattamente il tipo di reazione da maschio alfa memore dei cortili dell'infanzia meridionale che m'aspettavo e che a me, strano sin dall''infanzia, ha fatto sempre un po' ridere. Quel gallismo buffonesco e sfrontato del metterla sempre sul personale, del "leinonsachisonoio" da scuola materna. I due tornano, con le loro nuotate tutt'altro che weismulleriane, sempre commentando fra di loro e lanciandomi sguardi di sfida, se non di disprezzo.
Li vedo arrivare ad uno scoglio e tirarsi su a fatica, col fiatone dei fumatori incalliti. Lei è una bella donna di mezz'età con ciambella di trigliceridi incorporati e fiera d'esserlo (incorporata) e lui un jumbolo con pancetta, nero come il carbone, un Lucio Dalla al contrario quanto dichiarazione d'intenti sessuale, simile fisicamente. Mentre chiacchierano sullo scoglio altri due ragazzi, una coppia sui trent'anni, si esercitano in tuffi dagli scogli lungo tutta l'ellissi, uscendo dall'acqua e tuffandosi varie volte, fino a quando uno di loro, il ragazzo, un giovane moro e glabro, non prende una panciata che fa il rumore di una balena lanciata da un elicottero. I due "torinesi" sullo scoglio s ammazzano dalle risate e lui, subito dopo, dà segni di impazienza, mostrando di voler insegnarci lui, come ci s tuffa. Io mi siedo e apro un libro. Sono l'unico che legge un libro, gli altri astanti , con ombrelloni inseriti negli scogli a colpi di scalpello (tanto non sono di nessuno, questi, è il commento civicamente civico), materassini , asciugamani stesi e sdraio last generation , sono tutti intenti a smanettare nei loro smartphone (o i-phone, non vorrei ricevere querele dalla Apple). Ma il nostro eroe , uscito dall'acqua, come un Nettuno (nessuno pronunciato da un dislalico), ha trovato il posto giusto per tuffarsi. E si ata informando con la gente intorno se sia abbastanza alto per un tuffo di testa. Ma nessuno gli sa rispondere, perché nessuno  ( a parte me) conosce il luogo. Io lo osservo distogliendo lo sguardo dal mio libro. Noto che lui ha notato la nuance. Non può più tirarsi indietro, maschio alfa fino alla fine, fino in fondo. Anche la sua amica lo incita. Spero che non mi tocchi chiamare il 118, penso fra me e me. Ad un certo punto si tuffa, di testa, ma , naturalmente, essendo un portento di coordinazione degno di Jury Chechi, non riesce a distendere in alto le gambe, finendo con il cadere fra pancia e ginocchia. Io resto serio. Quando riemerge dalle acqua, fortunatamente illeso (ma sicuramente con le parti basse "offese" dall'impatto con l'acqua), ostentando sicurezza, fa il segno del pollice in alto alla sua amica. E poi si guarda intorno sperando che non siano stati in molti a notare la sua panciata. Mi osserva dal basso dell'acqua, ma io fingo di leggere il mio libro. Ogni mio organo rideva a crepapelle, anche se da fuori non si notava. Una volta uscito, il novello satiro appulotorinese, ostentava sicurezza, anche se la camminata non era proprio fluida, non tanto perché stava attraversando uno scoglio molto aguzzo a piedi nudi , quanto perché era tutto compreso nell'assorbire il dolore dell'impatto con l'acqua. Anche in me c'era qualcosa di "tutto compreso". Ed era riferito allo spettacolo a cui avevo assistito.

Nessun commento:

Posta un commento