venerdì 3 maggio 2019

La fabbrica del vapore.

Parcheggio in via Procaccini di fronte ad un graffito con il faccione nero di Nelson Mandela. Faccio due passi a piedi e arrivo al numero 4. Davanti ci sono dei ragazzi , uno di loro con la barba mi chiede dove devo andare. Un amico mi ha invitato ad un'improvvisazione di danza, dico. Ah, ok. "Ah ok", è l'espressione più in voga tra i giovani, non significa niente ed è piuttosto in sintonia con i tempi di vuoto che viviamo: chiedete ad un giovane perché il 25 aprile non si va a scuola e , in teoria, non si lavora e vi sentirete rispondere, perché è festa. E che gli vuoi dire a questi? Da qui al passo successivo di dire che Mussolino era un genio , ci manca poco . Mi spiega come arrivare nel luogo dell'improvvisazione e apre il cancello metallico. Attraverso una piazza piena di giardini artificiali in mezzo a dei capannoni. Mi hanno detto di proprietà un tempo della ferrovia.  Li hanno ristrutturati in modo postmoderno e vi si svolgono attività artistiche di vario genere. Festival musicali, lezioni di danza e yoga, corsi di meditazione, un corredo di attività che contraddicono il mio pensiero iniziale sul vuoto giovanile e dimostrano, se ce ne fosse bisogno, e Dio solo sa se ce n'è bisogno, che l'essere umano non è fatto per lavorare e che anzi il lavoro ingrassa le fila degli psicologi e di apprendisti stregoni di varia natura. E comunque meglio queste cose che spanciarsi sul divano davanti a quell'acquario per cerebrolesi chiamata Tv. Dopo aver percorso un centinaio di metri infilo l'ingresso di uno di questi capannoni e salgo al primo piano., come mi aveva spiegato il tipo barbuto gaio all'ingresso. A proposito, ho notato che nei tempi che corriamo , nella generazione 30 anni , i maschi sembrano femminilizzarsi e le femmine mascolinizzarsi, magari così riescono comunque a continuare ad incontrarsi , boh, basta che poi si mettano d'accordo su chi conduce i giochi sotto le lenzuola. Una volta arrivato a destinazione c'è un ingresso con un tavolino ben apparecchiato e colmo di vivande, di fronte ad un ampio spazio di parquet con ampie vetrate sul lato destro da cui si vedono i capannoni prospicienti , già pieno di danzatori che stanno provando per "l'improvvisazione". Tra loro c'è anche Gianfranco, mio vicino di casa, che mi ha invitato. A destra del vano di una trentina di metri di parquet, due giovani virgulti barbuti anch'essi, con scarpe rigorosamente firmate, si stanno dando da fare con un paio di sintetizzatori a produrre una musica che dovrebbe essere adatta come tappeto sonoro e d'ispirazione , ai danzatori. Una ragazza che sembra coordinare il tutto mi spiega che stanno provando e che tra qualche minuto si esibiranno. Come si possa provare un'improvvisazione resterà per sempre un mistero per me insoluto. Mi chiede come mi chiamo e  mi stringe la mano. Io dico sempre che mi chiamo Nico, che è il mio nome d'arte, diciamo così. Non sembra una danzatrice in senso classico, è bassina, baricentro basso, mora, capelli raccolti dietro...dall'accento si direbbe siciliana. Mi racconta che normalmente è di stanza a Bologna dove studia e senza tanti altri preamboli mi chiede dieci euro per assistere allo spettacolo. Io sgancio senza tanti problemi. Questi ragazzi avranno di certo pagato l'affitto del locale, e a giudicare dallo scarso pubblico che potrebbe arrivare non saranno mai stati così lontani dal sold out. E poi c'è anche l'aperitivo ed ho già adocchiato sul tavolo delle vivande un paio di bottiglie di Primitivo del Salento .
Arrivano poco dopo altre 4 persone . E con me siamo in 5. Il selezionato pubblico, si potrebbe dire. Nel frattempo apro il vino con un cavatappi che esce come un coniglio da un cilindro da un coltellino svizzero. Mi riempio un bicchiere e mi siedo su una poltrona in pelle dietro una scrivania agè che doveva essere stata di qualche dirigente ferroviario ora ferroviariamente sloggiato. Sbircio dietro la palestra a sinistra . Ci sono una quindicina di danzatori di varie età, dai 25 ai 68 anni. Si esibiscono ciascuno secondo il proprio background danzatorio e creano muovendosi fra loro figure e congiunzioni corporee di diverso tipo, si sfiorano , si scontrano, si accarezzano, si strusciano, si avvinghiano, si separano, fanno capriole , rotazioni, piroette, una babele di linguaggi corporei di varie scuole e provenienze il cui insieme, però, ha un esito armonico, origina una vista godibile. Ognuno nelle proprie evoluzioni corporee , mostra il proprio carattere, chi compie più torsioni è un narcisista creativo, chi conduce andature lineari, passi lunghi a falcate, è più riflessivo, razionale, meditativo; e poi c'è la vivacità di chi salta , fa acrobazie, scaricando sul parquet tutta la propria allegria corporea. Potrebbe anche darsi che per ciascuno di loro possa essere il linguaggio nel quale si esprimono meglio. Espongo  tutte queste mie considerazioni seduto in poltrona, con il bicchiere di Primitivo in mano, ad una coppia di ragazzi (del pubblico selezionato): lui , trentenne moro, capelli corti, in forma, dice che è nato a Milano ma di origine portoghese, lei biondina filiforme , poco meno che trentenne, che non svela nulla di sé, a parte il suo sorriso divertito nell'ascoltare le mie considerazioni un po' ex cattedra. Mi sento un po' Lebowski, in questo momento, il famoso Hippie cinematografico spinellomane interpretato dal grande Jeff Bridges che ha creato uno stile e fatto epoca con la sua irriverente autoironia. Meglio venire a vedere questo spettacolo che starsene rinchiusi in casa davanti alla tv, dice il macellaio portoghese. E sinceramente che un macellaio portoghese venga ad uno spettacolo di improvvisazione in tempi in cui gli intellettuali si sono messi a guardare Il Grande Fratello è segno che è giunto il momento in cui il popolo si rimpossessi dell'arte.
Mi godo lo spettacolo seduto ingollandomi  qualche altro bicchiere di Primitivo.
Al termine Francesca, la sicula che ho per altro ammirato come suggeritrice di combinazioni corporee inventate lì per lì sul parquet, playmaker  impagabile, agile ed elegante, a testimonianza del fatto che la bellezza si può esprimere in molti modi e non solo mostrando gambe lunghe scoperte, altezze himalayane e sorrisi di plastica, mi chiede se mi è piaciuto. E mi invita a partecipare per le prossime volte. Se mai ce ne saranno. Diavolo di un'improvvisatrice, mi verrebbe da pensare.
Senti, dico, ti ringrazio, voi siete tutti bravissimi , ma il mio primo e ultimo contatto con il ballo è stato quando ho giocato a "tic" (inseguirsi  e toccarsi a vicenda) nei vicoli d'infanzia.
Sorride a va a cambiarsi. Un'altra ragazza , snella e snodata, pantaloncini calzati su una salopette, che avevo notato molto attiva e vivace, tanto da distinguersi rispetto agli altri, nelle danze, mi si avvicina e mi chiede se per caso fumo. A volte, dico io, non stasera. Peccato, replica con un sorriso malizioso. E nella mia mente di uomo maturo si fa spazio l'idea che possa essersi trattato di una metafora sessuale. Ma è solo perchè man  mano che un uomo invecchia si avvicina alla morte e tanto più sente il bisogno di liberarsi dalla gabbia della cosiddetta buona educazione.
In definitiva sono stato bene, chiacchierando con tutti, un po' Lebowski davanti ad un palco di teatro sperimentale per far piacere al suo padrone di casa  per l'affitto arretrato , un po' Bukowski , con un bicchiere di primitivo in mano, con il disincanto dell'uomo fuori posto dovunque e proprio per questo in piena armonia con l'universo.
Mi viene in mente un racconto di Gurdjieff che osservando degli uomini che spostano delle pietre per lavoro , vide che uno di loro faceva più strada con i massi in mano, passando dall'ombra. Ma alla fine avrebbe spostato più massi e sarebbe durato più a lungo. Un grande insegnamento sul non giudicare mai a priori. E questa sera l'ho sperimentato: esiste una nazione nella nazione, un paese nel paese, che è il mondo dell'arte, e quella corporea ne è una regione, in cui nessuno ti chiederà mai un passaporto o la tua età. In cui nessuno ti giudicherà per le tue capriole o la camminata lenta e consapevole, perchè comunque non è nient'altro che una sana chiacchierata in movimento , in cui il corpo stanco di saltare cammina e viceversa e resta comunque bello, fiero e rispettabile.

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