sabato 25 febbraio 2023

Yoga

 

Yoga


Di recente, dopo anni, ho ripreso a praticare yoga. 15 o 20 minuti al giorno, però tutti i giorni. Mi avvicinai a questa disciplina più di vent'anni fa, a Milano. Frequentai un corso di Asthanga Yoga, una forma di yoga molto energica , al limite della ginnastica occidentale. La mia istruttrice fu Elena De Martin , una biondona slanciata, magra, che teneva corsi che davano la possibilità di pagare le lezioni, volta per volta, dando la possibilità a chi lavorava su turni, di poter apprendere questa disciplina, senza necessariamente scadenze settimanali fisse. Pagavo qualcosa come dieci euro a lezione e le lezioni duravano quasi due ore. Era in  via Ettore Ponti, a Milano ( si chiamava Accademia Teosofica)e , a dire il vero, non so più se esista ancora. Perchè dopo aver frequentato per un anno in modo discontinuo, feci Hata Yoga, una forma più statica e meditativa, presso la palestra Musokan, a Baggio, nell'interland milanese e vicino dove abitavo , all'epoca. Queste ultime lezioni venivano tenute da un'insegnante, sempre italiana, molto agèè, ma che non dimostrava assolutamente i propri anni, una bellissima donna che ci faceva fare varie posizioni con un sottofondo di musica adatta in una sala profumata di incensi. Poi ho continuato per conto mio, vuoi i turni di lavoro sempre più inconciliabili, vuoi che una volta a casa , dopo il lavoro, non avevo voglia di immergermi nel traffico per raggiungere qualsiasi luogo, ho continuato a praticare yoga, avvalendomi di libri e video su internet...e soprattutto mi sono messo a studiarlo per conto mio. Come ogni buon sperimentatore. All'inizio, in via Ettore Ponti, concepivo lo yoga come una ginnastica più sofisticata che avesse lo scopo di mantenerti in forma. Avanti con gli anni, studiando gli effetti di questa disciplina sul mio corpo ne ho avvertito i benefici spirituali, che sono enormemente più importanti di quelli corporei strictu sensu. Noi occidentali concepiamo tutto in funzione competitiva e notai che molti praticanti di yoga , di Ashtanga Yoga, si ponevano come obbiettivo l'esecuzione delle posture alla ricerca di una perfezione estetica che facesse sentire loro dei fichetti che riuscivano ad assumere posizioni che invece altri non riuscivano a raggiungere e mai ci sarebbero riusciti. La qual cosa ha lasciato invalsa la falsa credenza che per praticare yoga bisogna essere magri , vegetariani, non fumatori, al limite dell'ascetismo. Per non parlare di coloro che si avvicinavano alla disciplina per godere dei benefici, indubitabili, in verità, sulla propria sfera sessuale. Sotto questo profilo lo yoga che ho visto praticare in certi luoghi e in occidente non presentava valenze diverse da quelle risultanti dalla frequentazione di una qualsiasi altra palestra di fitness. Dopo anni di pratica credo invece di aver capito che i benefici dello yoga derivino invece dalla respirazione lunga e attiva che si è costretti a tenere per mantenere una postura molto a lungo. La respirazione è la porta della meditazione e lo yoga non fa altro, attraverso l'assunzione delle varie posture, che costringerti subliminalmente e involontariamente a respirare bene e a meditare. Cosa che accelera i processi di calma della mente e delle temperie caratteriali. Una disciplina che ti rimanda al tuo centro di gravità permanente ( leggete lo splendido saggio sullo Yoga di Mircea Eliade). Inoltre ho capito che tutti indistintamente, a prescindere da età, forma fisica e peso corporeo, possono praticare yoga e godere dei suoi benefici. Molti attori si sono avvalsi dello yoga per migliorare la propria attitudine recitativa ( per esempio Marlon Brando) e parecchie persone hanno migliorato il proprio carattere e la propria forza interiore, per non parlare della resistenza al dolore sia fisico che spirituale ( le due cose sono collegate), e in modo notevolmente più pacifico che picchiare qualcun altro in una palestra di karate o di qualsiasi altra palestra di arti marziali. La sfida è con te stesso e con i tuoi limiti e spesso il non riuscire ad eseguire perfettamente una posizione potrebbe significare che sei vittima di qualche blocco emotivo. Anche se sei obeso, puoi praticare yoga e se all'inizio non riesci ad eseguire perfettamente le posture suggerite dalle varie forme dello Yoga, lo sforzo nell'eseguirle segna un cammino, segna un fatto incontrovertibile: sei in cammino verso la conoscenza corporea e interiore di te stesso. Naturalmente questo gli orientali lo avevano capito e l'osservazione di animali che assumevano posture in reazione ad eventi che li riguardavano, ha ispirato i primi estensori di codici di posture che sono sopravvissute da millenni sino ai nostri giorni. Per quanto mi riguarda dopo anni di pratica dello yoga sono riuscito a parlare in pubblico senza incepparmi e a tenere sotto controllo le mie emozioni, con buona pace della vulgata riguardante le varie arti marziali che non sono altro che un compendio di tecniche per neutralizzare fisicamente un avversario. Perlomeno come le concepiamo noi occidentali. Nello yoga l'avversario sei te stesso e quando sei riuscito a mettere te stesso in una condizione massima di equilibrio emotivo, che è nato un guerriero, un vero guerriero. Perchè il tuo peggior nemico sei tu.


lunedì 6 febbraio 2023

L'assenza dell'assenzio, di Andrea G. Pinketts

 


L'assenza dell'assenzio, di Andrea G. Pinketts


Andrea G. Pinketts è morto pochi anni fa all'età di 57 anni. La sua passione per i sigari maturata in giovane età gli è stata fatale. E' morto per un cancro alla gola. Lo conobbi anni fa in un bar in centro a Milano. Chiacchierammo amabilmente di letteratura e non si negò allo scocciatore curioso che ero all'epoca ( e che sono rimasto oggi). Notai che scriveva e leggeva in mezzo ad un trambusto terribile. Ogni tanto alzava la testa da quello che stava facendo ( scrivere, rigorosamente a penna, e leggere) e ascoltava la gente intorno. A volte parlava con loro. Poi proseguiva con i suo lavoro. C'era sempre una birra alla spina davanti e il toscano, rigorosamente Antico Toscano , semispento, in una mano. Scrittore milanese, ma di origine trentina e bolognese, ha saputo narrare Milano come nessun altro, dietro la scusa dei suoi romanzi noir, infarciti di calembour e giochi di parole che mi hanno fatto amare ancora di più la lingua italiana e mi hanno fatto odiare sedicenti imprenditori idioti che cianciano di insegnare l'inglese sin dalle elementari che tanto l'italiano non lo parla nessuno che è come il croato. “L'assenza dell'assenzio” è un romanzo pubblicato nel 1999, da strade blu, Mondadori e in questa storia il protagonista assoluto (e lo è in quasi tutti i suoi libri), lo squinternato detective bevitore, fumatore di sigari, ex giornalista investigativo, ex fotomodello, praticante di kendo e chi più ne ha più ne metta, risponde al nome di Lazzaro Santandrea ( il cognome è il nome di un bar frequentato da Pinketts). In questo noir ambientato a Milano, Santandrea-Pinketts indaga sulla scomparsa di tre persone che si chiamano Assenzio, una delle quali è un bambino. Trascinando il lettore con la sua scrittura pirotecnica, come un Maradona della lingua italiana, accompagnato dai suoi fedelissimi compagni di ventura,Antonello Caroli, attore fallito di origine di Cerignola,e Pogo Il dritto, un reduce degli anni '70, fanatico dei suoi camperos, architetto che sbarca il lunario facendo il taxista, ci fa viaggiare sulle ali di un umorismo straordinario (che potrei definire un perfetto frullato di Bergonzoni e Totò ), lungo il corso delle sue indagini, senza mai annoiare. Ad un certo punto compaiono mafiosi russi, Antonello Caroli deve gestire un canguro come lavoro supplementare alle sue comparsate cinematografiche, Pogo il dritto è alle prese con la gestione di un figlio e della sua attuale compagna, l'ennesima Cristina, suonatrice di pianoforte, mentre Lazzaro Santandrea si fidanza con una ragazza della Milano bene. Orsetta Orsini, con tendenze suicide per impedirne la realizzazione...mentre gli Assenzio scompaiono. E Santandrea indaga, con la prosa dei suoi pensieri unica nel suo genere, di cui vi fornisco un classico esempio: “Antonello Caroli rideva sino alle lacrime. Stava attraversando Piazza De Angeli, la Los Angeles alla sua portata. Bella e fredda, spietata come Hollywood Babilonia con storie che dalla pasticceria Excelsa finivano al metrò. A volte sotto il metrò. Quando erano disperate. Ma Piazza De Angeli teneva al suo standing di spartiacque tra le pizzerie, le gelaterie di via Marghera e altre strade meno epicuree come via Trivulzio dove ha sede la Baggina, ricovero per anziani. Caroli era partito da Quinto Romano al trotto. I suoi lineamenti piacevolmente equini lo avrebbero condotto prima o poi in qualche maneggio. Un uomo chiamato cavallo. Un cavallo pazzo che rideva e piangeva in un elegante completo antracite. La Baggina prendeva il nome proprio dal fatto di essere una strada che porta a Baggio. A lui l'avevano raccontata così. Ma poteva essere una baggianata. L'allampanato attore stava percorrendo il percorso inverso a quello biologico. Dal tempio degli anziani, un cimitero degli elefanti, più volte grassato da cacciatori d'avorio e politici corrotti, si stava avvicinando alla giovinezza. Alle pizzerie, alle gelaterie, all'American Contourella ( fitness, che fitness la volta bbona).” La prosa imbizzarrita di questo testo mi ha risollevato parecchie giornate grigie, mettendomi di buon umore. Introvabile, ormai, se non ordinandolo su internet ( come ormai tutti i libri migliori, e quelli di Pinketts rientrano nella categoria), “L'assenza dell'assenzio” è un libro che vi aiuterà a vivere meglio. Con più ironia e più autoironia. Nonostante le autoreferenzialità del personaggio-autore, il suo egotismo, la sua falsa modestia, ritengo che anche in questo testo Pinketts si sia candidato a rappresentare un evoluzione di Gadda in termini surreali. I suoi personaggi, di primo acchito inverosimili, per chi come me vive da trent'anni a Milano, appaiono invece ben più reali di quelli veri. E secondo me esistono davvero. Pinketts gli ha solo cambiato i nomi. E gli ha cucito addosso storie romanzate. Buona lettura!


giovedì 2 febbraio 2023

Al Bennet




Hemingway aveva le corride, Bukowski gli ippodromi, io ho il centro commerciale Bennet di Cesano Boscone. Perchè la gente è il più interessante spettacolo del mondo e non devi pagare il biglietto. Pomeriggio libero dal lavoro. Barba lunga e incolta, la mia compagna lavora... ciondolo fa i corridoi del Centro, diretto al Padiglione Goloso. Una spianata di tavolini circondata da ogni sorta di fornitore di junk food di varie catene che distribuiscono cibo scadente ma a buon mercato. Al centro della spianata di tavolini un maxischermo. C'è una partita: Lazio-Fiorentina. Mi siedo ad uno dei tavolini e guardo la partita: una noia mortale. Tattica e basta. Nessuno fa un dribling per saltare l'uomo, splendida metafora per incontrare il prossimo. E driblerai anche lui. Ma non succede. Ragnatele di passaggi e non succede niente. In linea con i tempi che viviamo, direi. Se uno per indicarti un oggetto ti spiana uno smartphone con una foto per indicarti cosa voglia: tutta la parte del capire l'oggetto, a cosa serve, come si chiama, nel cervello non c'è più. Silvan della mente. Di questo passo saremo governati da politici che schiacciano pulsantini su un aggeggio elettronico. Tutta la parte relativa ai problemi non ci sarà più. Più o meno come prima. Cambia il metodo resta l'esito: se vuoi risolvere un problema te lo devi risolvere da solo. Come dicono i capi dei killer nei film in cui i loro sottoposti falliscono in continuazione. Dopo il primo tempo della partita mi faccio una piadina. Ma non la posso ordinare ad una persona fisica. Devo usare un totem elettronico esterno alla piadineria e devo pagare con il bancomat. Se vuoi una piadina diversa da quelle che prevede il menu devi andare al supermercato e comprarti gli ingredienti. Poi paghi ad una cassa senza cassiera. Se non vuoi fare due ore di fila alle casse normali. Il disco vibra sul tavolo-ti danno un dischetto che vibra e illumina quando è pronta la piadina. Nel frattempo mi sono deliziato con la partita di passaggi. Torelli della Lazio e torelli della Fiorentina e non succede assolutamente niente. Davanti a me ci sono due donne arabe di mezz'età con un bambino. Il bambino mangia le patatine. Così sta zitto. Mentre le due donne parlano di esami medici. Circolano fra i tavoli, poco dopo in cerca di una penna. E, indovinate un po', io sono l'unico che ha una penna nel marsupio. Non sono un koala, ma ho un marsupio. E c'è sempre una penna, casomai mi scappasse di scrivere. E a volte lo faccio, in mezzo ai tavolini. Circondato da ragazzi che ingoiano hamburger del retrostante Mac Donad. Qualcuno mangia una pizza di quelle alte di Spontini. Altri lo spritz servito su un vassoio dal bar accanto al Mac Donald. Dove hanno sempre una musica sparata a palla. Non si sentono nemmeno le ordinazioni. Una volta un tizio voleva delle tartine con i Ritz. Gli hanno servito uno Spritz. A quel punto, che fai? Bevi. Indizi su un possibile studio su come la discomusic sparata a palla faccia diventare alcolizzati. Sospetto che anche se chiedi una cedrata ti servono uno Spritz. Anche se vai con lo smartphone e mostri al barman la foto di un bicchiere di cedrata Tassoni lui , dopo un'attenta osservazione, vi dirà ah, ma è uno Spritz giallo!

Mangio la mia piadina di farina di kamut, così recita il menu, e dentro c'è del prosciutto, squacquerone e rucola e altra roba che non distinguo più. Avevo visto la piadina su una foto sullo schermo del totem elettronico. Si siedono al tavolo a fianco due famiglie di latini. Hanno bambine piccole al seguito che sguazzano fra i tavolini sorridenti e giocose. E le mamme dietro per controllare che non si facciano male o non scompaiano. I papà mangiano tartine, bevono Spritz e osservano annoiati la partita. Si esaltano solo se prende la palla qualche giocatore sudamericano. Ma anche lui la passa ad un altro giocatore. Non rischia il dribling. Non sia mai possa procurare piacere a qualcuno. Al tavolo a destra si siedono dei giovani. Non superano i vent'anni. Uno di loro parla con accento calabrese. Di sicuro è nato da queste parti, ma deve essere che in famiglia si è conservato il dialetto. O l'accento. Si lamenta per la Juventus. Non ha più il vento in poppa, ultimamente e lui non può più fregiarsi del titolo di tifoso della grande Juve. E non può più sfottere gli altri. Sfottere gli altri per interposti meriti altrui, s'intende. Nel frattempo la Lazio ha segnato. Un gol casuale in mischia. Un giocatore che su un cross la mette dentro muovendo il piede d'esterno. Era lì per caso. Come in attesa di uno Spritz. Nessuno esulta. Beh è normale, non giocano squadre di blasone. Dopo il primo tempo faccio due passi fra i corridoi. Poca gente. Solite famigliole che escono con i figlioletti, liberi dal lavoro. Per loro è come uscire nella piazza del paese. Ora c'è il Centro Commerciale. Tutti dicono di detestare la gente, gli altri. Ma crepasse dio se non escono la domenica per vedere gli altri. Per criticarli, invidiarli, misurarsi, a volte persino, scontrarsi. Nel secondo tempo la Fiorentina pareggia, un bel gol . Di un sudamericano. L'ho capito da come hanno esultato i latini al tavolo vicino alle sedia dov'ero seduto io ...che, come qualcuno che è andato a Roma avevo perso la poltrona. Ma a Roma non si andava per prenderla, una poltrona? Ma io ero semplicemente andato alla toilette. Il signore anziano che era seduto, si alza e mi dice, ho visto che era seduto lei qui...Lo osservo. Ma è sicuro di sentirsi bene? Dico. Sì, sì...è giusto, lei si è alzato per andare in bagno. Grazie dico. Stia pure. Solo che è proprio vero, sa. Cosa? Chiede lui. Gli amici si vedono nel momento del bisogno. Lui mi osserva. Mah, fa, se l'è una battuta, non l'ho capita. Pasolini diceva, se quello che dici non è compreso, non sei vivo. Già, forse non ero io. Ma il mio fantasma. E quella sedia dov'ero seduto era una sedia per fantasmi. Per dieci minuti ci si era spalmato quel vecchio gentile. Forse era il fantasma formaggino!