domenica 29 novembre 2015

Maschere e divise

Dunque , tutti noi nella vita indossiamo una divisa. Chiunque abbia uno straccio di lavoro e' costretto a indossare una divisa. Chi lavora in aziende private, forze dell'ordine, chi fa l'avvocato, chi il commercialista, persino il politico o l'ambientalista indossano una divisa. Oltre alle divise ci sono le maschere , ma questo e' un altro aspetto e ci porterebbe troppo lontano ed e' fuorviante rispetto a quello che mi preme dire. Alla divisa e' legato il pregiudizio, perche', nel bene o nel male, alla nostra divisa e' legata la prima impressione che diamo alla gente con cui abbiamo a che fare. E non solo per lavoro. Poi nel calderone del ragionamento ci mettiamo anche il fatto che viviamo in Italia, un paese permeato in modo ossessivo da pregiudizi piccolo borghesi, un paese che dopo il tramonto di monarchie e dittature , fingendo di accettare la democrazia nella variante democristiana, e' rimasto fondamentalmente fascista, individualista e ignorante. Mi dispiace dire queste cose del mio paese ma se ne ha dette di altrettanto terribili Oriana Fallaci e lei e' oggi ricordata per la sua islamofobia, c'e' la possibilita' piu' che fondata che il mio paese mi perdoni. Ma io non voglio essere perdonato da nessuno. Mi assumo le responsabilita' di quello che scrivo e non c'e' bisogno di essere Pasolini per dire che il mio paese e'un paese fascista e qualunquista e che se vuoi che non ti rubino l'auto anziche' l'antifurto, in macchina in bella vista, ti conviene metterci dei libri, cosi passi per sfigato segaiolo perditempo e persino la tua auto perde di valore. Ma torniamo alla divisa. Io anche ne indosso una , una bella divisa, quasi sempre piu' in ordine di me, che a volte vado al lavoro con la barba incolta o non rasata, i capelli che hanno assunto la direzione della testa sul cuscino del letto, ma tutto sommato ancora un bel figliolo, dall'eta' indefinibile, come fossi un taoista. E in qualche modo lo sono, taoista, pratico la ginnastica dei monaci buddhisti ma non ambisco alla loro santita', tutt'altro, io sono della scuola che non si diventa santi senza passare dall'Inferno e senza visitarlo di quando in quando. Ogni giorno, con in dosso la mia divisa, faccio l'arredatore nella mia azienda, da piu' di vent'anni. Non importa se la mia azienda non mi valorizza facendomi apparire piu' come un normale impiegato che come un arredatore, io quello che faccio e' arredare parti di appartamenti o appartamenti interi. Questo attiene le gerarchie della societa', perche' se chi e' sottoposto ha un valore professionale riconosciuto e riconoscibile, i dirigenti che non sanno fare niente , automaticamente, per la gente finirebbero per non contare niente, che nella realta' della produzione e' vero. Ma senza la presenza dei dirigenti la catena di comando entrerebbe in crisi e senza gerarchie riconoscibili magari quelli che sanno fare qualcosa  finirebbero per contare piu' di quelli che non sanno fare nulla e se alla fine quelli che sanno fare qualcosa guadagnassero piu' di quelli che non sanno fare nulla , essendo il denaro l'unico mezzo che stabilisce il valore della persona, nelle nostre societa', tutta la retorica delle democrazie avanzate dove tutti avrebbero , a parita' di condizioni di partenza, la possibilita' di emergere, se ne andrebbe a carte quarantotto. Cosi dopo vent'anni nel mio posto di lavoro, pur essendo ancora in forma, pur essendo un bell'uomo, affabile, con una buona parlantina, elegante e simpatico e pur essendo ritenuto da molte clienti appetibile e , usando un gergo giovanile, fico, per il fatto che indossi una divisa da lavoratore e non un bel completo di giacca e cravatta Armani , come certi avvocati, o scarpini Prada e camicia Ferragamo, vengo automaticamente escluso da attenzioni piu' concrete. Intendiamoci, io osservo tutto cio' in modo astrale, come uscendo da me e guardandomi in azione, scrutando le facce di belle clienti che un pensierino ce lo fanno e mentre gli arredo appartamenti , sono sicuro, congetturano qualcosa. Ma cosa direbbero le loro amiche se uscissero con un impiegato? Cosa direbbero le loro madri se non andassero in giro con un uomo in giacca e cravatta, firmato dalla testa ai piedi. E cosa direbbero i loro mariti se sapessero che sono stati traditi per un impiegato? Lasciamo stare se poi con quell'impiegato avrebbero potuto essere felici,  perche' lui le avrebbe fatte ridere, divertire, le avrebbe riempite di attenzioni e di sorprese, soddisfatte in tutto e fatte godere come nessuno mai prima. Questo non conta. Non conta essere felici, non conta conoscere veramente una persona e scambiarsi pezzi di anima, fluidi, coccole, sesso selvaggio, protezione, amicizia...se non puoi avere tutto questo sotto l'egida dell'approvazione popolare, televisiva, mainstream, se non puoi sfoggiare il tuo trofeo da sei zeri all'anno. E se poi queste persone cosi eleganti, che indossano belle divise costituite da giacche di marca, cravatte strafiche, scarpe in pelle di Boscimane, per ottenere tutto cio' hanno brigato, sono state disoneste, hanno fottuto il prossimo, spacciato droga, picchiano le proprie consorti una sera si e l'altra pure, raggiungono l'erezione con il viagra , si eccitano solo con la cocaina, beh, quello non conta, perche' da fuori non si vede. Da fuori si vede la griffe e nella societa' dei cattolici di comodo, i panni sporchi si lavano in famiglia. Ed ecco che il cerchio si chiude. Per me questi elegantoni non indossano divise, ma maschere e se non le sai o non le vuoi riconoscere dovrai affrontarne le conseguenze. Ora per fortuna la gente non e' tutta cosi e io in tanti anni di amicizie solide me ne sono costituite, ma osservando le cose cosi, dal di fuori e usando il mio corpo e la mia "maschera", nel mio caso, di scena, che e' incidentalmente la mia divisa, osservo come tanta gente abbia le stesse reazioni, faccia gli stessi discorsi e finisca per giungere alle medesime conclusioni. E cio' in molti ambiti. Ed e' per questo che  tutte le volte che ,con ironia,  faccio notare delle contraddizioni in comportamenti e in atteggiamenti conformisti non improntati alla liberta' individuale di decidere per se stessi e non vengo capito, mi viene in mente Pasolini quando ha detto: la morte non consiste nel non poter comunicare, ma nel non essere compresi. Amen.

giovedì 19 novembre 2015

I Vecchi

Dunque ho da poco compiuto 50 anni. Mezzo secolo fa si era considerati gia' vecchi, si andava in pensione, i nipoti , se ne avevi, ti regalavano le pantofole con il pellicciotto all'interno per tenere i piedi caldi, a colazione latte caldo con pane raffermo, in casa si teneva il plaid scozzese tutto il tempo, anche d'estate. Nell'immaginario collettivo della tradizione italiana occidentale te ne dovevi stare rinchiuso in casa in attesa della tomba , seppellito prima del tempo. Se invece eri un vecchio ricco e potente e rivestivi cariche pubbliche eri rispettato dagli altri vecchi come te che ancora non morivano e che facevano di tutto per tenerti in sella, perche' se restavi in sella tu , avevano speranza anche loro, i vecchi poveri con il plaid, illudendosi che gia' possedendo un plaid non si era poveri e forse non ancora pronti per essere interrati. Anche oggi mi guardo intorno e vedo un mondo di vecchi a cinquant'anni. Si lasciano andare peggio delle donne del sud Italia anni '50, che quando avevano avuto un paio di figli si sformavano come plastilina nelle mani di bambini spastici. Si vestono in giacca e cravatta perche' questo da' loro la stessa onorevolezza che davano certi piumaggi agli stregoni indiani, la venerabilita' piccolo borghese dell'averci due lire in croce per vestirsi meglio dei braccianti che fumavano nazionali senza filtro con le scarpe sporche di terra. Ma comunque si lasciano andare, fuori dalle cose della vita di figli e nipoti, giacca e cravatta e scarpe e cuoio pregiato o meno. Messi da parte. Messi da parte da mogli che si illudono si battere la meno pausa con chirurgia estetica e cure ormonali. Messe da parte, le donne, da anziani di 50 anni che si ammazzano in ore di palestra e viagra per cercare di stare dietro a giovani pulzelle sudamericane a caccia di profitti a buon mercato. 
Ecco anche io adesso c'ho cinquant'anni. Ma sono affetto da una turba psichica molto forte, non riesco a vedere nello specchio il trascorrere del tempo, soffro della sindrome di Peter Pan, vivo piu' o meno come quando avevo 26 anni. E anche la vitalita' sessuale non e' cambiata. Magari la conoscenza del mio motore corporeo dandomi il senso del limite mi computerizza gli sforzi in vista della battaglie del letto. Ma nel nostro paese avviatosi ormai verso il capitalismo selvaggio, resto lo stesso un segmento di mercato non interessante, da mettere ai margini. Per cui stilisti, star system, meanstream, organismi multinazionali a capo dei quali ci sono vecchi che non si arrendono all'evidenza che nonostante le cure mediche e gli ultimi ritrovati moriranno inopinatamente e che forse al termine di una vita di un congruo numero di anni, morire, rappresenta una possibilita' auspicabile, un viatico necessario al ricambio biologico del pianeta, rappresentano il paradosso della nostra epoca. Vecchi bacucchi miliardari che sviluppano tecnologie per rendere schiavi i giovani e prosciugare le finanze di altri vecchi, responsabili di quei giovani usufruttori di smartphone o iphone, che sono i genitori di questi giovani disoccupati o sottoccupati. Per cui e' una guerra fra vecchi. I giovani kamikaze arabi o hackers occidentali sono le pedine sulla scacchiera di questi grandi vecchi bavosi che non sanno invecchiare. Che hanno paura di invecchiare, di restare ai margini. Messi al lato dalla cultura che si sono impegnati a diffondere che si basa sul disprezzo di tutto cio' che e' vecchio, ideologie, corpi non allenati o macrobioticamente nutriti, abitudini alla lettura cartacea, scopare col cazzo semimoscio da vecchio con la soddisfazione dell'amore vero. Di palo in frasca, a me, quando una ragazza mi da' del lei, mi girano vorticosamente gli zebedei. Perche' lei mi vede vecchio, perche' le hanno insegnato a tenere a distanza i vecchi e che persino il sesso con uno di loro e' un tabu' peggiore dell'omosessualita' o della pedofilia. A meno che il vecchio non abbia i soldi. Allora e' giustificabile con il cacciar dote, che, in un paese in cui le famiglie sognavano che una propria figlia approdasse in camera da letto con il Sultanone nazionale, oltre che giustificabile e' divenuto auspicabile. Entrato nello Zingarelli del immoralismo sdoganato.
E gia', c'ho cinquant'anni. Ma continuo a vivere la mia vita come quando ne avevo 26. Odio la giacca e la cravatta, odio Eugenio Scalfari che usa giacca e cravatta per deprecare tv spazzatura e giovani smartphonisti...Io uso lo smartphone, uso internet, faccio lo sport che riesco a fare e il sesso che riesco a fare, non faccio gare con guru e santoni che a 95 anni hanno tre orgasmi al giorno facendo yoga, qualche volta mi piacerebbe pomiciare con una ventenne senza essere bandito dalla societa', leggo anche libri cartacei, guardo le albe e i tramonti nel loro nascere senza posare il capo non per paura di non svegliarmi piu'. Ma di restare in vita in mezzo a questi vecchi idioti padroni della mia vita.

sabato 7 novembre 2015

Chi me ne vuole per questo e' un boia!

Sono quasi vent'anni che lavoro per un'azienda di arredamenti che chiamero' convenzionalmente Apnea, come ho sempre chiamato nei miei libri. Per vent'anni e' stata un'azienda modello nel commercio, con contratti discreti, attenzione ai dipendenti , oltre che ai clienti, sempre sulla cresta dell'onda, sempre il fatturato col vento in poppa. Io ho fatto il delegato sindacale per sette anni, piu' di dieci anni fa. Le questioni da discutere erano sempre le stesse. Costante e continuo svuotamento di diritti e salario mano mano che il fatturato diminuiva , sia pure di poco, in cambio di nuove aperture in territori vergini che promettevano-e qui le sirene per i sindacati erano irresistibili-nuovi posti di lavoro. Che poi in definitiva essendo un'azienda leader nel lavoro part-time si sarebbe trattato di lavorare all'intensita' di otto ore per quattro ore o sei ad una paga sempre piu' ridotta e con nessuno o risicato compenso per lavorare domenica e festivi. Della serie uno lavora per vent'anni per un'azienda che afferma che fra i suoi valori c'e' la tutela dei propri dipendenti e poi scopre che dal suo stipendio si tirano fuori i soldi per nuovi negozi per nuovi precari ...ma tant'e', dicono non apertamente i sindacati e i partiti di sinistra in primis, mezzo lavoro e' meglio di nessun lavoro , e non fate gli egoisti...a chi guadagna meno di millecinquecento euro al mese, questo deve essere chiaro. Che, tolto affitto, assicurazione e bollo auto[ che a Milano e' un bene primario], bollette varie, al netto di pizza e birra il sabato sera, fa che alla fine del mese sei a meno nel conto. E adesso la crisi economica autorizza spending review sui nostri stipendi, per "aggredire nuovi territori" e prevenire la concorrenza. Che praticamente l'Apnea non ne ha. Category killer, la chiamano, infatti, la nostra multinazionale,perche' dove arriva lei i falegnami vanno a fare i boscaioli . E in assenza di boschi , si fanno le seghe. Ma questo e' il capitalismo, le aziende private non sono istituti di beneficenza, e va beh, va tutto bene 'sto discorso qua. Il problema e' che alla fine chi dirige il carrozzone resta sempre in sella, vuoi per conoscenze, vuoi per familismo amorale, vuoi perche' ottimo esecutore delle politiche aziendali-pure quelle disastrose che hanno generato perdite e messo a rischio posti di lavoro, sia chiaro-. Io per quanto mi riguardo posi termine al mio impegno sindacale per veri motivi e non so neanche se riusciro' a spiegarli compiutamente. Oltre al logorio dell'essere sempre minacciato dai dirigenti, retrocesso al lavoro, mal visto dai miei colleghi delegati sindacali perche' non tralasciavo il lavoro, la cosa che piu' mi ha atterrato e convinto a tirare i remi in barca e' la totale e solenne incoerenza dei colleghi di lavoro dei quali dovevo perorar cause. Dopo aver perso soldi per scioperi, rimessoci ferie e permessi per difendere parecchi colleghi, il piu' delle volte , opportunisticamente, questi si mettevano d'accordo con la direzione aziendale , dopo avermi usato da apripista, che dico, ariete, facendomi fare una miriade di volte la figura del pagliaccio nel volermi battere duramente per la loro causa che loro si erano, nel frattempo, "aggiustati" per conto proprio. Alle centunesima volta di questa manfrina ho detto basta. Ed esprimo tutta la mia piu' profonda solidarieta' ai delegati sindacali di ogni dove e di ogni epoca, perche', di altrove non mi giunge notizia , ma fare il rappresentante dei lavoratori in Italia da' lo stesso agio che dormire su un letto di spine e il benefit maggiore che puoi ottenere e' prenderti una bella ulcera. Questo se ci credi veramente. Se invece vuoi scalare la vetta e diventare funzionario, beh, accomodatevi, io preferisco fare il becchino, e' piu' onesto. E si perche' quando come funzionari si firmano condizioni di lavoro piu' disagiate per lavoratori di una stressa azienda sia pure impiegati in altri territori del paese , non si capisce che questo dara' luogo ad una corsa al ribasso che sotto le insegne beffarde del termine"equita", fara' passare lavoratori come me che lavorando in Lombardia e da piu' anni, hanno condizioni salariali migliori[di cui vi ho detto le proporzioni] come egoisti nei confronti di questi altri lavoratori. Ma il discorso sta diventando tecnico e in un romanzo, anche se un romanzo verita', o romanzo realta', chiamiamolo, qualche tecnicismo ci sta, disseminato di quando in quando in mezzo a bella prosa descrittiva  e comica. Serve a trasformare il comico in sarcastico...come sta accadendo negli ultimi tempi. Dopo mesi e mesi di agitazioni e scioperi che , personalmente, mi hanno atterrato economicamente, e in un paese dove si e' ridotti a pregare che non ti si rompa il cesso o un dente senno' son dolori e privati da contattare, e che hanno accompagnato una specie di trattativa fra azienda e sindacati, si e' in definitiva arrivati ad un ultimatum, un'accordo, che , al bando i tecnicismi e a farla breve, dimezza le pretese di diminuzioni salariali , rendendoci da un lato orgogliosi perche' abbiamo lottato e resistito e dall'altro sconfitti e a testa bassa, ma , in definitiva, offre uno spiraglio per continuare ad andare avanti. Forse non piu' come prima. In altre parole hanno fatto come l'Europa con la Grecia, dovendo succhiare dei soldi a qualcuno per risanare i bilanci, li hanno tolti a noi lavoratori, come i greci per stare in europa hanno dovuto toglierli a pensionati e dipendenti, perche' togliendo un po' alla massa si fa prima che a togliere ai dirigenti. Ma guardandomi in giro, restiamo ancora in sella come azienda che fattura tanto e conserviamo alcuni importanti diritti anche sulle maggiorazioni, che altrove non hanno. Persino alla Coop, se lavori di domenica la maggiorazione e' del 30% . Mentre a noi offrono il 60%. Per dirne una. Se mi guardo intorno vedo un mucchio di colleghi, i piu' esposti, me compreso, nel fare scioperi, che non riesce ad arrivare alla fine del mese. In un paese che non ha un clima da anni settanta dove la solidarieta' di classe la faceva da padrona e che quando si scioperava riusciva a sostenere la lotta con sottoscrizioni fra la gente. Oggi se chiedi una cosa del genere ti sputano in un occhio, se ti va bene. E quindi ob torto collo, io mi arrenderei a questo stato di cose, al quale, per la verita' si e' arrivati con coerenza step by step dopo una serie di scioperi e manifestazioni che hanno portato l'azienda a trattare e a rivedere le proprie pretese. Ma un nucleo corposo di irriducibili duri e puri non vogliono sottoscrivere un accordo cosi a perdere. E se accadesse questo bisognerebbe andare avanti a scioperare. A perdere soldi. Ed e' qui, signori cari, che come uomo di sinistra, al colmo di una crisi quasi esistenziale, mi sento di prendere una posizione che non t'aspetti, al fine di contemperare il livello ideale delle mie determinazioni con l'equilibrio della mia coscienza:ho scoperto, entrando nello specifico, che la maggior parte dei" muoia Sansone con tutti i filistei" e' composto da molti part-time che temono di perdere il diritto di fare i propri comodi orari da mamme che accudivano figli piccoli vent'anni fa che ora fanno i medici in ospedale, diamine, di altri o altre che hanno un compagno o una compagna che ha un ottimo lavoro , per cui perdere qualche domenica che vuoi che sia, altri ancora che si lamentano e poi non solo sono entrati quando si scioperava ma hanno persino fatto straordinari. Insomma una congerie di personaggi che fanno i Che Guevara in un epoca in cui il comunismo lo trovi solo sui libri di storia, e neanche tutti, come dico io, col culo al caldo. Io come uomo di sinistra mi sento a posto con la mia coscienza , nell'accettare, sia pure ob torto collo, le nuove condizioni, perche' sono giunte al termine di giornate di lotta che io ho compiuto con convinzione , lotta che ha portato ad una revisione delle posizioni iniziali e a ridurre gli svantaggi salariali in buona parte. Il sale di un confronto democratico e civile. Per cui ho difeso il mio salario come lavoratore e anche come uomo di sinistra. E a chi dice che mollando ora ci ritroveremo con salari cinesi, prima o poi, non ho nient'altro da rispondere se non: son tutti Che Guevara col culo degli altri. Riguardo poi al fatto di come io sia riuscito a convivere con le mille contraddizioni utraventennali svolgendo un lavoro dipendente, beh, che dire, e' cosa che atterra' ai percorsi critici che si apriranno nella mia mente negli anni a venire. Intanto vediamo di arrivare al ventisette. E chi me ne vuole per questo e' un boia.

Ma poi quando sono andato a votare a favore o meno l'accordo a perdere, di fronte a Miriam, una delegata sindacale, di fronte a quella faccia di sconfitte e di sincera abnegazione vieppiu' masochista, si sarebbe detto a conti fatti, di fronte a quella faccia da pesci in faccia presi dalla vita e dalla direzione aziendale che l'unica vera direzione che dovrebbe prendere e' quella di andarsene affanculo, ho preso la scheda e davanti a lei ho fatto la x sul no. Ecco come sono io, come avrebbe detto Withman, sono contraddittorio? Sono grosso, contengo moltitudini.

Che poi alla fine , seppur di poco, ha vinto il si. Ma la mia coscienza e' salva e per la mia religione laica del rispetto della dignita' mia e altrui, mi sento meglio cosi.

lunedì 26 ottobre 2015

Il bar della Villa

Eccomi qui, dopo una notte in autobus, Marino Viaggi, partito iersera da via Predil, che se non ci partisse la Marino Viaggi sarebbe un'anonimo spiazzo restrostante la stazione di Lambrate che un tempo serviva appena per fermarsi e rimirare lo splendido graffito di bradipi ai margini di una spianata di automobili e una enorme bici nel mezzo del tutto. Mi piace viaggiare di notte in autobus e poi costa poco e poi posso portare una valigia grande che quando torno posso riempire di scorte alimentari di stretta osservanza altosalentina. Gli autisti sono sempre in due, spesso del barese, parlano in dialetto fra loro, fumano nelle soste notturne e mangiano panini e il piu' magro ha la pancia a punta da buddha ridente cinese. Spesso in viaggio le vegliarde sedute urlano negli smartphone parole di dialetti incomprensibili persino a me , mezzo glottologo, facendo sapere i cacchi propri a tutto l'autobus. Tipo a che ora partono o arrivano o se nel frattempo al paesello e' morto qualcuno. " Chi e' morto?" e' quasi sempre l'esordio telefonico.
Ma ora eccomi qui,  dopo un po' di yoga per cui mia madre -giustamente-mi prende in giro piu' che altro per quello scetticismo un po' sarcastico molto sud del mondo per cui le regole degli antenati non falliscono mai, perche' andarsene a cercare altre di un mondo di esserini gialli che fumano erba e si fanno il bagno nel fiume sacro della vita a base di enterococchi?...seduto, vi dicevo al Bar della Villa. Storico bar di Ostuni che negli anni a turno ha ospitato una fauna variegata di pensionati, liberi professionisti in libera uscita, politici, mantenuti e redditieri, che costituisce il classico milieu di paese, senonche' qui in sovrappiu' si da arie da intellighenzia imponderabile. Anche se una volta anni fa vi avevo incontrato un tizio in pensione che asseriva di essere un manager della Monsanto in pensione che aveva assistito ad un comizio di Hugo Chavez in una lontana citta' venezolana , in cui il matto indio comunista aveva chiesto alla popolazione perche' ci fossero li davanti dei grattacieli disabitati mentre la gente abitava nelle baracche. E l'anno dopo vinse le elezioni e i palazzi furono confiscati ed assegnati ai bisognosi ad affitti congrui. Fatto che introduce nella fauna del bar anche la sottocategoria di pensionato manager ma che fa anche riflettere sul fatto che il comunismo o e' cosi o non e' . Ma lo vogliamo vedere alla parte dei diseredati invece che da quella dei proprietari terrieri con casa in campagna casa a mare casa in paese casa in affitto in nero e tessera del Pd a chiedere voti agli operai:? Dite quello che volete ma 'sti racconti , leggendari o meno, reali o meno, realisti magici o meno, nutrono alla perfezione l'eterno Robin Hood che alberga in tutti gli ingegni sensibili e terrorizza l'ex socialista medio il quale non era comunista perche' comunque una coserella per le emergenze da parte ce la doveva comunque aver avuta.
Eccomi qui seduto al tavolo , mentre do un occhiata ai giornali locali e nazionali e Pigi, il figlio del proprietario del bar, mi serve un caffe' che non si sa come ne' perche' di buoni cosi non se ne bevono piu'. Vuoi per l'acqua, vuoi per la macchina che li fa, vuoi per il numero di giri di cucchiaino, vuoi per la convivialita' dello scambiarsi qualche parola o battuta o scherzo o lazzo, vuoi per la miscela di caffe' che deve essere arabo/brasiliana e quindi con sentori di afrori indigeni e tuareghini, vuoi, last but not least, per l'arte del caffe' salentino servito nel momento zen del silenzio impercettibile infilato fra le raffiche di dialoghi, beh, che dire, il caffe' da 'ste parti equivale alla cerimonia zen del te' giapponese, meno meditativo del napoletano ma piu' sapido e gargarismico del tutto presigarettistico. Ma io non fumo per cui chi sa che mi perdo. 
E insomma standomene seduto al tavolo mentre sfoglio i giornali e leggo del Lecce Calcio che si dimena impantanato della Lega Pro quando era stato una gloria zemaniana da serie A o di cronache di politica locale che si nutrono di assessori parenti e cugini rapinatori-parenti che sbagliano-come un Levi Strauss dilettante, svolgo le mie involontarie quante inevitabili osservazioni antropologiche. Due tizi sui trent'anni entrano per bere un caffe' , dando un'occhiata alle mie spalle allo schermo piatto di una tv che trasmette in diretta un improbabile Marrazzo sotto i bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza, dopo che per una vita  per lui era stata di coca. Ad un tratto uno , barba e occhiali, fa all'altro, barba e occhiali zero.
-Oh, visto chi c'e'? Fra un po' lo fanno santo a questo, dopo tutto quello che ha fatto.
E se la ridono con Pigi, il quale rincara la dose col ghigno mellifluo della metafora sessuale.
Pigi e' un tipo robusto, con gli occhiali, muove le mani con abilita' e lentezza, col busto fermo come un saggio taoista cinese . E guarda tutti sottecchi con la riflessione dell'assenza di riflessione , mentre si fuma la sua sigaretta handmade in santa pace, fra un caffe' e un aperitivo, fra una spazzata al piazzale fuori e un sorriso all'inglese di turno che sfoglia The Times perche' non e' riuscito a rimediare The Guardian, venuto a svernare in inverno, l'inverno della sua vita. Poi arrivano Giulio Vix, l'avvocato amico mio d'infanzia e Gianpietro Gradone, storico segretario rifondista, reduce da una riassettata alla sezione.
Ci sediamo all'aperto , ad un tavolino illuminato dal sole, le fronti gia' calde. E chiediamo il classico aperitivo mediterraneao, che da 'ste parti, altosalento, puo' valere per qualita' e quantita', persino da pranzo e cena.
Mentre chiacchieriamo del piu' e del meno e Vix si lamenta che Lecce e' una citta' a compartimenti stagni e circoli chiusi , mentre la provincia e meglio, sotto i suoi occhiali da sole e vista tutt'insieme, Gradone, magro e scolpito a furia di biciclettate sulle murge e rosicate di fegato a dispensar esposti per speculazioni edili, da' precise indicazioni a Pigi, Lui per se' vuole tartine di ritz con bresaola e pomodorini. Eh si, dice Pigi, rivolto a me e a Vix: persino quando mangia non sa stare lontano dal rosso. 
Dopo un po' la superficie del tavolino non basta quasi a contenere le portate di friselline e tartine e mozzarelline e triangoli di sfogliate rustiche e rustici wustelosi e quasi i crodini devono essere sfrattati e fatti atterrare all'Orio al Serio del tavolino a fianco. 
A questo punto, sotto un sole ottobrino indimenticabile, con davanti lo sfondo di alberi anche tropicali della villa comunale, i tavolini davanti imbanditi di ogni ben di Dio, ci rendiamo conto della bellezza del creato e di quanto i trigliceridi da queste parti siano piu' rapidi a diventar ricchi dei cartelli della droga colombiana. E questo mentre Vix si affanna a dire che nel pomeriggio ha una partita a tennis sul cemento. E io ho un pranzo dopo a casa dai miei. Chi sa se ce la faccio. Poi penso al racconto del manager della Monsanto. E un po' mi vergogno.

venerdì 9 ottobre 2015

Quel giorno da Raffaele Morelli...

Parte sempre dalla bellissima casa di ringhiera di Baggio, storico quartiere ovest milanese, la mia amicizia con Giuly. Una sincera , piena e completa amicizia virile fra uomo e donna quando a cinquant'anni suonati si diventa amici e si lascia il sesso alle storie con i rispettivi partner completandosi con queste solide strette di mano mentali. Osservo le ringhiere e i tetti di tegole rosse e i palazzi intorno, da questo terzo piano che da' sulla strada di questo ex slum rimodernato dove passano arabi, cingalesi, senegalesi e appulosiculicalabolucani. Menrtre Giuly stende la roba , le sue mutandine di pizzo e fuma le sue multifilter blu, dentro Magalli dalla tv appesa al muro piatta come un quadro contemporaneo in movimento ,ci da' dentro con Aldo Moro e i suoi misteri irrisolti. Che sono i soliti "e puricinella". Magra e nera come una tuareg metropolitana, stende con dovizia la roba e mi serve un Karkade', sigarettinbocca in equilibrio anche estetico tutto da vedere. Mentre il sole bacia le nostre fronti e noi pannelli solari ne assorbiamo le ultime energie ottobrine. Mezz'ora dopo siamo diretti in uno di quei ristoranti cinesi a prezzo fisso qualsiasi e quanto di questo qualsiasi si mangi. Uno di quei ristoranti multimenu' da dovunque nel mondo, con buffet e self service. Mi vedo gia' insieme a lei sorridente, driblare un numero incredibile di barilotti umani costituiti dal fior fiore dei pensionati del magico quadrilatero un tempo produttivo oggi nemmeno riproduttivo, a crescita zero, pensioni basse e cibo a buon mercato da consumare a camionate a mo' di droga per i poveri. Dopo che ci ha accolto una giovane e occhialuta cinese in divisa nera dai modi da executive nipponica e ci ha fatto accomodare ad un tavolo per due. Io carico il mio piatto di ogni sorta di sushi e sashimi incassando le assicurazioni di Giuly circa la freschezza del pesce. Ci sediamo a mangiare i nostri tondini di riso e tonno e di riso e salmone affumicato e riso e tonno rosso che si spera non venga dalle stive di pescherecci di contrabbando di Marsala che rientrano a remi tanto a corto di denaro per il carburante. Mentre ce la chiacchieriamo constatando che c'e' piu' gente oggi, che e' un semplice giovedi, che un complicato sabato e una ancor piu' complicata domenica, intorno a noi, la folla degli avventori da' vita a scene Felliniane sceneggiate da Tognazzi,protagonisti alcuni pensionati avanti negli anni la cui soglia dei trigliceridi rasenta quella del debito lordo dei paesi terzi. Al tavolo a fianco si siedono due napoletani in eta' lavorativa che confermano il must antropologico che a Milano nessuno e' di Milano. Uno di loro appoggia un piatto ripieno di un paio di chili di sushi e sashimi, tanto che immaginiamo l'abbia preso per piu' persone. Due minuti dopo si siede  e constatiamo che si tratta di un uomo corpulento dalla pancia enorme di nemmeno trent'anni d'eta', che pur usando con dovizia i bastoncini, pelato cosi come'e', un  MatroLindo dopolavoristico sembra, comincia a demolire la torre babelica di sushi, iniziando dal lato del piatto. Il suo compare di fronte e' andato piu' sulla carne , ma il piatto, con tutta quella roba affastellata su , fa la stessa concorrenza che un Monte Bianco farebbe a un Cervino. Le faccia piegate sui piatti scompaiono dietro quelle montagne di riso , salmone, manzo, pollo e spaghetti di soia. Con Giuly ci diamo un cenno d'intesa  e subito ci sintonizziamo su un discorso che poi dopo approfondiremo, infarcito, quello si , il discorso, di droga dei poveri, riempire vuoti d'anima, insoddisfazioni infinite, patologie mentali e male di vivere. Insomma il cibo come droga a buon mercato per i nuovi poveri. E gli spacciatori sono i cinesi che globalizzando hanno ammazzato le trattorie italiane, ma nessun etnogiudizio in questo, ci mancherebbe. Sarebbe fuori luogo nei territori templi della produzione. I napoletani demoliscono piano piano i propri piatti e noi non siamo ancora nemmeno a meta' dei nostri striminziti e collinari, al confronto. 
E non abbiamo ancora finito quando Mastro Lindo raddoppia lasciandoci esterrefatti.
Al termine del pranzo mi premio con due pallini di profiterol. E siamo belli che pronti per andare ad assaporare il pezzo forte della nostra giornata di oggi di uomo e  donna viril amici. L'incontro verso le cinque del pomeriggio, presso il centro di psicologia psicosomatica Riza, in via Anelli, a Milano,  con uno dei guru di questa branca della psicologia che ritiene il cervello non ben diretto la fonte e il condizionamento di tutte le malattie:il dottor Raffaele Morelli.
Ma prima Giuly decide di fare un salto a Baggio per cambiarsi e preparare un caffe' prodromico ad un possibile ammazzacaffe'. E magari vedere un film. Visto che di tempo ce n'e'.

Una volta a casa Giuly cerca un film su Infinity e infine becca Almost Blu . Mentre fa il caffe' incominciamo a vederlo, io gia' disteso sul divano in pelle davanti alla solita tv quadro contemporaneo in movimento. Mentre il coffee gorgoglia sul piano cottura scorrono le immagini di delitti spietati di studenti e studentesse bolognesi e la figura dalla sensualita' dark di Lorenza Indovina, mora arabeggiante dalla carnagione in carne, se cosi si puo' dire e  bianchissima che interpreta l'intrepida figura di Grazia Negro, ispettpre di polizia che indaga sul killer degli students. Giuly si stende sul divano anche lei e fuma l'ennesima multifilter blu com il film Almost blu, che viene da un pezzo blues e che alla fine viene dal cieco protagonista, un Santamaria attore che attribuisce alle voce e ai loro timbri dei colori:verde per l'assassino e quasi blu per Grazie Negro.
Il film e' finito, le scene raccapriccianti ci hanno ammutolito, ma Grazia Negro ha quadrato il cerchio ed ha finito per beccare il killer in flagrante poco prima che cercasse di farle la festa. Un lieto fine un po' amarognolo che ci lascia un po' cosi.



Una ventina di minuti dopo siamo in via Anelli, a Milano, zona viale Bligny che a me mi ricorda tanto la sede dei valdesi dove si presta assistenza medica gratuita a chi non se lo puo' permettere e che una volta erano tutti stranieri e fra un po' tocchera' a noi. Ci sediamo sui gradini sotto il bel portone signorile del palazzo signorile e Giuly fuma, a suo agio, a cinquant'anni seduta sui gradini come ne avesse quattordici, vale a dire con la stessa grazia. Mano mano che ce la chiacchieriamo entrano un po' di signore di mezz'eta', i volti segnati da evidenti disagi psicologici, poco sorridenti, poco inclini a schiudersi in sorrisi e un po' in imbarazzo, come quando avevamo 13 anni e dovevamo entrare in un edicola al paesello e chiedere le Ore o Cronaca Italiana, dove potevi qualche ora dopo ammirare in santa pace un Siffredi frizzato in foto e un Malone facciadiporco senzaeta'. 
E' ora entriamo da quel portone e scendiamo in un seminterrato. E devo dire che avverto immediatamente una sensazione di benessere. Sara' per l'ambiente ovattato, per il parquet a terra, per i desk di legno old style , per il sorriso enfatico della segretaria, una bionda in gran forma che pero' veste una comoda tuta ammazza malizia, per la presenza di tutte quelle persone, la maggior parte delle quali donne, le uniche disposte a riconoscere e ad ammettere a se stesse che cercano risposte ai propri disagi-mentre noi uomini dobbiamo sempre fare i maschi alfa della situation e poi ci ritroviamo piangenti tra le cosce delle nostre puttane a pagamento-fatto sta che un senso di star bene diffuso, sia fisicamente che psicologicamente mi avvolge in una comoda termocoperta e mi sottrae dall'inverno siberiano dell'esterno, nonostante il caldo fuori stagione di quest'ottobrata che pare la fine di agosto. Mentre saldiamo il nostro obolo, che una volta tanto si puo' fare e ci viene rilasciata regolare ricevuta, che di questi tempi, occorre dirlo, e' tutto grasso che cola, un minuto dopo ci siamo sfilati le scarpe e siamo entrati in una palestra in parquet-luci soffuse- dove troviamo ad accoglierci un buon numero di tappetini di gomma di quelli che servono per le asana yogiche .
Io e Giuly ci sediamo a fianco , con le schiene appoggiate al muro, distesi o anche , nel corso della seduta, in posizione del loto, a seconda della tregua che ci veniva data o meno dalle nostre rispettive artriti anzianofile. Mano mano il luogo si popola di gente di tutte le eta', sempre donne , in maggioranza, ma anche uomini di mezz'eta' e ragazze giovani, un campionario del tutto rappresentativo in toto della nostra societa' malata o che crede di esserlo. Sediamo in silenzio e ci osserviamo. Si sente il lavorio dei pensieri ma la speranza di liberarsi dei propri pesi prevale sull'imbarazzo di un incontro collettivo in cui verra' fuori cosa ci rode senza mezzi termini. In un modo o nell'altro. Che lo diciamo ai presenti o a noi stessi. 
Finalmente, in lieve ritardo, eccolo fare il suo ingresso il guru televisivo milanese. Senza scarpe, in pantaloni tipo jeans avana, e una giacca  che indossa su un maglione blu a girocollo, un metro e settanta, non di piu', in forma, niente pancia, capelli chiari e colorito olivastro in viso, scruta tutti i presenti ,una trentina, con un fare molto familiare e dando del tu ora a questo ora a quella, gente che riconosce perche' probabilmente ha gia' conosciuto in altre occasioni , in altri incontri. Si capisce subito che non e' qui per una conferenza, per pontificare, cattedratico come molti del suo campo, ma maieuticamente, aspetta che i problemi emergano da soli, siamo tutti pentole a pressione e prima o poi cuociamo ed esplodiamo in nuvole di vapore. In altre parole, come direbbe lui con il suo frasario colloquiale, semplice, di chi conosce la complessita' dei problemi e li rende comprensibili con la semplicita' della parola parlata, della chiacchierata al bar, lascia che la merda venga a galla. Non e' facile per me non farsi condizionare dal fatto che sia un personaggio televisivo, dato che penso di questi buffoni tutto il male possibile. Ma devo dire che mi ispira una immediata e sincera simpatia. Ed eccola, che puntuale, la merda sale a galla. Una ragazza filiforme, seduta a fianco alla madre, che per l'occasione e la sua complessione, eccezionalmente , siede su una poltrona, all'improvviso, dopo le prime schermaglie, sbotta e confessa il suo terribile problema: e' anoressica e non riesce a capire perche'. Questo da' la stura a Morelli per lanciare il suo primo esercizio collettivo. Ci invita a chiudere gli occhi, ad immaginare una lavagna e a scriverci su la sensazione di disagio che proviamo. Non i problemi che la provocano, ma cio' che ci  fa star male in se'. Poi fa un giro di ronda intorno ai trenta "folli", come si sarebbe potuto dire tarantinianamente e chiede a ciascuno di noi se ci siamo riusciti. E' un grande osservatore, si accorge immediatamente di chi e' piu' a disagio. E sollecita proprio queste persone. C'e' chi dice che prova ansia, c'e' chi prova inadeguatezza, chi panico, chi paura...ecco , grosso modo sono queste le cose che emergono. A questo punto l'esercizio continua. Chiede di spegnere le luci e di restare nella penombra o nel semibuio, fate vobis. Ci invita a chiudere gli occhi e ad immaginare ancora una lavagna. Ci dobbiamo scrivere su il disagio che proviamo. Poi ci invita a cancellare quello che abbiamo scritto e a scendere giu', nel buio di una caverna, una caverna speciale dove siamo circondati delle cose di cui piu' abbiamo bisogno, che ci  piacciono, che ci fanno stare bene.
Ci invita ad avvolgerci sotto una coperta di buio. Il buio ci fa bene, ci fa scomparire per un po', come i gatti o gli animali quando sono feriti ...e non mangiano nemmeno... sotto questo profilo l'anoressia puo' essere una risposta sovraesposta della nostra anima al nostro stare male, al nostro disagio. Morelli si stende sul tappetino e si sdraia di lato, rannicchiato, in posizione fetale. Ci chiede se con la mente lo stiamo facendo, lo stiamo immaginando. Dopo una ventina di minuti chiede alla sua assistente, una psicologa bionda bella come una fotomodella, di riaccendere le luci. Io mi sento bene. E' come se percepissi il sia pur breve benessere collettivo, come se tutti me lo avessero trasmesso. E ancora chiede a destra e a manca. Un uomo con gli occhiali di poco piu' di quarant'anni, che aveva espresso in precedenza il concetto di inadeguatezza, viene invitato a visualizzare in forma di bella donna, questa sensazione, a lasciarla entrare nella sua vita, senza respingerla, perche' lo sforzo di respingerla, come un antibiotico, avrebbe solo l'effetto di renderla piu' forte. L'uomo si sforza di farlo e sembra sentirsi meglio, subito dopo. Viene invitato a farlo sempre, quando si manifesta. Se si sente inadeguato nel suo lavoro, se si sente inadeguato con suo figlio, deve lasciare che lo sia. L'inadeguatezza e' una bella donna che deve farsi amica. E cosi pure l'ansia, per una bella donna seduta alla mia sinistra. Viene invitata a lasciar salire l'ansia, chiudendo gli occhi e a lasciarla fluire nel corpo, nella mente, senza respingerla. E' parte di lei, deve restare parte di lei e la avra' per compagna tutta la vita, finche' non imparera' a capirla e a gestirla. Non avere problemi e' uno dei piu 'grossi problemi, dice Morelli, perche' i problemi ti costringono ad interagire con te stesso, ti mettono davanti ad uno specchio e sei solo tu l'arbitro e l'artefice del tuo destino. I terapeuti possono solo lasciarti intravvedere la strada, ma sei tu a imboccarla. I bravi terapeuti, aggiunge, quelli che sono in grado in entusiasmarti. Cha hanno qualcosa da raccontarti e da dirti. Le indovine nell'antichita' erano anoressiche, il digiuno serve molto spesso a rigenerare. Tutti i piu' grandi pensatori e filosofi hanno digiunato e in tutte le culture esiste il digiuno...per cui, rivolto alla ragazza di prima dice, non e' una cosa di cui vergognarsi, sotto un certo profilo e' un avventura esaltante [ dice riferito agli amici che la deridevano]. Solo tu potrai decidere il limite e la soglia oltre la quale non dovrai scendere di peso. E gli anoressici la conoscono bene. E stanno attenti a non oltrepassarla. E alla fine, e qui la summa del pensiero morelliano raggiunge l'apice. Ma oltre che morelliano, junghiano  e di altri pensatori e filosofi alle cui stesse conclusioni Morelli e' giunto. E cioe' che se lei, la ragazza, vorra morire, nessuno potra' impedirglielo. Nemmeno la madre che piange disperata seduta a fianco a lei e che la sta spingendo a morire con quell'atteggiamento protettivo  e ossessivo di accompagnarla persino alla seduta di oggi. E via via infarcendo i dialoghi semisocratici di massime zen, tipo deridere l'ossessione per la metereologia e per la pioggia che impone a milioni di persone di capire se povera' o meno...ma chi se ne frega se piovera' o meno, se io voglio andare in un posto che mi piace ci andro' e mi piacera' anche con la pioggia. Basta guardare un gatto che rientra immediatamente dall'aperto in casa, per sapere se piovera'.
Prende la giacca e con uno sguardo di rimprovero esce dalla palestra. Le due ore sono finite e sara' per un'altra volta, se qualcuno di noi vorra' farsi pettinare o arruffare l'anima.

lunedì 5 ottobre 2015

L'ennesima sigaretta

Un pomeriggio di ottobre, a Baggio, a casa di Giuly, una mia amica. In una bella casa di ringhiera che mi ricorda le foto di Berengo Gardin in bianco e nero di una Milano anni '60 che non tornera' mai piu', con gente che suonava la chitarra e le trecce d'aglio e cipolle penzolanti dietro le balconate che uno non s'aspetterebbe. Un bel bilocale, Giuly mi accoglie in deshabillez, vale a dire comoda da casalinga, vestita in tuta/pigiama infradito havaianas brasiliane , con quel suo corpo magro e scolpito su cui spiccano i seni rifatti di recente per un ghiribizzo che , direbbero in linguaggio periferico molto ovest Milano, ci sta dentro. Basta che non ci aggiungete un "piuttosto che" o un "tanta roba", che per oggi lo posso metabolizzare. Capelli neri corvini a caschetto, origini appuloromane e calata milanese doc g , ha quel fare nevrotico , che dico, nevrile accogliente ed efficiente che ha imparato da piccola, inculcatole da quel vangelo del lavoro e del fare sempre comunque che da questa parti e' una vera e propria religione. Mi lascia visitare il suo rifugio partigiano, bel luogo, con cucina a penisola e tv accesa su Magalli e Adriana Volpe, ma quanto bona e' 'sta ragazza che imperversa da anni in tv e quando iniziera' a fare l'artista di strada scapigliata e a sparare a zero contro il potere e i potenti? Ve lo dico io:mai. La mamma dei conformisti e' piu' che mai in cinta, in questa societa' in cui Dio e' morto, la speranza e' morta e i filosofi non se la sentono di dare soluzioni perche' noi poveri pazienti in trepidante attesa potremmo cessare di finanziarli. Mentre scorrono le immagini di Magalli che intervista una hostess picchiata dal suo convivente nullafacente, parliamo di libri e di ansia, due cose che dovrebbero sposarsi bene. Eppure ci sono libri che mettono ansia e libri che te la tolgono e allora vedi che i libri dipende da come si usa che invece magari usati cosi sembrano supposte? Con la sua carnagione nera, da caraibica ovestmilanese di ascendenze saracine, si da da fare spadellando delle penne al pomodoro e pesto, piazzandomi un Chianti sul tavolo mentre Magalli straparla e io penso inevitabilmente, dove trova la forza quest'uomo per dire alla sua compagna che non vuol comprare il viagra perche' se no l'amore si riduce ad una pratica idraulica? Mettiamo un film su Sky, Benvenuti al Nord, dove si parla di impiegati postali che dal sud partenopeo si spingono a Milano in cerca di dignita' e lavoro, mentre commentiamo che la vittoria del Napoli sulla Juve ci ha entusiasmato ieri e che Sarri sembra un vecchio saggio zio di una tranquilla famigliola del sud che si fuma il mozzicone di sigaretta con le mani giunte dietro di fronte ad una panchina della villa comunale mentre dice a dei vecchietti:il fuorigioco e' un'invenzione capitalista per far vincere sempre le squadre di potere. E mentre sullo schermo si snocciolano per citazioni cinematografiche tutti i corredi possibili di luoghi comuni di suditaliani che emigrano al nord con gilet muniti di faretti antinebbia e valigie colme di peperoni  e melanzane sott'olio che parla con stanlio, mangiamo le benedette penne che non sono affatto male, anzi, sanno di amicizia, di relax , di sole che illumina la balconata dove c'e' un tavolino di legno che immagino imbandito per le colazioni mattutine all'aperto tutto l'anno, di libri di psicologia e filosofia, di filosofia come religione senza Dio del buon vivere. 
Poi sul sofa' Giuly fuma una sigaretta, si chiede perche' non e' completamente felice. Nemmeno la felicita' lo e', completamente felice, se nona avrebbe esaurito il suo dannato compito di porsi come obbiettivo irraggiungibile, dico. E mentre nel film gli impiegati postali milanesi se la menano perche' non riescono a trovare un giorno in cui tutti sono liberi per la cena col collega napoletano, ci prepariamo ad uscire. Attraversiamo la citta' e andiamo verso il centro, dove Giuly ha un appuntamento con la sua psicologa preferita di una societa' psicosomatica naturopatica che usa rimedi naturali e zero psicofarmaci. Parcheggiamo da qualche parte sui navigli e facciamo un pezzo a piedi. Ho la  schiena a pezzi, le anche doloranti e sto pensando che dovrei arrendermi all'evidenza del fatto che il sistema costante e continuo di tensioni emozionali ha inciso sui miei dischi vertebrali, sui muscoli e sui tendini peggio che se avessi fatto il contadino in una comune cinese. Lo dico a Giuly che approva eclatantemente. Forse sto semplicemente invecchiando e non mi voglio arrendere all'idea. Ma che posso farci se sono un irredentista totale del mio territorio corporeo?
Entriamo in un palazzo signorile, che poi che significa questo termine che si usa leggere nei racconti quando non si sa bene a che stile architettonico appartenga?La segretaria e' una bella bionda dall'aria scienthologista, quell'espressione estatica dell'adepta che sorride a comando che non e' poi tanto diversa dalle segretarie "attimo", cioe' cioe'", che trovi in qualsiasi executives milanese medio. Mi fa accomodare su un divano e Giuly entra dalla sua strizzatisane. Io apro un libro di filosofia sui miti greci che mi ero portato da casa di Giuly. Perche' io senza leggere non so stare come qualcuno non sa stare senza amore. L'ambiente e' elegante e spartano, con parquet, riviste naturopatiche sul tavolino perfettamente allineate, luci soffuse e zero massaggiatrici cinesi. Mentre leggo apprendo che Ulisse rifiuto' l'immortalita' che gli offriva Calipso , nonostante la variante salva radicali liberi del restare per sempre giovane, rispetto ad Aurora che invece lascio' invecchiare Titone accartocciato come un insetto fino a trasformarlo poi in cicala[ma che lucciola, pero', si potrebbe dire, Aurora}, perche' gli sarebbe piaciuto invecchiare a fianco a sua moglie. Un pensiero romantico che rischia di essere insurrezionale in questa societa' del viagra e delle zinnoplastiche. E al tempo stesso ascolto le telefonate che riceve la segretaria. Gente insistente, gente che si sente malata, gente che vuole appuntamenti urgenti con il guru del centro, un personaggio televisivo che deve la sua notorieta' come alternativo agli psioterapeuti tradizionali proprio ad una delle fonti principali del disagio generazionale. La Tv , appunto. E mentre continuo a leggere , mi addentro nella vicenda di Ulisse che dono' un meraviglioso cavallo ai troiani dentro il quale c'erano i suoi Argivi che come batteri incendiarono lo stomaco della citta' di Troia una volta che l'ebbe inglobato. La segretaria risponde al telefono sempre cortese alle insistenti clienti che si rivolgono al centro per combattere le proprie ansie e perche' il centro propone uno stile , un approccio, rilassato, tranquillo, olistico. E tutte le volte che chiude la comunicazione sbatte il telefono e le insulta. Ecco uno dei risultati della filosofia della tranquillita'. Per trasmetterla agli altri devi rinunciare alla tua. E nessun denaro ne vale la pena. C'e un 'unico motivo per cui potrebbe valerne la pena. Ed e' farlo senza ricompensa, senza mercede, senza mercedes. Al termine della seduta Giuly e' serena, rilassata. Mentre la segretaria e' ancora al telefono e la psicoterapeuta diretta al marciapiede esterno per l'ennesima sigaretta.

martedì 8 settembre 2015

La letteratura non serve a niente

Eccoci qui per dire quello che ci pare. A me e me. A volte uscire dall'autobiografia e' un merito, altre volte ti fa sfuggire il punto di vista che vuoi esprimere. E perche' lo devi far esprimere a un personaggio immaginario che ti assomiglia? Anche perche' tutti gli scrittori sono schizzofrenici e quello che dico e scrivo non sempre corrisponde a quello che penso , a come sono realmente. Ne' quello che scrive per me sono io. Ne' io sono quello che scrive realmente. Ecco la magia della scrittura. Chi non la capisce resti pure alle sue frasette fatte e ai suoi slogan da social network. Certo l'unione degli slogan puo' fare persino un discorso, come ben sa il nostro presidente del consiglio Renzi, ma gli slogan hanno le gambe corte, le ginocchia sifule. E' la scrittura che mappa completamente la tua anima e ipertrofizza le aree cerebrali. I muscoli servono per difendersi e per mostrare che non e' aria e quindi per tener lontani ignoranti scocciatori. Privarli di accesso alla tua persona. Ma nel loro non arrivarci, nel loro apparente disinteresse, si sforzeranno di cercare la chiave d'accesso a te. Ed e' proprio lo stimolo di questo sforzo che fara' di te un insegnante del pensiero, un insegnante di vita.Non c'e' bisogno di essere scrittori affermati, perche' la scrittura ti trovera', in un modo o nell'altro, non necessariamente in libreria, assecondando la mafia editoriale. Le scrittura e' intima, e' sessuale, la scrittura non ha sesso nell'essere sessuale.Ed ecco che leggendo e leggendo, qualsiasi cosa, senza pregiudizi, cosi come corro senza gareggiare , in mezzo alle campagne, e leggo i libri di chi di questa cosa ne fa un mestiere[e si vede perche' perdono naturalezza], leggo libri persino insulsi pubblicati in spregio all'Amazzonia,e cioe' senza alcun rispetto per le piante abbattute per la stampa. Ma c'e' da imparare anche e soprattutto dai libri brutti, serve a conservare la tua umilta', senza perdere la ybris dello scrittore. Non e' vero che la scrittura non e' per tutti, si puo' scrivere persino parlando, filmando, fotografando, facendo l'amore, facendo sesso. Gia' distinguere fra sesso e amore ti costringe a pensare se serva o meno un'interpunzione e come metterla sulla pagina e se coincide con un'interpunzione reale.
Passo le mie giornate a leggere e a pensare a quello che ho letto. Una vita binaria, si, perche' tutto questo lo faccio mentre lavoro, corro, vado in bici, faccio la spesa e persino a volte mentre faccio sesso. La qual cosa mi suggerisce che non e' del gran sesso. A volte faccio un video, fotografo, la mia voglia di esprimermi si irradia come raggi gamma esplosi da un supereroe del pensiero. Eppure nel voler dire al mondo quello che penso, nel voler esporre la mia weltanshauung, il narcisismo non c'entra. C'e' la voglia di avvertire agli altri di non compiere determinati errori. E poi pero' penso, a volte e' dagli errori che nascono i grandi ideali, le grandi scoperte. La penicillina e il viagra, ad esempio, nato da una ricerca su farmaci per il cuore. Per non parlare dell'atomo. 
Mentre i profughi siriani vengono scacciati dalla polizia ungherese e la Germania della Merkel si esercita nell'espiazione del suo perenne e storico senso di colpa, un gruppo di casalinghe italiane vuol manifestare contro l'imbolsimento di Johnny Depp. Ma non e' uno scandalo, facciamo una vita cosi piena di niente che persino queste improvvise febbri esantematiche sono il segno di un sussulto sociale mal diretto. Hanno deluso tutti, abbiamo deluso tutti e persino io non sono piu' quello di una volta. Quando invecchi vuoi vivere di piu, gli occhi desiderano quello che il corpo non puo' piu' sostenere, e non puoi vivere come un monaco Shaolin nel cuore dell'occidente. Non puoi sfuggire all'oblio delle sue droghe per i poveri: fumo, alcol, merendine, tv spazzatura, spazzatura differenziata. Per cui il corpo muore. Ti resta l'ipertrofia cerebrale. Ma che ci fai con quella in un mondo dove la letteratura non serva a niente?


domenica 28 giugno 2015

Non sarebbe male

C'ho cinquant'anni. Non sono arrivato a mezzo secolo per rimangiarmi tutto quello che ho fatto, detto, pensato. Se fossi un politico mi verrebbe in automatico di pensare che non mangio merda. Ma invece non lo sono. Sono un anarchico. Anarchico a modo mio. Dico quello che mi pare e ne sopporto le conseguenze. Non giudico mai, ma un'opinione sugli altri me la faccio. Mi piace osservarvi mentre pensate di esservela sfangata , di avercela fatta. Perché c'avete due soldi da parte. Ma basta una bronchite curata male, una visita privata ad un medico specialista e i conseguenti farmaci che costano più dei diamanti sudafricani, che ecco che ripiombate improvvisamente nella falsa socievolezza di chi non vuole scivolare nello sciacquone della vita da solo.
Sono anni che studio il buddhismo e ho scoperto che è una filosofia interessante. Il solo sistema di pensiero che si è posto il problema fondamentale per l'uomo: vivere senza sofferenza. Tutte le altre religioni o filosofie hanno fatto della sofferenza lo scopo precipuo dei loro argomentare. Tralascio di entrare nei particolari. E non ti chiede nemmeno di credere ad un Dio. Il Dio dei buddisti è l'estinzione della sofferenza. Certo anche loro hanno un mucchio di credenze discutibili. Ma loro hanno una cosa che nessuna religione o filosofia possiede. Hanno lo zen. Lo zen, in pratica, è l'arte di prendere da una disciplina ciò che più ti serve, ciò che più ti può essere utile. Nessuno ci aveva pensato. Ma loro, gli orientali sì. Hanno una marcia in più perché ne usano una in meno o sono monomarcia. 
Oggi mi sono alzato tardi. Detesto alzarmi tardi, ma ogni tanto lo faccio. Devo lasciare un pò di autonomia di pensiero al mio corpo, al mio organismo. Non dovendo lavorare (per oggi), quindi, il mio corpo ha scelto di assecondare il non lavorare deep troat, fino in fondo. Io quando mi alzo accendo la tv su Rainews. Un mio possibile guru buddista (che non esiste perché non ne ho) avrebbe detto che sono masochista. Il corpo intorpidito, appena alzato, il cuore, i polmoni, il fegato, soprattutto, devono svegliarsi progressivamente e senza traumi. Altrimenti sono anni di vita in meno. Invece io stamattina ho messo su Rainews. Sul nastro trasportatore delle notizie, sul gobbo dell'emittente di informazione, scorreva la notizia che Tsipras avrebbe indetto un referendum in Grecia per chiedere al popolo se accettare o meno le richieste dei creditori, della Bce. In altre parole i greci stanno scegliendo di chi deve essere la mano del cappio che gli metteranno al collo. Tsipras mi sembra un politico d'altri tempi, uno che crede alle favolette  della democrazia che in un sistema economico capitalista ti consente delle scelte umanitarie. Io non ci credo. Non ci credo più. Già non credevo ai regimi cosiddetti comunisti che si sono rivelati alla stessa stregua di qualsiasi dittature. I guasti si vedono ora che questi paesi hanno la cosiddetta democrazia. Non vedevano l'ora di sottrarsi alle regole, che poi erano per la maggioranza, non certo per i papaveri che svernavano in confortevoli  dacie dorate , per fare affari. E così in un ragionamento circolare dove tutto torna, si ritorna al discorso iniziale. Nessuno la sfanga veramente. Alla fine  di tutto c'è la fine di tutto. Ma io dal buddismo ho appreso che nessuno muore mai veramente, tranne quelli che si sono illusi di aver vissuto perché si credevano più furbi degli altri. Questi mi fanno ridere fino alle lacrime. Ecco, io quando mi sveglio, respiro, sorrido, mi concentro. E sto lavorando su una qualche forma di stretching per la parte della concentrazione. Non vorrei finire per ridere persino di me stesso. Per quanto, non sarebbe male...