martedì 26 ottobre 2021
Diventare vecchi 2
lunedì 25 ottobre 2021
Diventare vecchi
Diventare vecchi
Dunque, tutti dobbiamo diventare vecchi e morire. Sono due cose a cui l'uomo non può sfuggire. Anzi, a pensarci bene, invecchiare e morire è la migliore delle ipotesi, visto che si può anche morire da giovani. Anch'io sto invecchiando. I primi segni li ho avuti sul piano atletico. Prima correvo, mi facevo i miei 5 chilometri al giorno. Poi, verso i 50 anni, i polpacci hanno incominciato a indurirsi ed erano più le volte che finivo l'allenamento camminando che quelle in cui lo finivo correndo. Quando uno corre e beneficia delle sensazioni endorfiniche della corsa, di quel benessere che ti accompagna tutto il giorno, be', difficilmente accetta subito questo fatto. Per cui all'inizio mi ostinavo a far riposare i polpacci, per poi riprendere a correre quando stavo meglio. Ma la forchetta temporale fra quando stavo meglio e quando avevo i polpacci bloccati, ha iniziato ad allargarsi. Per cui erano più le volte in cui non facevo niente di quelle in cui mi allenavo. Se invece camminavo potevo farlo tutti i giorni. Camminare stava al centro fra il non fare nulla e il correre. Camminare era democristiano e quando sei avanti con gli anni sei più incline ai compromessi. Certo, ci sono settantenni che corrono tutti i giorni e stanno da Dio...e poi ci sono ventenni in sedia a rotelle. Sul piano della salute devi stare al centro, non ce n'è. Finchè ce la fai, tra le altre cose.
Poi mentre lavoravo-progetto e vendo arredamenti-ho notato che ci vedevo peggio. Quando stampavo i fogli con gli ordini da passare ai clienti, per leggerli dovevo tenerli molto lontani. Mano mano che passava il tempo-siamo sempre intorno ai 50 anni-dovevo sempre di più allontanare i fogli se volevo riuscire a leggere. In quel periodo il mio supereoe preferito era l'uomo molla dei Fantastici 4. Lui poteva tenere quei fogli in mano alla distanza che voleva. Ma non poteva funzionare, non solo perchè non ero un supereroe, anche perchè la gente lo notava. Decisi che era il momento di una visita oculistica. L'oculista sentenziò che da lontano ci vedevo bene ma da vicino manifestavo i primi segnali di presbiopia. Non riesci a leggere come i vecchi. C'era di che deprimersi. Insomma l'oculista mi prescrisse le lenti da presbite e io andai da un ottico che mi fece degli occhiali facendomeli pagare, indovinate quanto? La risposta è semplice: un occhio della testa. In seguito appresi che potevo comprarmi degli occhiali da un qualsiasi farmacista con due gradi di presbiopia che sarebbero andati più che bene e senza la montatura in tartaruga. Povere tartarughe. E la parola c'aveva pure il termine “rughe”, dentro. Iniziò il difficile periodo dell'abituarsi ad usare gli occhiali. Quando li devi usare solo per leggere, all'inizio, tendi a dimenticarteli, ad usarli meno, con la bislacca idea che così il processo di deterioramento della vista si rallenti. Tornai a fare l'uomo molla dei Fantastici 4, fino a che non mi convinsi a portarmi gli occhiali da vista dietro. Ma per metterli ogni volta dovevo prendere l'abitudine. Tre volte non gli usavo e una sì, per leggere. E sforzandomi facevo la faccia dello stitico, per cui i miei interlocutori si preoccupavano doppiamente per la mia salute. Poi iniziarono le difficoltà vere e tragicomiche. Una volta dovevo andare ad un appuntamento con un'amica. Mi dette l'indirizzo , era verso viale Zara, a Milano. Scaricai google maps sul telefono (altro capitolo del diventare vecchi: difficoltà con la tecnologia) e partii in macchina. Intanto il navigatore mi fece fare un giro della madonna...dico della madonna perchè fu un miracolo se arrivai all'ora prevista. Parcheggiai e scesi dalla macchina. C'era aria di concludere qualcosa quindi mi fregavo già le mani mentalmente. Non ho saputo spiegarmi meglio di così, scusate. Mi avvicinai al portone e cominciai a guardare i citofoni. Avevo lasciato gli occhiali a casa, ovviamente. Per cui non vidi i cognomi scritti sul citofono. Ma non volevo umiliarmi a telefonare per avvisare la mia amica che ero sotto il portone e che mi aprisse. Ero in difficoltà. Dovevo telefonare con una scusa.
La chiamai. Sono sotto casa, dissi, perchè non scendi a fare due passi, magari beviamo qualcosa in un bar , ti va? Lei per tutta risposta mi disse-meglio di no, sono già nuda. Non sapevo cosa dire e dissi, aprimi, per piacere, allora. Non lo vedi il cognome sul citofono? Disse.
Ripresi la macchina e me ne andai a casa. E la mia amica non mi telefonò più. Oppure telefonò e io non risposi. Perchè senza occhiali non riconoscevo i numeri sul display del telefono. Non lo saprò mai.
Poi iniziarono i problemi con lo smartphone. Mi dimenticavo gli occhiai sistematicamente ,quando ero in giro, e usando whatsapp non distinguevo bene le lettere. Ancora non avevo imparato bene il mecanismo del t9 per cui spesso le mie risposte erano incomprensibili o sbagliate o fuori contesto.
Una volta un mio amico mi fece rileggere una conversazione di qualche giorno prima su whatsapp.
-Ciao, come stai? Lui.
-Porno movies, Io
-Cosa?Lui
-Sono in girino. Io.
-Ma sei fatto?
-Non l'ho fatto. Io
-Sono Gimmy, hai presente? Lui.
-Patrimonio dell'umanità. Io.
Dissi che non avevo gli occhiali e che pur digitando secondo logica il cellulare scriveva quello che gli pareva. Eh, ma stai attento, che il t9 memorizza i risultati delle ultime ricerche...tipo, per esempio, Porno Movies, disse. Ma anche Patrimonio dell'umanità. Solo che questa ricerca è più normale. Ah, feci. Bella fregatura. E mettiteli, sti occhiali...Pure Rocco ormai li porta, disse lui. Rocco? Rocco chi?, chiesi. Siffredi, fu la risposta. Be', come si dice, chi di spada ferisce...dopo che glieli ha fatti mettere ad una generazione di pesone! Conclusi.
Continua.....
lunedì 11 ottobre 2021
Diario di Ottobre 2021
Diario ottobre 2021
Ieri in giro per Milano. Prima in macchina, poi alcuni tratti a piedi. Da casa mia a Corsico, prima passo su via Milano, direzione Milano. Lo dico perchè c'è anche via Milano direzione “ si esce da Milano”. Vicino ad un ponte di metallo che sorvola il naviglio in modo permanente ( un aereo non lo farebbe...in modo permanente, giusto?), parcheggio. Con lo smartphone fotografo due bellissimi graffiti: Battiato e Gino Strada. Realizzati su parete di mattoni rossi uno a fianco all'altro. Non posso fare a meno di pensare che quel muro si va affollando sempre di più. Solito gesto apotropaico ( era in generale, non mi sento un giusto del pianeta, sia chiaro) e risalgo in macchina.
In tangenziale c'è un traffico tremendo. Auto dappertutto. Qualcuno non manda giù di essere sorpassato e ingaggia un duello da formula uno. Poi 50 metri più avanti deve fermarsi in coda. Il mondo è pieno di gente che se avesse un lampeggiante lo userebbe per andare al bar a prendersi un caffè prima degli altri. Ci sarà sempre qualcuno che è arrivato prima. Per esempio il barista.
In viale Certosa, ad un certo punto a metà, nei giorni scorsi avevo visto un graffito che raffigurava Vittorio Feltri vestito da nazista. Scendo sotto un elevated che taglia in due viale Certosa. Il graffito è lì. Gli hanno distrutto la faccia. Non si riconosce più il viso. Che mancannza di ironia! Credo che Vittorio Feltri si sarebbe divertito un mondo a restare su quel pilone che sostiene la elevated vestito da nazista. E' un uomo di spirito. Lo conosco. Una volta feci un corso di giornalismo con lui. Conversammo amabilmente. L'importante è non riprenderlo con una telecamera. Se no si trasforma come un vampiro.
Da viale Certosa mi dirigo in auto verso il centro. Scendo in Stazione Centrale e faccio un giro alla Feltrinelli Express. Esco senza aver acquistato nessun libro. Sto provando a smettere. Ma non comincerò con l'eroina. Li prendo a nolo in biblioteca. Sto facendo un esperimento. Voglio vedere quanto mi ricorderò di tutti i libri letti senza averli vicino in una libreria. E poi a casa non ho più posto per i libri. Troppi libri sono come nessun libro. Generano ignoranza. E' come bere vino di qualità, la cosa. Prendi le migliori bottiglie e il fegato soffrirà, perlomeno, giustificatamente.
Percorro piazza Duca D'Aosta, che per chi non conosce Milano, è lo spiazzo antistante la Stazione Ferroviaria principale. Dei turisti spagnoli fanno foto ai senegalesi seduti sul bordo delle aiuole dietro un mucchio di biciclette parcheggiate. “ Esto no es uno zoologico, hijos de putas” , gli grido. Le due signore e un tizio di mezza età che stavano fotografando scompaiono all'istante borbottando qualcosa. Sono stato in Spagna e di migranti ne ho visti a iosa. Dove fotografi fotografi ne becchi comunque qualcuno. Ma non li stai fissando come animali in uno zoo!
A piedi mi dirigo verso porta Venezia e di lì andrò verso piazza Duomo. Bella giornata di sole, molta gente in giro. Chi con mascherina chi no. Turisti spagnoli e francesi, venuti qui a Milano per la finale di Nation League fra le due rispettive nazionali di calcio. In piazza San Babila mi incuneo nel mezzo di Corso Vittorio Emanuele. Incoccio in una fila infinita di ragazzi davanti ad un locale nuovo. Five Guys, si chiama. Do una scora su google sul mio smart e leggo che è una specie d Mac Donald fondato dai coniugi Murrel, statunitensi e affidata poi ai loro 5 figli. I five guys. Sembra un gruppo musicale “ I cinque ragazzi”. Hanno punti ristoro in tutto il mondo. Incredibile quanto tirino gli hamburgher. Ma io due ore di fila per mangiarmi le noccioline in attesa infinita di un hamburger, nemmeno allo Zoo di Oria. Oria, provinciaq di Brindisi, c'era uno Zoo ( a proposito di zoo, declinato al plurale). Ci andavo da ragazzo molto giovane. C'erano degli orsi bruni che mangiavano qualsiasi cosa gli lanciassi. C'era chi gli lanciava sigarette. E le mangiavano. Oltre all'inciviltà delle cosa si poteva dedurre che i poveri plantigradi facessero letteralmente la fame. Ecco perchè me lo ricordo. Io agli orsi lanciavo gli arachidi comprati ad una bancarella fuori dallo zoo. Insomma, per tornare alla fila davanti ai Five Guys, io vengo dai panini di Mimino. Mimino aveva un alimentari sotto casa ad Ostuni. Calvo, bassettino, introverso. Rifondatore della lingua italiana con i suoi cartellini sul cibo dietro al bancone tipo “uovi freschi”. Ma era un pezzo di pane, un uomo buono.Lui se avesse potuto i panini te li avrebbe regalati. Un panino costava 500 lire. Il mio preferito: tonno e giardiniera. Five Guys per me potete chiamarvi Five Against One.
giovedì 7 ottobre 2021
Diario di Ottobre
Diario di ottobre
C'è stata un'altra riunione di condominio. Io odio le riunioni di condominio. Mi fa capire che tipo di persone siano la maggioranza delle persone.Gente che non la pensa come me . E mai la penserà come me. Si è votato per la nuova impresa di pulizie. C'era da scegliere tra due preventivi pressochè identici. L'amministratore ha parlato delle due ditte. Come ha fatto il nome del titolare di una delle due ditte, Mohamed non so che cosa, Battiato, il condomino brizzolato segregazionista ( mammamia quanto sono politically correct) con l'orecchino, soprannominato da me così perchè “curava” l'egiziano delle ditta precedente e diceva che non lavorava (il pezzo più famoso di Battiato si intitola La cura), ha cominciato a sbraitare dicendo assolutamente no. Bisognava votare per l'altra ditta il cui titolare aveva un nome italiano. Anche il bulgaro che abita qualche piano più su del mio ha detto la stessa cosa. “Prendere italiani” ha urlato. Hanno votato tutti per la ditta del titolare italiano. Io mi sono astenuto, meravigliando tutti perchè non sapevano che ci si potesse anche astenere. Poi si sono accodati a me anche altri. Strano ma vero. Poi l'amministratore ha aggiunto che i dipendenti della ditta dell'italiano erano tutti romeni. Sto ancora ridendo. Il bulgaro era caduto dalla padella nella brace. Battiato ha digrignato i denti. D'altra parte se nessun italiano vuol più fare lavori di bassa forza, che si può fare? Dove lavoro, la ditta che si occupa di pulizie ha dipendenti egiziani, peruviani e filippini.
Ho prenotato un libro alla biblioteca centrale di Corsico: La capanna dello zio Rom, di Andrea G. Pinketts, scrittore che conosceva molto bene Milano e vi ci ambientava le sue storie, mirabilmente. L'ho fatto online. Appuntamento per il ritiro. Quando entro in biblioteca dietro il plexiglass ci sono tre impiegate con la mascherina che mi chiedono il green pass. Dopo che sono entrato. Il libro ha una copertina plastificata.- Avete sanificato la copertina? Chiedo beffardo, com'è mia natura fare in certi casi. Casi come questo. Casi umani. L'impiegata appare spiazzata. -Non credo, dice. - E allora? Abbiamo fatto Oronzo, dico io parafrasando un'espressione presa a prestito dal mio dialetto d'origine. Vado via ridendo a crepapelle interiormente. Il colmo per uno scrittore amante de libri? Morire di Coronavirus a causa di un libro.
Sto cercando di partecipare a dei concorsi letterari. Ma trovare un modello di file per cartelle editoriali, si fa prima a trovare un addetto alle pulizie italiano. Be', ci sta. Come dicono a Baggio. Ma anche a Bari vecchia, mi dicono. C'è da rispettare righe e caratteri, numeri precisi. Gli scrittori che riescono a stare nei limiti, delle due l'una: o hanno tutta la vita a disposizione per limare il racconto, aggettivo più aggettivo meno. Oppure sono raffinati matematici. E la matematica, per quanto mi riguarda, c'entra con la scrittura come una bicicletta con un salmone.