lunedì 29 agosto 2022

Emily L. di Marguerite Duras, una recensione

 


Si possono fare migliaia di recensioni, di un libro e nessuna sarà uguale all'altra. Ognuno resta catturato nel libro che legge da alcune specifiche frasi, pensieri o altro. Marguerite Duras in questo racconto inquietante dedicato ad Emily Dickinson, grandissima poetessa inglese, imposta la narrazione partendo da un viaggio con un suo immaginario amico-amante-scrittore, un viaggio ripetuto più volte per raggiungere un albergo in una sperduta località balneare francese che dà sul mare di fronte all'Inghilterra. E dall'osservazione, di lei e di lui, di una coppia inglese, in cui lui , detto Il Captain , di condizione umile, comandante di uno yacht arenato lì nei pressi, e di lei, la moglie, una misteriosa donna inglese, bella, affascinante e malinconicamente sfuggente, di condizione invece nobiliare, immagina le loro vite. I due consumano, lui birra Pilsner scura. e lei bourbon, seduti ad un tavolo di quell'albergo francese, sotto gli occhi dell'albergatrice, profondi e indagatori e di sua figlia, superficiali e non all'altezza dei materni, alcolizzando se stessi e le proprie coscienze. Lui ancora invaghito di lei, dopo tutti quegli anni passati, seppur destabilizzato da un complesso di inferiorità sociale e culturale, che in realtà, disturba più lei ( che al marito disturbi). Attraverso l'osservazione di questa curiosa coppia la Duras, in compagnia del suo compagno, immagina la vita di una sua sodale di letteratura, della Dickinson, divenuta poetessa per caso, per via del padre che fece pubblicare le sue splendide poesie, iniziate a scrivere, si evince dal racconto drammatico, a causa del dolore causatole per la perdita di un figlio nato prematuro, successivo all'ulteriore dolore per l'opposizione dei genitori al matrimonio con suo marito, il Captain, di condizione inferiore, ripeto, e che avvenne alla morte degli stessi, dopo dieci anni di convivenza nella stessa tenuta, nella sperduta e affascinante campagna inglese nobiliare. E del fatto che suo marito non capisse le sue poesie, perchè in quei versi non si accennava mai di lui e del fatto se l'amasse. Fu lui a ricopiare le sue poesie ed a passarle al padre di lei, quand'era ancora in vita , facendole poi ,il genitore di lei, pubblicare, rendendola così famosa, da grande. Quando ormai non scriveva più nessun verso, meravigliata di tale successo e di folle di giovani che volevano conoscerla. Lei non aveva più scritto perchè aveva perso una poesia che non aveva mai finito e che suo marito, il Captain, aveva fatto sparire bruciata nel fuoco del caminetto della sua stanza, disturbato dal suo doloroso e drammatico significato e da quell'immagine straordinariamente drammatica e filmica, potremmo dire, di raggi di sole che penetrano in una chiesa come lame che feriscono il suo corpo, il corpo di Emily, senza lasciare cicatrici. Come fosse una condanna di Dio, che le aveva tolto un figlio. E che successivamente le toglierà l'amore del Captain, in luogo di un giovane guardiano, di cui si era invaghita in un'ora trascorsa nel suo salotto, discutendo delle sue poesie, con lui. Con questo giovane che sembrava averle capite, una volta lette. Giovane che scompare per anni, viaggia, si fa una vita, moglie e figli, e una volta, dopo molto tempo, anni, si è detto, come in una fiaba, ritorna per cercarla, per ritrovare la magia di quell'ora trascorsa in un salotto a discettare di versi poetici...con Emily, la poetessa che non aveva più scritto, immagina Marguerite Duras, perchè non aveva più ritrovato quella sua poesia incompleta, sui raggi di sole come lame che colpiscono senza lasciare segni di ferite nel corpo ( ma nell'anima?)...non aveva più scritto nulla, tranne una lettera d'amore al guardiano, che un notaio suo amico, a conoscenza della storia, aveva custodito, nonostante lei gli avesse chiesto di distruggerla. E' una narrazione intensa, quella della Duras, in cui mescola alcune sue idiosincrasie sposandole con quelle di una grande poetessa che aveva scritto per se stessa, divenendo, per caso, famosa e apprezzata nel mondo, come deve essere la scrittura, in definitiva, pare dire la grande scrittrice francese; scrittura di cui traccia un curriculum definizionale, sul finale del libro, drammatico, intenso, ma pieno di grazia proprio perchè privo di pietà, e in cui dice, appunto ,che bisogna scrivere quasi senza correggere, ma senza fretta, con un proprio ritmo, seguendo una propria musica interiore...come doveva aver fatto la Dickinson. E scrivere per se stessi, incurante di se stessi, incuranti degli altri, senza poter fare a meno di farlo, indipendentemente dalla fama, ma per poi rileggersi e stentare a riconoscersi e riconoscere che non ci si conosce mai, veramente, fino all'ultimo giorno e che un poco ci si arriva, nel confronto con gli altri. In letteratura e nella vita, dico io, soprattutto.



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