mercoledì 3 agosto 2022

Dio piange ma l'inferno può attendere!

 

Dio piange ma l'inferno può attendere

Centro commerciale ex Auchan, Cesano Boscone, ora Bennet. Un falansterio enorme nella periferia ovest di Milano. Niente da fare e nell'epoca del sempre da fare è un vero lusso. Caldo tropicale e il Centro ha l'aria condizionata rotta. Passeggio tra i corridoi semideserti e do un'occhiata distratta ai negozi vuoti. Sono al piano superiore dove c'è il cosiddetto Padiglione Goloso, che termina in una spianata di tavolini popolati di fantasmi, circondato a raggera da fornitori di fast food: Mac Donald, Old Wild West, Spontini, Kfc, La Piadineria, un banco che vende pesce tipo sushi di un'altra catena misconosciuta e un Bar-Prima ero stato nel supermercato, al piano inferiore a cercare la birra Raffo, la mia preferita, che quand'era Auchan c'era. Ma non ce n'era...per me potete chiudere. Niente fame, con questo caldo. E poi niente sa di niente, in questo mondo del fast food che vende carne di vacche anabolizzate, pesche d'acquario e pizza di farina al glutine che se prima di mangiarla sei Franco Franchi dopo sei Oliver Hardy. Mi fermo al bar, l'unica cosa decente, e chiedo una birra alla spina. Una Forst. Secondo Vinicio Capossela, l'ha scritto in un suo libro che abbiamo letto in pochi intimi, la migliore del mondo. La ragazza, sui 25, capelli castani a coda, in carne, abbronzata da lampada e lievemente accaldata me la serve con un gran sorriso quasi d'invidia. L'invidia di chi deve lavorare e di fronte ha mister un cazzo da fare. Dal bagno prospiciente arriva un tizio, sui sessanta, magro, jeans a ginocchio, camicia aperta a mostrare il petto glabro, con in faccia e sulle gambe numerose escoriazioni. Si avvicina al bar e anche lui chiede una birra alla spina: una Tennent's. Non va certo per il sottile, con quel liquido da dieci gradi, pur se fresco. Cerca di intortare la venticinquenne che lo osserva con sguardo piuttosto accondiscendente. Il tizio prende una birra e viene a sedersi vicino a me. Attacca bottone, con la scusa di alzare la birra e brindare a questa giornata Bukowskiana. Gli chiedo se è caduto, così, giusto per parlare. Una parola tira l'altra e verso Milano, l'altra sera, ce le siamo date di santa ragione: cinque contro venti: loro erano sudamericani. E chi ha vinto, dico per smorzare. Nessuno ha vinto, nessuno, dice lui. Sulla carta loro, per me noi...eravamo in cinque, loro in venti. Sorseggio la mia Forst e lui la sa Tennent's. Mi osserva, mi sta studiando. L'altro giorno, fa all'improvviso, c'era una di fronte con il vestito con lo spacco e si vedeva tutto, lì davanti proprio. Mi osserva. Osserva la mia reazione. Io non dico niente. Bevo. Se c'eri anche tu, erano in due loro, andavamo a beccarle, dice. Chi, chiedo. Loro. Quella con lo spacco e l'amica. Mi osserva. Io bevo. E' davvero buona la birra. Fresca. Birra Forst. Secondo Vinicio Capossela...ma questo l'ho già detto. Dev'essere la birra. Comunque io sono Giuseppe, fa. Gli rispondo con il mio nome. Poi si alza e va dalla ragazza che gli aveva servito la birra, che era dietro al bancone del Bar e ne ordina un'altra. Per lui. E'un'altra per me. Sono stato prima al Bar xxx, quello del quartiere xxxx ed era chiuso. Ecco perchè sono qui, dice. Anche io lo sto studiando. Scommetto su me stesso che non è un malavitoso. Nonostante le sue tendenze alla rissa. Sai cosa vendono al Bar xxx del quartiere xxxx? No, dico io, ma ho l'impressione che presto lo saprò. Lui sorride. Deve decidere se fidarsi o meno. Perchè sta per dirmi una cosa pericolosa, secondo lui.Io sorseggio la mia birra e aspetto. Raccolgo storie e le scrivo, ecco cosa faccio, gli dico. Dove le scrivi? Sul computer, a volta su quaderni...dico. E dove le pubblichi. Su internet e a volte anche neo libri che pubblico. Sei uno scrittore? Fa. Diciamo che scrivo, dico. E sei conosciuto? Chiede. Credi che se fossi conosciuto potrei starmene qui con te a raccogliere la tua storia? Mi sorride. E' incerto. Sai, fa, rompendo gli indugi e finendo la Tennent's, al bar, vado ogni tanto a prendere quella polverina che si tira su con il naso. Cocaina, dico. Ma sei pazzo? Abbassa la voce. Come dovrei chiamarla, bamba? Sssssshhhhh, abbassa la voce, bamba è peggio, dice a bassa voce. Però ho detto basta, ora a quella cosa. Ho chiuso. Meglio così, dico. Non capisco cosa ci trovi la gente di buono in quella merda, dico. Perchè? Fa, guarda che quando la prendevo mi sentivo invincibile. Devi essere invincibile sempre, dico io. Oppure vinto sempre. Se hai bisogno di supporti per sentirti invincibile sei vinto sempre, dico. Cosa sei un prete? Mi fa ad un certo punto. Un prete di periferia, dico io. Senza tonaca e senza Dio, se preferisci. Dì, ma ti piace la figa? Fa ad un certo punto. Certo, dico, perchè non dovrebbe? No, perchè parli come un prete, dice. E comunque fai esempi sbagliati: anche ai preti piace quella roba lì, dico. Lui sorride. Sei un osso duro a parlare, dice. Faccio quello che posso, dico. Sono alla seconda Forst. Sono stato sposato 28 anni, dice. Perchè è finita? Chiedo. Non ne voglio parlare, fa. Non ne parliamo, allora, replico. Ora sono in pensione. Facevo il magazziniere, c'ho sessantatre anni, ma nessuno mi da sessantatre anni. Infatti, io gliene avrei dati 80. Ma non puoi sempre dire quello che pensi a tutti anche a costo di far loro del male. E lui era uno che stava soffrendo. Mi hanno licenziato e sono andato in pensione, dice. Mi danno 1000 euro, fa. Mi osserva. Lo so, dice, non ci pago nemmeno l'affitto, con mille euro. Potresti andartene in Portogallo, dico, lì con la tua pensione ci camperesti bene. No, fa , dopo un momento di riflessione. Non sono mai andato all'estero. L'Italia è il miglior paese del mondo. Mai andato all'estero? Faccio. Mai, risponde. Ma non mi è mancato, dice. I miei figli ci vanno. Andare all'estero è una roba per giovani, io sto bene qui. Con la mia birra e una bella figa davanti con lo spacco. Solo che davanti aveva il vigilante del Centro. Quando c'è, aggiunge in fretta per non essere frainteso. Draghi mi piaceva, dice ad un certo punto...ci ha tolto la mascherina...aggiunge. Io non dico niente, al riguardo. Tanto più che io ancora la mascherina la porto. Sono stato il primo a mettermela fra gli sguardi di scherno di tutti e sarò l'ultimo a toglierla. Se me la tolgo. Per me è diventata una sorta di cosa tipo essere islamico senza essere islamico e senza far capire se sto ridendo o meno. Puoi ridere del mondo e nessuno lo saprà mai. Pensa che spettacolo! Si alza per andare a pagare le birre, ma la ragazza gli dice che è tutto a posto. Ci avevo pensato io. Scusa, fa, sono stato io a invitarti. E io a offrire, siamo pari dico. Sei un osso duro a parlare, dice. Dà un occhiata ad un'araba che contemporaneamente gestisce tre bambini, dando da mangiare patatine a due e da bere ad un altro tramite un biberon. Porta il velo solo in testa. Cura quei bambini con una naturalezza sconcertante. Giuseppe osserva la scena. Mai stato con un'araba, dice. Io sì, dico. E com'è? E con una cinese ci sei stato? Dicono che ce l'abbiano orizzontale, fa. Sono donne come tutte le altre, dico. Anche lì? Chiede. Non rispondo. Non rispondo mai alle domande idiote, persino se me le pone qualcuno che soffre. Poi Giuseppe si alza e dice, andiamo a fumare. Usciamo dal Padiglione Goloso. Prima di uscire scambio qualche parola con l'araba. Si chiama Fatima ed è egiziana. Mi informo su quale  sia la parte dell'Egitto da cui proviene, e me lo dice. Non conosco il posto. Giuseppe conosce solo Sharm El Scheikh. Ci sono stati i suoi figli. Lei lo osserva abbassando lo sguardo. Come per dire, non sanno niente di noi. Non sanno niente dell'Egitto. Sanno solo di Sharm El Sheikh, collanine di occhi di Allah, barriera corallina e buffet al ristorante...La saluto e lei ricambia sorridendomi. Giuseppe mi dice, come mai ti ha dato confidenza? Sono donne come tutte le altre, dico. Basta essere educati, aggiungo. E' l'unica donna che non ha tramestato nello smartphone nemmeno per un minuto in tutto il Centro Commerciale. E infatti rappresenta il futuro. No. Il sistema non può reggere. Presto torneremo all'età della pietra e allora sopravvivranno i più attrezzati a vivere. Lo dico a Giuseppe. Lui non dice niente. Non ha un'opinione al riguardo. Tranne che vuol fumare una Marlboro rossa. Fuori dal Centro, di fronte al parcheggio, caldo infernale, 38 gradi, sembra come avere la febbre, ci sediamo su una panchina. Mi offre da fumare e fumo. Normalmente non fumo, ma se mi offrono una sigaretta, fumo. Il fumo è la consolazione degli afflitti, penso. Bere è la consolazione degli afflitti, penso. E lo stato ci lucra su. Pensate che bell'esempio di paternalismo. Lo stato Papà ti dà da fumare e da bere, dopo che ti ha preso per una vita a calci nel culo. Restiamo seduti sulla panchina. A fianco, su un'altra panchina, c'è una signora napoletana, sulla sessantina anche lei, bionda. Giuseppe la saluta amabilmente. Lei mi guarda e senza conoscermi mi dice (come a ribadirlo a se stessa)-sto cercanne un monolocale a Fuorigrotta, ma io tengo la minima, non c'ha faccie...Coraggio, dico, la cosa più importante è avere programmi. E tu ce ne hai. Mi sorride, si alza, schiaccia la sigaretta in un posacenere gigante lì davanti e si immerge nel parcheggio semivuoto. Inizia a piovere. Dio piange ma l'inferno può attendere. Viviamo è moriamo e nessun politico parlerà mai con i suoi elettori.

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