martedì 14 marzo 2023

La miseria è una magia

 


La miseria è una magia

Ero seduto sull'autobus 325, che da Corsico va verso Milano, diretto a Romolo, fermata della metro della linea verde. Dovevo in seguito scendere in stazione centrale, per poi prendere un treno per la Puglia. Seduto con il trolley al seguito a mò di cane da compagnia e uno zainetto con le arepas che mi aveva preparato Synthia. Davanti a me c'era un ragazzo, in piedi, molto giovane. Non credo passasse i sedici. Era vestito in modo elegantissimo con un completo scuro, giacca e cravatta su sfondo di camicia bianca così ben stirata da sembrare un foglio a4. Il ragazzo si specchiava nei finestrini dell'autobus e ad un certo punto gli ho detto, sorridendo, non preoccuparti, stai bene. Lui, tutto imbarazzato, mi ha detto, è per via de La Scala, ci sto andando. Mi incontro con gli altri della scuola. Poi si è girato e si è allontanato. Deve avermi preso per un pervertito. Di solito quando un uomo di una certa età rivolge un complimento estetico ad un ragazzo , viola il codice della comunicazione sociale convenzionale e , da anticonvenzionale, rischia di essere iscritto direttamente tra i sospetti di reato. E' un mondo così , quello che viviamo, e tutte le volte che abbiamo voluto vivere in modo non convenzionale, c'è stata sempre una reazione avversa violentissima che ci ha fatto tornare indietro di secoli. Poi è salito sull'autobus, un paio di fermate dopo, un altro ragazzo, in tuta, e con una borsa sportiva al seguito. I due si sono dati il cinque come in un film americano. Si conoscevano. Sto andando a La Scala, ha detto il ragazzo elegante. Portava gli occhiali e parlava con una erre lievemente arrotata. E certo, ha risposto l'altro, lo sportivo, non potevi non vestirti così, se devi andare a La Scala. Sicuro, ha ribadito l'elegante. A scuola, aggiunge, ci hanno offerto dei biglietti a 14 euro. Era un'occasione unica. Avremo alzato la mano in due...di tutta la classe. Poi si sono aggiunti altri due. Più avanti. E così, continua, oggi, mi son vestito in questo modo per andare a vedere lo spettacolo. Che spettacolo ? Ha chiesto lo sportivo, che pare stesse andando a calcetto. Non lo so. Ma non mi importa. Se dovevo andare a La Scala, non potevo mica vestirmi come un maranzino qualsiasi. E sì eh, ha confermato lo sportivo, non potevi mica entrare lì vestito con tuta, felpa e un cannone in bocca. Ridono a crepapelle. Poi lo sportivo, altre due fermate dopo, scende. Avrei tanto voluto spiegare, a questi ragazzi, che tutti i cocainomani che avevo conosciuto a Milano erano vestiti eleganti da fare schifo e che l'abito non fa il monaco. Ma tanto non mi avrebbero ascoltato. Il mondo è una continua coazione a ripetere errori finchè non capitano a te e forse impari, ma spesso è troppo tardi. Come Henry Miller ormai ho accettato il mondo così com'è. Ed è già tanto che il mondo, a sua volta, non cambi me, perchè se aspetto di cambiare il mondo, io, a biancore d'ossa nel deserto, starei alla grande.


Seduto su un sedile, in Stazione Centrale, dopo essermi sciroppato provenendo dalla metro un sacco di nastri trasportatori e scale mobili, do un'occhiata al mio smartphone. Gli è morta la batteria. E non ho una ricarica. Devo attendere di salire sul treno, per ricaricarlo. Ma la cosa non mi dispiace affatto. Do una scorsa a “L'isola del Tonal”, un libro di Carlos Castaneda sugli stregoni messicani. Metà introduzione cerca di convincermi di qualcosa che so già. E cioè che forse Castaneda non ha mai veramente conosciuto quello che dice fosse il suo maestro di stregoneria o meglio sciamanesimo: l'indio yanqui Don Juan Matus. Forse è un'invenzione, un espediente letterario per avere conferma di una certa forma di saggezza già maturata di suo come uomo occidentale e che ha sentito il bisogno di arcaicizzare per esotismo letterario. A volte mi chiedo se proviene veramente da me il prodotto di quello che penso. A volte mi chiedo a chi possa interessare tutto ciò. A Castaneda non importava nulla di tutto questo: lui scriveva con estrema convinzione e se ne infischiava delle critiche. Anzi ci giocava ricamandoci sopra. Ma a proposito di arcaicizzare....Ho il telefonino spento e sto leggendo. Mi sento bene. Un po' leggo e un po' mi guardo intorno. Poi smetto del tutto di leggere e guardo le persone intorno. Sono seduto all'ultimo sedile di una delle due file di sedili sul limine di un'antro che sprofonda al piano inferiore con un nastrotrasportatore umano. Di fronte ho uno schermo con le partenze e manca un casino di tempo. Osservo due ragazzi seduti a fianco. Sono andati a prendere delle pizze da Rosso Pomodoro e se le mangiano con gusto. Passano diverse persone. Osservo le loro ombre sull'impiantito in marmo della Stazione Centrale. Sono diverse per ognuno di loro, anche con le stesse angolazioni di luce. Sono forme viventi. Poi passa un clochard,pantaloni da tuta, andatura quasi robotica, malandata, ma costante. Felpa con cappuccio tirato sulla testa a coprirla per metà. La sua sagoma non mostra alcuna ombra, ma non ho idea del perchè. E' passato negli stessi punti degli altri passanti ed è sera e le luci della stazione sono fisse. Rovista nei sacchetti della spazzatura raccolta per riciclo. Davanti a noi. Tira fuori dal sacchetto della carta un cartone da pizza. Lo apre. Dentro sono rimasti dei pezzi di bordo. Se li infila in bocca e li assapora con gusto. Mastica lentamente e muove la testa a destra e a sinistra, come un bradipo, facendo ballare il suo lungo pizzo di barba riccia. I ragazzi seduti a fianco nemmeno si accorgono della scena. Impegnati come sono a mangiare le loro pizze e a guardare i loro telefonini, in contemporanea. Poi il fantasma cacciatore di resti di cibo, continua a camminare. Passa ai sacchetti successivi. In un'altra piccola oasi successiva di sacchetti trova un vero tesoro. Pesca dei tramezzini quasi intonsi. Li tira fuori dalla plastica che ancora li avvolge e se li infila in bocca. Li mastica lentamente. Si guarda intorno. Nessuno l'ha notato. Tutti intenti a vivere le vite degli altri attraverso il cellulare che poi non sono neanche vere, ma sono le vite belle e false che vogliamo mostrare filtrate dal mezzo tecnico sui social. In seguito il fantasma cercatore di resti di cibo continua a camminare, sempre privo di ombra ( ve lo giuro) e passa ai sacchetti successivi. Lungo tutto il piano superiore della stazione. Sembra sempre trovare qualcosa da mangiare. Infila le mani dentro il sacchetto, tira fuori la carta, seleziona non senza una certa perizia...nessuno lo osserva, nessuno lo nota. La miseria deve essere proprio una magia, al giorno d'oggi...

Noi indios siamo abituati ad abbassare la testa”, disse Don Juan,” per questo nessuno può immaginare che fra di noi ci siano persone di potere...e per potere intendo il raggiungimento della libertà attraverso la saggezza”.

Lo pensi veramente, Don Juan? “, chiesi.

Assolutamente”, disse Don Juan.






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