sabato 18 marzo 2023

L'importante è la salute e vogliamoci bene. (dedicato a Mario Coppola, mio padre) Per la festa del papà 2023

 Dedicato a mio padre, per la festa del Papà.


L'importante è la salute e vogliamoci bene...


Mio padre si sedette a tavola. Osservava le pietanze che atterravano sul tavolo con la leggerezza di hovercraft, posate sul tavolo da mia madre. Modestamente, donna Germana, diceva sorridendomi riferendosi a mia madre. Assaggiava i peperoni sott'olio, ancora prima di sederci a degustare la solita selezione di piatti pugliesi, come antipasto, prima di dedicarsi alle orecchiette col sugo di carne spruzzate di cacio ricotta. Mi ricordo quand'ero a Milano, attacca a raccontare. Mio padre sapeva raccontare. Scriveva con le parole. Le pause erano importanti in un racconto e lui sapeva dove farle in quali punti della narrazione. Dunque, Professore ( mi chiamava così per il mio tono professorale nel fare affermazioni su ogni faccenda della vita), devi sapere che sono nato a Milano. Aveva raccontato quella storia una miriade di volte. Ma tutte le volte che la raccontava aggiungeva o toglieva dei particolari, come Bukowski, che poteva raccontare la stessa storia dieci volte e tutte le volte la leggevi e ti piaceva, e sembrava diversa pure se conoscevi la conclusione. Sono nato in viale Montesanto, al 12, diceva. Tuo nonno, lu Pippi, era un sottufficiale di Polizia nato a San Cesario di Lecce e tua nonna, Linda, anche era di San Cesario. Poi dopo la guerra scesero giù. Migrarono al contrario e tornarono a Lecce. Tua nonna era un tipo particolare, aveva una risata coinvolgente e roboante, proprio di pancia ed era un tipo fumino. Non si contavano le borsettate date ai commercianti e ai mercatari disonesti. E una volta andò in Questura a trovare tuo nonno, che lavorava per la buoncostume. Quando vide le prostitute lì in Questura e capì che suo marito doveva averci a che fare, andò di filato dal Questore. Entrò nel suo ufficio e fece la sua piazzata, dovete togliere mio marito dalle puttane, urlò in faccia al Questore. Tuo nonno , Lu Pippi, pià tardi le disse, Linda, per Dio, che cosa sei andata a fare dal Questore? Fatto sta che tuo nonno fu trasferito alla Mobile. Poi assaggia delle melanzane alla parmigiana, le degusta e sorseggia il vino, il Negramaro, vino rosso che macchia la tovaglia, amava dire. Del Negramaro. E così, abitando in viale Montesanto, quando uscivo di casa andavo sempre al panificio di Angelo Motta. E Angelo Motta mi diceva sempre, Mario, assaggia il pane con l'uvetta. Mi osserva. Osserva la mia reazione. Poi assaggia le zucchine appena soffritte in padella. Le assapora e se ne inebria. Ancora non aveva brevettato il panettone, Angelo Motta. Faceva delle prove, con il pane mischiato all'uvetta. Mia madre aveva ascoltato quella storia mille volte e taceva. Sorrideva sotto la sua scorza di dissimulata imperturbabilità, non senza un certo compiacimento. In viale Montesanto, continuava mio padre, vivevamo in una casa di ringhiera. E tua nonna parlava ad alta voce con la dirimpettaia che era di Messina, in dialetto leccese...e si capivano a meraviglia. Ci si scambiava il sale, se non c'era in casa, il prezzemolo, il sedano, il peperoncino. Fuori Milano sembrava fredda e inconsolabile , ma dietro le facciate dei palazzi era viva. Era un termitaio di umanità, racconta. Hai presente quel quadro?, cambia registro ad un certo punto. Era un quadro che rappresentava due muli ed è ancora appeso lì, nel salotto di casa nostra, ad Ostuni. Edalla sala da pranzo di Ostuni, stava raccontando questa storia. Ogni volta che io lo guardo mi ricordo del racconto di mio padre. Quel quadro fu donato da una Contessa che era una sorvegliata politica del Fascismo a tuo nonno, per la discrezione e l'educazione con cui aveva svolto il suo servizio di sorveglianza. Dev'essere un quadro di valore ma non lo vederò mai a nessuno. Morirà con me e con i miei ricordi, penso sempre quando lo osservo. Tuo padre, tuo nonno, soffrì durante il Fascismo e per fortuna non fu costretto a fare niente di disdicevole. Era imbevuto delle convinzioni di suo fratello, lo Zio Cesarino, socialista della prima ora, che aveva nascosto in casa, a San Cesario, una lampada votiva che illuminava una foto in bianco e nero di Giacomo Matteotti. Le orecchiette sono andate e siamo alla carne al sugo. Inzuppa il pane casereccio intorno ai pezzetti di carne. E assapora ogni boccone di quel pane intriso di sapori paradisiaci. Spesso il racconto non aveva ne' inizio ne' fine, ma aveva sempre una sua logica e una sua morale, era una parabola che raccontava la vita e le vite di chi era vissuto con valori che andavano scomparendo. Andava avanti per flash back, eppure seguendo una logica perfettamente letteraria.Poi quando scendemmo giù, a Lecce, a me mi chiamavano Mario il Milanese. Be', è normale, che vuoi, tra ragazzi era così. Mi ricordo che poi a San Cesario, ancora ragazzo andavo a fregare i limoni nel giardino del Prete. Andavo a svitare le lampadine, così diceva...e dopo rideva con quella risata roboante che aveva preso da sua madre. Da mia nonna. Chi l'avrebbe mai detto, dice verso quella che sembrava la conclusione di un racconto che poteva riprendere da un momento all'altro, mio figlio ora è a Milano. C'è un destino un tutto questo, c'è una logica. Certo i tempi sono cambiati, aggiungeva. Quando noi eravamo a Milano si leggevano annunci, sui giornali, che recitavano, affittasi casa a chiunque tranne che a meridionali. Sì, dissi io a quel punto, destando l'interesse di mio padre, che non era abituato ad essere interrotto nella sua narrazione. Per non perdere il filo, non per permalosità, si intende. Oggi  Milano è piena di Palazzi avvolti nelle Piante con spese condominiali da quarantamila euro. Lo chiamano progresso, aggiunsi. Le case di ringhiera non esistono quasi più, solo palazzoni periferici che sembrano prigioni, e se chiedi un'informazione in strada a qualcuno nemmeno ti rispondono, perchè pensano che vuoi vendergli qualcosa. Pensa che un mesetto fa ero in via Paola Sarpi, nel quartiere cinese, continuavo io, e c'era una manifestazione di commercianti cinesi che protestavano per delle multe che avevano avuto dai vigili urbani. Era pieno di poliziotti, dissi. Ad un angolo, vicino alla Farmacia, lì in Paolo Sarpi, chiesi ad un signore di una certa età, cose stesse accadendo. E lui sorridendo mi spiegò l'accaduto e alla fine aggiunse, non ti preoccupare, a noi terroni da quando ci sono gli stranieri, ci hanno promosso a italiani. E rise. Aveva un accento foggiano, o giù di lì. Mio padre stava sorseggiando il vino. Ci aveva spezzettato dentro una pesca. Foggiano? I Foggiani sono emigrati a Milano durante le prime ondate migratorie, ricominciò...Sarei stato ad ascoltarlo per ore, per sempre. E ogni tanto, anche adesso, che non c'è più, mi pare di sentirlo. Mi pare di ascoltare la sua risata inconfondibile. E mi pare di sentirgli dire una delle sue massime che sono divenute koan zen che accompagnano la mia vita e che  raggiungono la mia mente nei momenti in cui ho bisogno di lui. Del suo consiglio. Mi sembra di sentirlo dire, la salute prima di tutto e vogliamoci bene!


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