domenica 24 settembre 2023

Donne d'Albania, Isabella Lorusso.

 



Donne d'Albania, di Isabella Lorusso , ed. Sensibili alle Foglie. 

Ho letto questo bellissimo, drammatico e interessantissimo testo di Isabella Lorusso e ne traccio qui una breve e accorata recensione. Si tratta di un libro di interviste che Isabella Lorusso ha realizzato in un certo lasso di tempo ad alcune donne vissute durante il terribile periodo della dittatura pseudocomunista in Albania posta in essere dal dittatore staliniano Enver Hoxha. Un lavoro antropologico, sociologico, ma anche politico. Il punto di vista femminile, giammai femminista, raccolto in interviste a volte dal vivo, in altri casi su Skype, con l'ausilio di un traduttore e molto spesso senza questo aiuto, dato che moltissimi albanesi parlano molte lingue, oltre alla loro,  e l'italiano è fra queste. Le interviste sono dei veri e propri racconti di vita di poetesse, scrittrici, ma anche avvocatesse, giudici, persone comuni, che hanno vissuto in Albania durante l'era del dittatore Hoxha e cioè dal 1944 fino all''85, anno in cui egli morì. Le voci di queste donne molte delle quali perseguitate da un regime dispotico che ad un certo punto si chiuse persino nei confronti degli altri paesi comunisti, sempre per volere di Hoxha, raccontano di un paese asfissiante, nel quale la metà della popolazione era costituita da spie di regime (la famigerata Segurimi) ricattate con metodi inumani ( si racconta persino di parenti che denunciavano altri parenti, pur di sopravvivere), pieno di orribili campi di lavoro, di oppositori al regime, spesso provenienti dallo stesso Partito del Lavoro d'Albania, molto spesso, rei solo di aver messo in discussione le politiche del dittatore, o rei soltanto della propria intelligenza e autonomia di pensiero, uccisi, torturati o messi in condizioni di non nuocere con continui spostamenti sul territorio e privati di ranghi precedenti e dignità ad un semplice battito di ciglia di Enver Hoxha, che non poteva tollerare critiche di alcun tipo al proprio operato, specialmente se portate da persone intelligenti e colte. E sullo sfondo della dittatura, che per ideologia, portò comunque molte donne ad elevarsi socialmente consentendo loro di rivestire prestigiosi incarichi pubblici che in quell'epoca in occidente ci si sarebbe sognati, il maschilismo, il patriarcato, il retaggio tribale costituito da leggi del taglione e primitivismi vari, che aggiungevano  persecuzione sessuale a persecuzione ideologica. Un lavoro interessantissimo, completo, in cui le voci narranti, appena interrotte dalle domande di Isabella Lorusso, raccontano anche del razzismo subito una volta che queste donne sono riuscite a fuggire dal quel regime dispotico, in Italia ( con qualche eccezione, s'intende) o altrove,  spesso vendute come schiave sessuali, via via lungo la storia di questo paese, con il racconto di carrette del mare rugginose colme di montagne di corpi dirette a Brindisi, in fuga dal paese Albania... e il cambiamento, alla dipartita del dittatore, con una spietata guerra civile dove si ammazzava senza nessun motivo o ritegno, e l'avvento della crisi finanziaria che ha mandato in bancarotta un paese che usciva da una dittatura secolare e assolutamente impreparato alle astuzie malefiche di un improvviso capitalismo senza regole, attraverso il famoso sistema delle Piramidi Finanziarie che ha ulteriormente impoverito questo bellissimo paese montano di mare. Sino alla consapevolezza amara, che dopo la caduta del regime, molti dei vecchi dirigenti sono rimasti in sella, al potere, riciclati ( destino di tutte le dittature che cadono nominalmente) e si preparano a vendere la propria terra ai migliori offerenti, in cambio di soldi e potere e niente per il popolo. E a restare in sella per sempre, fedeli alle vecchie tradizioni patriarcali all'interno delle quali le donne non devono contare niente...che persino sotto Enver Hoxha, ripeto, per spinta ideologica, addirittura, non accadeva. Nell'insieme il lavoro costituisce una ricerca sul campo di livello universitario, ma agile da leggere anche da chi volesse capire meglio, non solo la storia dell'Albania, ma questa stessa come archetipo per capire la storia dell'oppressione femminile nelle società patriarcali. A me personalmente non meraviglia affatto che questo libro sia stato scritto da una militante di sinistra, anzi  trovo che sia doveroso far luce su anni in cui , accecati dall'ideologia, si prendevano lucciole per lanterne e si ascoltava Radio Tirana come fosse il verbo del comunismo internazionale. E' la migliore risposta all'abbaglio collettivo di quegli anni e la miglior proposta per  una sinistra futura, più libertaria, più democratica e soprattutto aperta finalmente alle donne, ma non nominalmente, in concreto, abbracciando finalmente il loro punto di vista, nella politica e soprattutto, nella società. Concludo dicendo che sono meravigliato  e dispiaciuto del fatto che questo testo non sia stato presentato all'interno di importanti rassegne letterarie, come ad esempio, in “Un'emozione chiamata libro....”

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