venerdì 9 ottobre 2015

Quel giorno da Raffaele Morelli...

Parte sempre dalla bellissima casa di ringhiera di Baggio, storico quartiere ovest milanese, la mia amicizia con Giuly. Una sincera , piena e completa amicizia virile fra uomo e donna quando a cinquant'anni suonati si diventa amici e si lascia il sesso alle storie con i rispettivi partner completandosi con queste solide strette di mano mentali. Osservo le ringhiere e i tetti di tegole rosse e i palazzi intorno, da questo terzo piano che da' sulla strada di questo ex slum rimodernato dove passano arabi, cingalesi, senegalesi e appulosiculicalabolucani. Menrtre Giuly stende la roba , le sue mutandine di pizzo e fuma le sue multifilter blu, dentro Magalli dalla tv appesa al muro piatta come un quadro contemporaneo in movimento ,ci da' dentro con Aldo Moro e i suoi misteri irrisolti. Che sono i soliti "e puricinella". Magra e nera come una tuareg metropolitana, stende con dovizia la roba e mi serve un Karkade', sigarettinbocca in equilibrio anche estetico tutto da vedere. Mentre il sole bacia le nostre fronti e noi pannelli solari ne assorbiamo le ultime energie ottobrine. Mezz'ora dopo siamo diretti in uno di quei ristoranti cinesi a prezzo fisso qualsiasi e quanto di questo qualsiasi si mangi. Uno di quei ristoranti multimenu' da dovunque nel mondo, con buffet e self service. Mi vedo gia' insieme a lei sorridente, driblare un numero incredibile di barilotti umani costituiti dal fior fiore dei pensionati del magico quadrilatero un tempo produttivo oggi nemmeno riproduttivo, a crescita zero, pensioni basse e cibo a buon mercato da consumare a camionate a mo' di droga per i poveri. Dopo che ci ha accolto una giovane e occhialuta cinese in divisa nera dai modi da executive nipponica e ci ha fatto accomodare ad un tavolo per due. Io carico il mio piatto di ogni sorta di sushi e sashimi incassando le assicurazioni di Giuly circa la freschezza del pesce. Ci sediamo a mangiare i nostri tondini di riso e tonno e di riso e salmone affumicato e riso e tonno rosso che si spera non venga dalle stive di pescherecci di contrabbando di Marsala che rientrano a remi tanto a corto di denaro per il carburante. Mentre ce la chiacchieriamo constatando che c'e' piu' gente oggi, che e' un semplice giovedi, che un complicato sabato e una ancor piu' complicata domenica, intorno a noi, la folla degli avventori da' vita a scene Felliniane sceneggiate da Tognazzi,protagonisti alcuni pensionati avanti negli anni la cui soglia dei trigliceridi rasenta quella del debito lordo dei paesi terzi. Al tavolo a fianco si siedono due napoletani in eta' lavorativa che confermano il must antropologico che a Milano nessuno e' di Milano. Uno di loro appoggia un piatto ripieno di un paio di chili di sushi e sashimi, tanto che immaginiamo l'abbia preso per piu' persone. Due minuti dopo si siede  e constatiamo che si tratta di un uomo corpulento dalla pancia enorme di nemmeno trent'anni d'eta', che pur usando con dovizia i bastoncini, pelato cosi come'e', un  MatroLindo dopolavoristico sembra, comincia a demolire la torre babelica di sushi, iniziando dal lato del piatto. Il suo compare di fronte e' andato piu' sulla carne , ma il piatto, con tutta quella roba affastellata su , fa la stessa concorrenza che un Monte Bianco farebbe a un Cervino. Le faccia piegate sui piatti scompaiono dietro quelle montagne di riso , salmone, manzo, pollo e spaghetti di soia. Con Giuly ci diamo un cenno d'intesa  e subito ci sintonizziamo su un discorso che poi dopo approfondiremo, infarcito, quello si , il discorso, di droga dei poveri, riempire vuoti d'anima, insoddisfazioni infinite, patologie mentali e male di vivere. Insomma il cibo come droga a buon mercato per i nuovi poveri. E gli spacciatori sono i cinesi che globalizzando hanno ammazzato le trattorie italiane, ma nessun etnogiudizio in questo, ci mancherebbe. Sarebbe fuori luogo nei territori templi della produzione. I napoletani demoliscono piano piano i propri piatti e noi non siamo ancora nemmeno a meta' dei nostri striminziti e collinari, al confronto. 
E non abbiamo ancora finito quando Mastro Lindo raddoppia lasciandoci esterrefatti.
Al termine del pranzo mi premio con due pallini di profiterol. E siamo belli che pronti per andare ad assaporare il pezzo forte della nostra giornata di oggi di uomo e  donna viril amici. L'incontro verso le cinque del pomeriggio, presso il centro di psicologia psicosomatica Riza, in via Anelli, a Milano,  con uno dei guru di questa branca della psicologia che ritiene il cervello non ben diretto la fonte e il condizionamento di tutte le malattie:il dottor Raffaele Morelli.
Ma prima Giuly decide di fare un salto a Baggio per cambiarsi e preparare un caffe' prodromico ad un possibile ammazzacaffe'. E magari vedere un film. Visto che di tempo ce n'e'.

Una volta a casa Giuly cerca un film su Infinity e infine becca Almost Blu . Mentre fa il caffe' incominciamo a vederlo, io gia' disteso sul divano in pelle davanti alla solita tv quadro contemporaneo in movimento. Mentre il coffee gorgoglia sul piano cottura scorrono le immagini di delitti spietati di studenti e studentesse bolognesi e la figura dalla sensualita' dark di Lorenza Indovina, mora arabeggiante dalla carnagione in carne, se cosi si puo' dire e  bianchissima che interpreta l'intrepida figura di Grazia Negro, ispettpre di polizia che indaga sul killer degli students. Giuly si stende sul divano anche lei e fuma l'ennesima multifilter blu com il film Almost blu, che viene da un pezzo blues e che alla fine viene dal cieco protagonista, un Santamaria attore che attribuisce alle voce e ai loro timbri dei colori:verde per l'assassino e quasi blu per Grazie Negro.
Il film e' finito, le scene raccapriccianti ci hanno ammutolito, ma Grazia Negro ha quadrato il cerchio ed ha finito per beccare il killer in flagrante poco prima che cercasse di farle la festa. Un lieto fine un po' amarognolo che ci lascia un po' cosi.



Una ventina di minuti dopo siamo in via Anelli, a Milano, zona viale Bligny che a me mi ricorda tanto la sede dei valdesi dove si presta assistenza medica gratuita a chi non se lo puo' permettere e che una volta erano tutti stranieri e fra un po' tocchera' a noi. Ci sediamo sui gradini sotto il bel portone signorile del palazzo signorile e Giuly fuma, a suo agio, a cinquant'anni seduta sui gradini come ne avesse quattordici, vale a dire con la stessa grazia. Mano mano che ce la chiacchieriamo entrano un po' di signore di mezz'eta', i volti segnati da evidenti disagi psicologici, poco sorridenti, poco inclini a schiudersi in sorrisi e un po' in imbarazzo, come quando avevamo 13 anni e dovevamo entrare in un edicola al paesello e chiedere le Ore o Cronaca Italiana, dove potevi qualche ora dopo ammirare in santa pace un Siffredi frizzato in foto e un Malone facciadiporco senzaeta'. 
E' ora entriamo da quel portone e scendiamo in un seminterrato. E devo dire che avverto immediatamente una sensazione di benessere. Sara' per l'ambiente ovattato, per il parquet a terra, per i desk di legno old style , per il sorriso enfatico della segretaria, una bionda in gran forma che pero' veste una comoda tuta ammazza malizia, per la presenza di tutte quelle persone, la maggior parte delle quali donne, le uniche disposte a riconoscere e ad ammettere a se stesse che cercano risposte ai propri disagi-mentre noi uomini dobbiamo sempre fare i maschi alfa della situation e poi ci ritroviamo piangenti tra le cosce delle nostre puttane a pagamento-fatto sta che un senso di star bene diffuso, sia fisicamente che psicologicamente mi avvolge in una comoda termocoperta e mi sottrae dall'inverno siberiano dell'esterno, nonostante il caldo fuori stagione di quest'ottobrata che pare la fine di agosto. Mentre saldiamo il nostro obolo, che una volta tanto si puo' fare e ci viene rilasciata regolare ricevuta, che di questi tempi, occorre dirlo, e' tutto grasso che cola, un minuto dopo ci siamo sfilati le scarpe e siamo entrati in una palestra in parquet-luci soffuse- dove troviamo ad accoglierci un buon numero di tappetini di gomma di quelli che servono per le asana yogiche .
Io e Giuly ci sediamo a fianco , con le schiene appoggiate al muro, distesi o anche , nel corso della seduta, in posizione del loto, a seconda della tregua che ci veniva data o meno dalle nostre rispettive artriti anzianofile. Mano mano il luogo si popola di gente di tutte le eta', sempre donne , in maggioranza, ma anche uomini di mezz'eta' e ragazze giovani, un campionario del tutto rappresentativo in toto della nostra societa' malata o che crede di esserlo. Sediamo in silenzio e ci osserviamo. Si sente il lavorio dei pensieri ma la speranza di liberarsi dei propri pesi prevale sull'imbarazzo di un incontro collettivo in cui verra' fuori cosa ci rode senza mezzi termini. In un modo o nell'altro. Che lo diciamo ai presenti o a noi stessi. 
Finalmente, in lieve ritardo, eccolo fare il suo ingresso il guru televisivo milanese. Senza scarpe, in pantaloni tipo jeans avana, e una giacca  che indossa su un maglione blu a girocollo, un metro e settanta, non di piu', in forma, niente pancia, capelli chiari e colorito olivastro in viso, scruta tutti i presenti ,una trentina, con un fare molto familiare e dando del tu ora a questo ora a quella, gente che riconosce perche' probabilmente ha gia' conosciuto in altre occasioni , in altri incontri. Si capisce subito che non e' qui per una conferenza, per pontificare, cattedratico come molti del suo campo, ma maieuticamente, aspetta che i problemi emergano da soli, siamo tutti pentole a pressione e prima o poi cuociamo ed esplodiamo in nuvole di vapore. In altre parole, come direbbe lui con il suo frasario colloquiale, semplice, di chi conosce la complessita' dei problemi e li rende comprensibili con la semplicita' della parola parlata, della chiacchierata al bar, lascia che la merda venga a galla. Non e' facile per me non farsi condizionare dal fatto che sia un personaggio televisivo, dato che penso di questi buffoni tutto il male possibile. Ma devo dire che mi ispira una immediata e sincera simpatia. Ed eccola, che puntuale, la merda sale a galla. Una ragazza filiforme, seduta a fianco alla madre, che per l'occasione e la sua complessione, eccezionalmente , siede su una poltrona, all'improvviso, dopo le prime schermaglie, sbotta e confessa il suo terribile problema: e' anoressica e non riesce a capire perche'. Questo da' la stura a Morelli per lanciare il suo primo esercizio collettivo. Ci invita a chiudere gli occhi, ad immaginare una lavagna e a scriverci su la sensazione di disagio che proviamo. Non i problemi che la provocano, ma cio' che ci  fa star male in se'. Poi fa un giro di ronda intorno ai trenta "folli", come si sarebbe potuto dire tarantinianamente e chiede a ciascuno di noi se ci siamo riusciti. E' un grande osservatore, si accorge immediatamente di chi e' piu' a disagio. E sollecita proprio queste persone. C'e' chi dice che prova ansia, c'e' chi prova inadeguatezza, chi panico, chi paura...ecco , grosso modo sono queste le cose che emergono. A questo punto l'esercizio continua. Chiede di spegnere le luci e di restare nella penombra o nel semibuio, fate vobis. Ci invita a chiudere gli occhi e ad immaginare ancora una lavagna. Ci dobbiamo scrivere su il disagio che proviamo. Poi ci invita a cancellare quello che abbiamo scritto e a scendere giu', nel buio di una caverna, una caverna speciale dove siamo circondati delle cose di cui piu' abbiamo bisogno, che ci  piacciono, che ci fanno stare bene.
Ci invita ad avvolgerci sotto una coperta di buio. Il buio ci fa bene, ci fa scomparire per un po', come i gatti o gli animali quando sono feriti ...e non mangiano nemmeno... sotto questo profilo l'anoressia puo' essere una risposta sovraesposta della nostra anima al nostro stare male, al nostro disagio. Morelli si stende sul tappetino e si sdraia di lato, rannicchiato, in posizione fetale. Ci chiede se con la mente lo stiamo facendo, lo stiamo immaginando. Dopo una ventina di minuti chiede alla sua assistente, una psicologa bionda bella come una fotomodella, di riaccendere le luci. Io mi sento bene. E' come se percepissi il sia pur breve benessere collettivo, come se tutti me lo avessero trasmesso. E ancora chiede a destra e a manca. Un uomo con gli occhiali di poco piu' di quarant'anni, che aveva espresso in precedenza il concetto di inadeguatezza, viene invitato a visualizzare in forma di bella donna, questa sensazione, a lasciarla entrare nella sua vita, senza respingerla, perche' lo sforzo di respingerla, come un antibiotico, avrebbe solo l'effetto di renderla piu' forte. L'uomo si sforza di farlo e sembra sentirsi meglio, subito dopo. Viene invitato a farlo sempre, quando si manifesta. Se si sente inadeguato nel suo lavoro, se si sente inadeguato con suo figlio, deve lasciare che lo sia. L'inadeguatezza e' una bella donna che deve farsi amica. E cosi pure l'ansia, per una bella donna seduta alla mia sinistra. Viene invitata a lasciar salire l'ansia, chiudendo gli occhi e a lasciarla fluire nel corpo, nella mente, senza respingerla. E' parte di lei, deve restare parte di lei e la avra' per compagna tutta la vita, finche' non imparera' a capirla e a gestirla. Non avere problemi e' uno dei piu 'grossi problemi, dice Morelli, perche' i problemi ti costringono ad interagire con te stesso, ti mettono davanti ad uno specchio e sei solo tu l'arbitro e l'artefice del tuo destino. I terapeuti possono solo lasciarti intravvedere la strada, ma sei tu a imboccarla. I bravi terapeuti, aggiunge, quelli che sono in grado in entusiasmarti. Cha hanno qualcosa da raccontarti e da dirti. Le indovine nell'antichita' erano anoressiche, il digiuno serve molto spesso a rigenerare. Tutti i piu' grandi pensatori e filosofi hanno digiunato e in tutte le culture esiste il digiuno...per cui, rivolto alla ragazza di prima dice, non e' una cosa di cui vergognarsi, sotto un certo profilo e' un avventura esaltante [ dice riferito agli amici che la deridevano]. Solo tu potrai decidere il limite e la soglia oltre la quale non dovrai scendere di peso. E gli anoressici la conoscono bene. E stanno attenti a non oltrepassarla. E alla fine, e qui la summa del pensiero morelliano raggiunge l'apice. Ma oltre che morelliano, junghiano  e di altri pensatori e filosofi alle cui stesse conclusioni Morelli e' giunto. E cioe' che se lei, la ragazza, vorra morire, nessuno potra' impedirglielo. Nemmeno la madre che piange disperata seduta a fianco a lei e che la sta spingendo a morire con quell'atteggiamento protettivo  e ossessivo di accompagnarla persino alla seduta di oggi. E via via infarcendo i dialoghi semisocratici di massime zen, tipo deridere l'ossessione per la metereologia e per la pioggia che impone a milioni di persone di capire se povera' o meno...ma chi se ne frega se piovera' o meno, se io voglio andare in un posto che mi piace ci andro' e mi piacera' anche con la pioggia. Basta guardare un gatto che rientra immediatamente dall'aperto in casa, per sapere se piovera'.
Prende la giacca e con uno sguardo di rimprovero esce dalla palestra. Le due ore sono finite e sara' per un'altra volta, se qualcuno di noi vorra' farsi pettinare o arruffare l'anima.

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