lunedì 26 ottobre 2015

Il bar della Villa

Eccomi qui, dopo una notte in autobus, Marino Viaggi, partito iersera da via Predil, che se non ci partisse la Marino Viaggi sarebbe un'anonimo spiazzo restrostante la stazione di Lambrate che un tempo serviva appena per fermarsi e rimirare lo splendido graffito di bradipi ai margini di una spianata di automobili e una enorme bici nel mezzo del tutto. Mi piace viaggiare di notte in autobus e poi costa poco e poi posso portare una valigia grande che quando torno posso riempire di scorte alimentari di stretta osservanza altosalentina. Gli autisti sono sempre in due, spesso del barese, parlano in dialetto fra loro, fumano nelle soste notturne e mangiano panini e il piu' magro ha la pancia a punta da buddha ridente cinese. Spesso in viaggio le vegliarde sedute urlano negli smartphone parole di dialetti incomprensibili persino a me , mezzo glottologo, facendo sapere i cacchi propri a tutto l'autobus. Tipo a che ora partono o arrivano o se nel frattempo al paesello e' morto qualcuno. " Chi e' morto?" e' quasi sempre l'esordio telefonico.
Ma ora eccomi qui,  dopo un po' di yoga per cui mia madre -giustamente-mi prende in giro piu' che altro per quello scetticismo un po' sarcastico molto sud del mondo per cui le regole degli antenati non falliscono mai, perche' andarsene a cercare altre di un mondo di esserini gialli che fumano erba e si fanno il bagno nel fiume sacro della vita a base di enterococchi?...seduto, vi dicevo al Bar della Villa. Storico bar di Ostuni che negli anni a turno ha ospitato una fauna variegata di pensionati, liberi professionisti in libera uscita, politici, mantenuti e redditieri, che costituisce il classico milieu di paese, senonche' qui in sovrappiu' si da arie da intellighenzia imponderabile. Anche se una volta anni fa vi avevo incontrato un tizio in pensione che asseriva di essere un manager della Monsanto in pensione che aveva assistito ad un comizio di Hugo Chavez in una lontana citta' venezolana , in cui il matto indio comunista aveva chiesto alla popolazione perche' ci fossero li davanti dei grattacieli disabitati mentre la gente abitava nelle baracche. E l'anno dopo vinse le elezioni e i palazzi furono confiscati ed assegnati ai bisognosi ad affitti congrui. Fatto che introduce nella fauna del bar anche la sottocategoria di pensionato manager ma che fa anche riflettere sul fatto che il comunismo o e' cosi o non e' . Ma lo vogliamo vedere alla parte dei diseredati invece che da quella dei proprietari terrieri con casa in campagna casa a mare casa in paese casa in affitto in nero e tessera del Pd a chiedere voti agli operai:? Dite quello che volete ma 'sti racconti , leggendari o meno, reali o meno, realisti magici o meno, nutrono alla perfezione l'eterno Robin Hood che alberga in tutti gli ingegni sensibili e terrorizza l'ex socialista medio il quale non era comunista perche' comunque una coserella per le emergenze da parte ce la doveva comunque aver avuta.
Eccomi qui seduto al tavolo , mentre do un occhiata ai giornali locali e nazionali e Pigi, il figlio del proprietario del bar, mi serve un caffe' che non si sa come ne' perche' di buoni cosi non se ne bevono piu'. Vuoi per l'acqua, vuoi per la macchina che li fa, vuoi per il numero di giri di cucchiaino, vuoi per la convivialita' dello scambiarsi qualche parola o battuta o scherzo o lazzo, vuoi per la miscela di caffe' che deve essere arabo/brasiliana e quindi con sentori di afrori indigeni e tuareghini, vuoi, last but not least, per l'arte del caffe' salentino servito nel momento zen del silenzio impercettibile infilato fra le raffiche di dialoghi, beh, che dire, il caffe' da 'ste parti equivale alla cerimonia zen del te' giapponese, meno meditativo del napoletano ma piu' sapido e gargarismico del tutto presigarettistico. Ma io non fumo per cui chi sa che mi perdo. 
E insomma standomene seduto al tavolo mentre sfoglio i giornali e leggo del Lecce Calcio che si dimena impantanato della Lega Pro quando era stato una gloria zemaniana da serie A o di cronache di politica locale che si nutrono di assessori parenti e cugini rapinatori-parenti che sbagliano-come un Levi Strauss dilettante, svolgo le mie involontarie quante inevitabili osservazioni antropologiche. Due tizi sui trent'anni entrano per bere un caffe' , dando un'occhiata alle mie spalle allo schermo piatto di una tv che trasmette in diretta un improbabile Marrazzo sotto i bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza, dopo che per una vita  per lui era stata di coca. Ad un tratto uno , barba e occhiali, fa all'altro, barba e occhiali zero.
-Oh, visto chi c'e'? Fra un po' lo fanno santo a questo, dopo tutto quello che ha fatto.
E se la ridono con Pigi, il quale rincara la dose col ghigno mellifluo della metafora sessuale.
Pigi e' un tipo robusto, con gli occhiali, muove le mani con abilita' e lentezza, col busto fermo come un saggio taoista cinese . E guarda tutti sottecchi con la riflessione dell'assenza di riflessione , mentre si fuma la sua sigaretta handmade in santa pace, fra un caffe' e un aperitivo, fra una spazzata al piazzale fuori e un sorriso all'inglese di turno che sfoglia The Times perche' non e' riuscito a rimediare The Guardian, venuto a svernare in inverno, l'inverno della sua vita. Poi arrivano Giulio Vix, l'avvocato amico mio d'infanzia e Gianpietro Gradone, storico segretario rifondista, reduce da una riassettata alla sezione.
Ci sediamo all'aperto , ad un tavolino illuminato dal sole, le fronti gia' calde. E chiediamo il classico aperitivo mediterraneao, che da 'ste parti, altosalento, puo' valere per qualita' e quantita', persino da pranzo e cena.
Mentre chiacchieriamo del piu' e del meno e Vix si lamenta che Lecce e' una citta' a compartimenti stagni e circoli chiusi , mentre la provincia e meglio, sotto i suoi occhiali da sole e vista tutt'insieme, Gradone, magro e scolpito a furia di biciclettate sulle murge e rosicate di fegato a dispensar esposti per speculazioni edili, da' precise indicazioni a Pigi, Lui per se' vuole tartine di ritz con bresaola e pomodorini. Eh si, dice Pigi, rivolto a me e a Vix: persino quando mangia non sa stare lontano dal rosso. 
Dopo un po' la superficie del tavolino non basta quasi a contenere le portate di friselline e tartine e mozzarelline e triangoli di sfogliate rustiche e rustici wustelosi e quasi i crodini devono essere sfrattati e fatti atterrare all'Orio al Serio del tavolino a fianco. 
A questo punto, sotto un sole ottobrino indimenticabile, con davanti lo sfondo di alberi anche tropicali della villa comunale, i tavolini davanti imbanditi di ogni ben di Dio, ci rendiamo conto della bellezza del creato e di quanto i trigliceridi da queste parti siano piu' rapidi a diventar ricchi dei cartelli della droga colombiana. E questo mentre Vix si affanna a dire che nel pomeriggio ha una partita a tennis sul cemento. E io ho un pranzo dopo a casa dai miei. Chi sa se ce la faccio. Poi penso al racconto del manager della Monsanto. E un po' mi vergogno.

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