Non tassate i piccoli autori. Lettera aperta allo Stato Italiano!
Eccoci qui, cari
amici e compagni di strada. Siate o meno social, le urla di chi vuole
comunicare al mondo vi giungeranno comunque, in qualche forma. Seduto
davanti al mio portatile, fuori giornata di sole. Il grande Henry
Miller definì l'atto di mettersi a scrivere “ una meravigliosa
tortura”. Scrivere serve a molte cose. Innanzitutto a liberarsi dei
pensieri, che se restano vaganti nella scatola cranica diventano a
lungo andare molesti e in qualche senso innescano un'implosione
emozionale. Scrivere vuol dire comunicare a se stessi e al mondo o
agli amici o a chiunque voglia leggere e ritrovarsi nelle parole di
chi scrive o perdersi definitivamente. Ma come diceva il buon
Kerouac, a proposito del perdersi, se non sai dove stai andando come
fai a dire che ti sei perso? Qualcuno potrebbe dire, ma quand'è che
dici qualcosa di tuo? Quando la smetti di parlare con frasi di altri?
Le frasi, cari miei, sono di chi le usa molto più che di chi le ha
scritte. Ecco come stanno le cose. La filosofia non serve a niente,
dicono in molti. Certo non dà risposte definitive, piuttosto semina
dubbi. E noi dei dubbi abbiamo bisogno. Sono le certezze che poi
quando si sgretolano ci mandano in pezzi. Chi non è sicuro di niente
è in realtà più sicuro di chi è sicuro di tutto. E' questa la sua
sicurezza. Ci sono filosofi e scrittori che dopo anni di anonimato
sono diventati popolari. Popolari fra il pubblico dei lettori,
chiaramente. Che è sempre più in diminuzione. Ma perchè dovremmo
cessare di scrivere, se non scriviamo bestsellers? Noi parliamo ai
noi stessi disseminati nel mondo e questa potrebbe essere una delle
maggiori forme di libertà. Il successo, secondo Pasolini (altra
citazione, tieh!) potrebbe essere l'altra faccia della medaglia della
persecuzione. Vogliono tutti avere successo. Ma poi odiano le masse.
Il successo nasce dall'odio delle masse che non si accorgono che chi
scrive di esse le disprezza profondamente e usa il loro clamore per
elevarsi su di esse. Personalmente credo che quando crei qualcosa con
passione vera, autentica, senza pose e con l'ego che tira il freno a
mano, beh, che dire...questa cosa arriva. Ma deve essere un processo
spontaneo e sincero, non una tattica o una strategia. Spesso il senso
dell'essere artisti viene dalle parole di artisti non ritenuti tali a
tutto tondo o superficiali o mainstream e quindi , perciò, poco
credibili. Sentii dire a Elodie, dopo aver cantato a Sanremo parole
da incorniciare circa la sostanza dell'essere artisti, dell'essere
creativi. Ho lavorato con passione, disse, e dato tutto, con molta
serietà e dedizione. Tutto ciò che accade dopo è frutto dei maghi
che truccano e dei pubblicitari e dei clown vestiti a funerale.
Quello che importa è aver fatto un buon lavoro che soddisfa te
stesso. Se soddisfa anche il pubblico va bene. Se non lo soddisfa ,
rispetti il pubblico, ma non cessi di rispettare te stesso. Non l'ha
detto un filosofo, ma una cantante di musica leggera. La filosofia ,
ecco, potrebbe servire a isolare, in una nuvolaglia di parole e
proclami senza senso, il senso compiuto dell'attività creativa.
Perchè, in definitiva, creare è parte essenziale dell'essere
felici. Tutto ciò che ne consegue in termini di allori e premi e
riconoscimenti, sono contorni. Ma il piatto forte è e resta: creare.
Burroughs disse che creare ,e, in definitiva, scrivere, determinava,
nello scrittore, un senso di colpa. Perchè è come se scippasse il
meccanismo della creazione al creatore per antonomasia, in altre
parole a Dio. Scrivere è servito ai filosofi, per cercare di
definire il mondo, agli scrittori per raccontarlo, ai comici per
scrivere i testi che avrebbero recitato, agli attori di teatro,
persino ai deejay, i cui più seri scrivono un canovaccio dell'intera
trasmissione che deve andare in onda. Ma anche leggere serve e forse
più che scrivere. E lo dice uno che scrive e che pensa che siano
molti più quelli che scrivono di quelli che leggono. Ma scrivere
senza aver letto e senza leggere non porta lontano. Avere mai visto
un uccello senza coda? Un canarino muto? Un Pappagallo che dice cose
originali? Un pesce che va in bicicletta? Puoi andare avanti quanto
vuoi nella vita, e spesso succede, senza leggere. Ma arriverà un
momento in cui quella cosa ti mancherà. E non potrai fare lo scatto
e il balzo definitivo per compierti come essere umano. Non potrai per
esempio dirmi a commento di quello che scrivo, ma che stai dicendo?
Ecco, appunto, me lo puoi dire perchè mi hai letto. E' così che si
sviluppa la mente. E forse si sviluppa meglio la mente di chi legge
di quella di chi scrive più di quanto legga. Non lo so. E' un dubbio.
E' una delle domande che pone l'essere filosofi...senza laurea ( sono
molto modestamente laureato solo in Scienze Politiche e ho fatto un
solo esame di Filosofia della Scienza). Senza la panoplia di
scrittori che ha scritto senza studiare e laurearsi, ma vivendo di
stenti e di lavori precari, ingegni che hanno mosso l'economia di
migliaia di stamperie, editori, Università, giornali , tv e
internet, la cultura non esisterebbe. Vaglielo a dire a un paese che
tassa i profitti derivanti dalla vendita di libri a un piccolo
scrittore come me! Ci sono paesi in cui gli scrittori ricevono uno
stipendio dallo stato. Io non anelo a questo, ma perlomeno, caro
STATO ITALIANO, non tassare i pochi profitti che guadagno e che
reinvesto in nuove pubblicazioni. Equivale ad una censura sulla
circolazione delle idee. Equivale a dire, possono pubblicare solo
quelli (raccomandati e non) autorizzati da editori ricchi che faranno scrivere solo ciò
che conviene e chi ricco lo deve restare.
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