martedì 5 novembre 2019

Rocco Schiavone

Di Antonio Manzini, giallista romano che ha inventato Rocco Schiavone, il vicequestore romano romano che finisce ad Aosta per punizione da parte dei poteri forti, non so quasi nulla. Ho letto qualche capitolo dei suoi libri di straforo in Feltrinelli in Stazione Centrale a Milano. Uno non ha tutto questo tempo per leggere e scrivere e guardare la tv, ma ecco che in un certo ambito guardare la serie tv tratta dai suoi romanzi può essere una sintesi efficace del lavoro di uno scrittore e riproporsi come un nuovo lavoro di scrittura per immagini reinventato. Quello che ci piace di Rocco Schiavone ,  personaggio Bukowskiano, anarchico, fuma le canne (se ne fa una nel suo ufficio di mattina presto ad inizio turno, di nascosto da questore e collaboratori) ,è che ama la giustizia come ideale supremo , una giustizia personale, di cui Schiavone ne è il Dio, Dio di se stesso e Demone di se stesso, quando vieppiù si accorge che la giustizia ha varie sfaccettature e che non sempre perseguirla ti concede una strada lineare, anzi, spesso bisogna fare delle scelte, a volte dolorose: bisogna accettare e compiere ingiustizie minori per debellare ingiustizie maggiori. I suoi amici d'infanzia, personaggi borderline delle borgate romane, sono vissuti e vivono di espedienti e Rocco Schiavone, magistralmente interpretato  dall'attore romano romano Marco Giallini nella serie tv trasmessa da rai due( tratta appunto dai romanzi di Manzini) cerca faticosamente di coniugare quest'amicizia fraterna, questo cameratismo ante litteram ormai non più presente nelle new generations, con le sue funzioni di pubblico ufficiale, di uomo che ha studiato ed ha fatto una certa carriera (interrotta al grado di vicequestore , per volontà del soggetto stesso e perché i vertici non si sposano con lo sporcarsi le mani in indagini in cui si cerca la verità, ma vivono di vetrine e telecamere, carriere, politica, in altre parole, come direbbe sarcasticamente il "nostro", di mmerda).
Rocco Schiavone non può non piacere, con tutte le sue contraddizioni, perché rappresenta l'uomo contemporaneo d'altri tempi, l'uomo delle old genetations che non vuole abdigare al nuovo che avanza, perché il nuovo che avanza è orrido, sa di egoismo, competizione, politica, conferenze stampa, carriere, denaro sporco. Non vuole abbandonare i ricordi dei tempi in cui per pagare lo strozzino cui la sua famiglia aveva dovuto ricorrere rapina una banca con gli altri suoi tre sodali, Sebastiano, Furio e Brizio, mirabilmente interpretato dalle facce segnate dalla vita degli attori prestati al serial tv. Non vuol dimenticare da dove viene , ma soffre terribilmente e paga la sua ricerca della giustizia. Poco importa se affronta i casi di omicidio con lo scazzo romano collocando i casi di ammazzamenti al più alto grado di una sua personale classifica di "rotture di coglioni". In realtà ha bisogno degli omicidi, dei casi sul groppone, per andare avanti in questa sua vita segnata da un passato torbido. Un passato in cui la voglia di fare giustizia , forse in questo caso, il lusso di fare giustizia in una Italia  corrotta sino al midollo, lo ha portato a perdere una moglie che amava più di se stesso...sino al punto da aver accettato da lei le cene con i parenti (collocate al settimo grado della classifica di rotture di coglioni), ammazzata per essersi lui messo sulla strada di trafficanti di droga legati ai palazzi della politica.
Non può non piacerci Rocco Schiavone politically correct a modo suo, come quando rimprovera un suo agente che osservando un filmato definisce un uomo di colore "negro"...e Rocco lo corregge , con un "si dice nero". O come quando Italo, il suo agente preferito, all'uscita di un interrogatorio ad una trans gli chiede:" ma tu spenderesti cento euro per andare con uno così?".
"Be', il caffè era buono. E poi chi è ormai più sicuro della propria identità? Tu ne sei sicuro, Italo?" .E si volta lanciando un bacio alla trans sul ciglio della strada. Il tutto condito con le ghiotte disquisizioni romanesche sulla distinzione tra l'uso dello "sticazzi"  e l'uso del "mecojoni". Che quando si ha una personalità forte e qualcosa da dire, si diventa carismatici comunque e si finisce per imporre senza voler imporre persino un linguaggio. Rocco Schiavone è un po' stronzo con le donne, ma , in un certo senso, con quelle che lo meritano, come esseri umani infidi e opportunisti, non in quanto donne. Dopo la morte della moglie uccisa dal pregiudicato romano Luigi Baiocchi , non ci sono più donne , nella sua vita, se non per sesso. E quando torna a fidarsi di un suo agente , giovane donna avvenente e capace, viene tradito. Acuendo ancora di più la sua solitudine e le sue conversazioni immaginarie con Marina, sua moglie. Amarissime e nostalgiche, che contribuiscono ancor di più a renderci questo personaggio umano, troppo umano, come avrebbe detto quel falso cinico di Nietzsche.

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