martedì 22 novembre 2022

Il rispetto per il lettore

 Il rispetto per il lettore...

Sapete, è un bel pò che scrivo ed è un bel pò che pubblico libri. Non sono diverso da molti altri autori e sarei un bugiardo patentato se vi dicessi che il fatto di scrivere non c'entri con l'alimentare il proprio ego. Sicuramente all'inizio era così: condividere con altre persone le tue considerazioni, i tuoi pensieri, è una cosa che coccola il tuo ego come nient'altro al mondo. Specialmente in un'epoca in cui si legge poco e male. Ma con il passare del tempo è andata definendosi meglio che cosa significhi per me questa faccenda della scrittura. Lungi da me il pensare che la scrittura possa cambiare il mondo, già se riesce a cambiare te che scrivi ha raggiunto uno scopo da vetta himalayana. A volte mi chiedo se dovrei smettere perchè sono un autore di qualche centinaio di copie per titolo e che forse non vale la pena impegnare tutto questo tempo  che dedico, alla scrittura. Ma poi dentro di me penso...e il rispetto per i lettori? Il rispetto per i lettori, pochi o molti che siano è alla base del fatto di pubblicare libri. Henry Miller scrisse da qualche parte che scrivere una lettera ad un solo lettore potrebbe essere la forma dello scrivere più giusta e rispettosa per te stesso e per il tuo lettore. E sarebbe scrivere davvero, sul serio. I libri che pubblica uno come me, a causa del fatto che non sono un professionista che ha squadre di editor al proprio servizio, spesso presentano qualche refuso e qualche lieve difetto di impaginazione e non starò certo a dire, come scrisse Henry Miller in "Primavera nera", che gli errori di uno scrittore saranno materia per biografi o critici letterari. Perchè quando rileggi un tuo libro già stampato che presenta questi difettucci, i santantoni volano che è una bellezza...Mi piace pensare che i miei libri siano prodotti artigianali e che come tali presentino qualche sbavatura. E che il vero lettore apprezzi l'essenza del testo, e, in definitiva, il nitore filosofico del libro. Non arrivo a pensare che un mio libro con qualche refuso è come uno zaino rammendato che ti ha regalato il tuo migliore amico, affidandoti, con l'oggetto, un pezzo del suo cuore. Ma qualcosa di questo c'è. E c'è anche il sacro timore del successo, che se una volta il fatto che non arrivasse mi faceva stare male, con il tempo, e non, credetemi, nell'opinione che si farebbe una volpe che non arrivando all'uva dicesse che è acerba, oggi, lo benedico...per avermi infantilmente lasciato il piacere di dedicarmi alla letteratura senza essere diventato un operaio da catena di montaggio dello scrivere o un manager presenzialista televisivo. I miei libri così come li ho descritti hanno operato un miracolo, in me. Mi hanno fatto conoscere il cuore della gente che li legge, dei miei lettori. Che sono diventati miei amici pur senza conoscerli e frequentarli. Portare un libro ad un lettore e scrivergli la dedica al termine di una lieve o profonda chiacchierata mi ha fatto capire concretamente il significato di rispetto per il lettore e per lui come persona. Ed è per questo che continuerò a scrivere. Per il rispetto dei miei lettori. E per il rispetto di me stesso. Che più scrivo e più cambio. Abbandonando l'idea dello scrittore misterioso rinchiuso in una sua torre d'avorio dalla cui penna ( o tastiera) tutti debbono pendere, per regalare al proprio ego qualche istante di godimento strappato con l'inganno di volersi presentare come supereroi del pensiero....

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