mercoledì 30 novembre 2022

Resistere resistere resistere

 Ostuni, Porto di Villanova. Ho sempre un rito quando vado ad Ostuni. In macchina vado spesso fino al porticciolo di Villanova. Parcheggio davanti alla Lega Navale. Poi faccio due passi a piedi sul molo. Il molo o diga o frangiflutto, dalla parte del mare è costituito da grossi massi accatastati gli uni sugli altri che digradano dal molo vero e proprio, grosso parallelepipedo in calcestruzzo armato, sul mare, per tre o quattro metri circa. Alla fine del molo c'è un piccolo faro dipinto di rosso. Poi il mare e di fronte a quella porzione di mare, in orizzontale, un altro molo, più lungo, che termina a sua volta su un altro piccolo faro di metallo di colore verde. Su questo molo di solito scorgo dei cormorani che di quando in quando con le loro nere silouette da anatidi che paiono incrociati ad avvoltoi gipeti si librano in volo, per planare, poco dopo, in qualche anfratto del porto-affollato di piccoli yacht e imbarcazioni da diporto-per poi immergersi a caccia di pesci. Fino a pochi anni fa avevo sempre pensato che i cormorani fossero uccelli di paesi lontani o tropicali da ammirare nei documentari mentre vengono sfruttati da furbi pescatori che ne bloccano il collo con lacci di cuoio prima di mandarli a pescare per loro. Di modo che siamo costretti a consegnare il pescato ai loro "padri padroni". Più accosti a molo che percorro in questa giornata ventosa domenicale, due pescherecci su cui sono di solito ammonticchiate delle reti, vedono sovente alcuni pescatori seduti ricurvi sulle reti, a rammendarle con quel gusto da ricamatrici che traspare dalle espressioni dei visi abbronzati dall'effetto specchio abbronzante del mare. I pescherecci azzurri e lignei, un pò consunti intorno all'incavo del natante mostrano nomi scoloriti di nonne, zie, mamme o figlie, di questi marinai di cabotaggio. Spesso scambiano qualche parola con qualcuno che passa, che magari li conosce, con cui sono amici. Si lamentano che non c'è più pesce. Mi chiedo se magari possa dipendere dal fatto, rammendandosi sempre più strette le maglie delle reti, che esse non lascino più sfuggire i pesci di piccole dimensioni che non arrivano nemmeno a riprodursi. Penso a quelle maglie come alle stesse, strette, di un altro tipo di rete che ti dà l'illusione di poter diventare qualcuno anche solo nel vederti nell'atto di comprare qualcosa, perso in questo finto benessere che fa dimenticare te, pesce piccolo, di riprodurti. Incontro A. Fisico da canoista, di mezz'età, occhiali da vista. Ispettore addetto al controllo della diffusione della Xylella. Ci conosciamo da una vita. Ci salutiamo con affetto. Ogni tanto ci incontriamo e ci scambiamo pareri, impressioni, più solitamente racconti di vita. Chi svolge un lavoro come il suo ha il polso antropologico del territorio. Mi racconta brevemente come si infettano gli ulivi millenari, mentre siamo in piedi, davanti alla Lega Navale, sullo sfondo dell'antico castello angioino consunto dalla salsedine e roso dalle piogge. La Sputacchina, dice, è un insetto minuscolo. Si sposta da una pianta all'altra. E' questo che praticamente si nutre della linfa grezza delle piante, aspirando con la linfa stessa anche il batterio della Xylella. E' così che si propaga. Poi i batteri della Xylella formano un gel nello xilema ostruendo il flusso dei nutrienti liquidi attraverso i vasi linfatici, bloccandone la nutrizione. Ed ecco perchè la pianta secca. Ma Sputacchina è un nome gergale o dialettale? Chiedo da perfetto ignorante in materia. No, si chiama così...in italiano...certo ha anche un nome scientifico. La sputacchina, dico, si è messa ad attaccare l'ulivo, ma prima non lo faceva? Buona domanda, ammette. Prima attaccava altre specie tipo la vite o l'oleandro...Poi l'uso indiscriminato dei pesticidi chimici, ha spostato i suoi interessi sugli ulivi. Alle specie, se gli togli da mangiare determinate cose poi per nutrirsi si abituano a mangiare altro. E' una legge di natura. Ecco, dico, è sempre colpa dell'uomo. Be', fa, è normale...il riscaldamento globale sta producendo l'avvistamento di specie animali aliene, cioè, voglio dire, normalmente tropicali...ora le trovi nel mediterraneo. Come pure i nostri cieli sono solcati dal volo di pappagalli verdi. E pensare che trent'anni fa, immergendomi per fare il bagno da qualsiasi punto della costa, dico, il fondale era costellato di miriadi di ricci...Già, dice, tra l'indignato e il rassegnato...ma lo scempio non è finito! Il polpo, continua, ormai costa trenta quaranta euro al chilo. E ci sono gruppi di persone organizzate, specie baresi, lo devo dire, ma non solo...be' si mettono insieme, si organizzano a squadre con gommoncini, di notte, da una parte all'altra della costa, metro per metro...non lasciano nemmeno un polpicello...e già che quelli sono ancora più saporiti e i ristoranti li pagano di più...Ma che gente è? Chiedo. Gente apparentemente normale. Molti hanno già un lavoro. Nel tempo libero e nei week end si organizzano per tirarci fuori un altro stipendietto vendendo i polpi in nero a ristoranti o privati...E la sensibilità ambientale? Questi dove ce l'hanno, dico. Non pervenuta, taglia lui secco. Si è fatto tardi e vorrei restare con lui a parlare ancora un pò, ma vedo che è di fretta. Ci abbracciamo affettuosamente.Gli dico di porgere i miei saluti ad amici comuni. Prima di congedarci gli chiedo, ma come fai a resistere a tutto questo scempio. Non lo so neanche io. Sento che lo devo fare e basta...ed è la miglior risposta che potesse mai darmi un resistente di qualsiasi tipo...

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