giovedì 23 aprile 2020

Campioni del mondo

Campioni del mondo...
Vigilia di Pasqua. Il paese sta risorgendo, pur ferito a morte. Enrico Toti combattè tra le file italiane durante il primo conflitto bellico contro gli austriaci, privo di una gamba, come volontario, con la divisa senza stellette. E' il simbolo del nostro paese. Forse con gli austriaci saremmo stati meglio. Ma noi non siamo austriaci. Siamo italiani. E siamo stanchi di essere messi dietro, all'ultimo banco, dell'aula europea. Stiamo resistendo. I nostri medici , i nostri infermieri, i giornalai, gli addetti ai supermercati e i corrieri postali sono i nostri eroi senza stellette. Gli unici che ci hanno aiutato sono medici e infermieri delle odiate dittature comuniste. Non una mascherina dagli USA. A pacche sulle spalle sono buoni tutti.Non parlo di politica. SONO FATTI. E certo un uomo elegante, poco avvezzo alle furbizie della politica, un pugliese orgoglioso che appare in video per parlare al paese-il volto bianco segnato dalle nottate insonni-dopo ore passate a leggere i rifiuti europei( rifiuti come immondizia, anche), rappresenta in questo momento il nostro essere italiani: un uomo solo al comando, Giuseppe Conte. Come Fausto Coppi...ma la borraccia di Bartali è rimasta nelle pieghe di odi, invidie e stupide strumentalizzazioni politiche.
Dobbiamo farcela da soli. Ciò che non ti uccide ti rafforza. Non abbiamo bisogno di elemosina. Ed è meglio un tozzo di pane regalatoci dai più poveri di noi-benchè interessato-che pacche sulle spalle e sblocchi di vendita di mascherine in un primo tempo ferme. In attesa di un'asta al rialzo per il miglior offerente.
Sapete, non sono mai stato un patriota in senso classico. Uno che ama il proprio paese a prescindere. E l'inno nazionale mi ha fatto venire la pelle d'oca solo una volta. Durante la finale dei mondiali di calcio del 1982 in Spagna. Nel 2006 non fu per me la stessa cosa.
Non mi piace la retorica delle celebrazioni a prescindere.
Non mi piaceva l'alzabandiera mattutina durante il servizio militare. Coincideva con l'alzarsi troppo presto per giocare ad una guerra che non avremmo mai potuto combattere.
Una volta all'alzabandiera in piazza Unità d'Italia a Trieste ( si svolge tuttora tutti i giorni, mi dicono), io ufficiale dell'esercito (di complemento), guidai il mio plotone. Guidai i movimenti classici di un plotone in modo perfetto(mi dissero poi i comandanti). All'ammainabandiera il trombettista non volle aggregarsi. Lo lasciai in caserma. Andò tutto bene. Il Colonnello comandante del Battaglione a cui ero aggregato , il giorno dopo mi chiamò. Come mai non c'era il trombettista all'ammainabandiera, chiese. Non è voluto venire, dissi. Perchè non l'ha punito? Lo osservai bene in viso:”ci sono punizioni peggiori che essere puniti. Sa, in caserma, questi ragazzi si annoiano a morte. Fare qualcosa come presiedere ad un alzabandiera, provare i movimenti e ripeterli dal vivo in una piazza splendida come quella di Trieste, perlomeno è un diversivo. Impiegano membra e mente per qualcosa di utile per se stessi”.
“Perchè non l'ha punito? Ora io dovrò punire lei!”, disse il Colonnello.
“Faccia come crede. Per me la punizione ,il ragazzo, l'ha già avuta. Mi è bastato osservare il biasimo con cui i suoi commilitoni lo hanno guardato di ritorno dall'ammainabandiera. E lui si è vergognato. Non è questione solo di bandiera, signor Colonnello: è questione di essere tutti nella stessa barca. Questo dovrebbe essere un concetto patriottico, credo”.
Il Colonnello non mi punì. Anzi. All'alzabandiera in caserma, il mattino dopo, mi elogiò davanti al battaglione. Perchè sia pure senza trombettiere, era andato tutto bene. E il silenzio dell'assenza della tromba, per sentito dire, era stato più rispettoso della litania del silenzio suonato con la tromba. Dopotutto si trattava di un'ammainabandiera. Non del funerale della nostra bandiera. E il giorno dopo si sarebbe innalzata ancora una volta, garrula nel vento. Con me mezz'assonnato imprecante in silenzio.
Ho raccontato questo episodio perchè in questo momento mi sento come davanti a quel Colonnello. Bisogna parlare con il cuore al paese. Bisogna sentirsi nella stessa barca: lasciare le ataviche furbizie levantine nello scantinato della nostra storia, passata e recente. Educare il popolo, si diceva una volta. Con l'esempio dei più pronti di spirito. E senza aneliti disfattisti. Benchè nel criticare gli altri siamo campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo (cit Martellini).

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