giovedì 23 aprile 2020

Solo per la maglia

SOLO PER LA MAGLIA.
In casa. Nulla da fare. Fuori impazza il virus, sia pure in fase calante.
Si pensa molto. Si ricorda molto. I ricordi fluttuano nella mente. Secondo i buddhisti la mente non risiede nel cervello, ma altrove. Non oso immaginare in quale parte del corpo risieda la mente di taluni politici. Me ne farò una ragione.
In questi giorni mi tornano in mente parecchie cose. Una di queste è il calcio. Da ragazzo un po' ho giocato, ma non sono riuscito a fare carriera. Ma poi volevo veramente fare carriera?
Comunque il calcio giocato mi è servito moltissimo. Ero un ragazzo un po' introverso, sempre perso nei miei pensieri, nei miei sogni. Non interagivo molto con gli altri. Sotto questo aspetto sono stato sempre un isolazionista. Il calcio mi ha aperto verso il mondo. Il calcio è uno sport collettivo e al fine del conseguimento del risultato di squadra ti costringe a collaborare anche con chi magari non ti sfagiola troppo. Poi a fine partita e durante la settimana, nemici come prima. Fino a qualdo, lentamente, le tenebre nel rapporto si diradano e o si addiviene ad una scazzottata salutare o cambi aria. Poichè al calcio non si rinuncia facilmente, perchè è la forma d'arte plastica più popolare che esista dalla notte dei secoli, solitamente , con quelli che ti stanno sul groppone, si stabilisce un modus vivendi accettabile per entrambi. Nel calcio metti da parte la tua individualità al fine di conseguire il risultato. Segnare e vincere. Nessun grande campione ha mai vinto nulla senza un portatore d'acqua. Nonostante il talento. Questo mi ricorda molto il fatto che noi come squadra Italia, pur se torneremo ad odiarci, detestarci e criticarci, al fine del conseguimento del risultato finale (battere il Coronavirus), dobbiamo stare al gioco di squadra. Rispettare le regole e stare in casa! Lasciamo la nostra individualità creativa alle mille forme di autoprotezione con maschere per snorkering o ricavate da mutandine di mamme ,sorelle , mogli o fidanzate ( e viceversa, pensando al femminile)...non vogliamo mica lasciare i nostri psicoterapeuti privi di lavoro?
Per me il calcio è il Lecce . Trattandosi di squadra dovrebbe declinarsi al femminile. Si chiama Lecce, al maschile, perchè la società si chiama U:S. Lecce, ossia Unione Sportiva Lecce. Deduzione aristotelica.
Mio padre , nato a Milano da genitori entrambi leccesi ed emigrato al contrario verso la Puglia Salentina, a dodici anni, è stato sempre un grande tifoso del Lecce. E anche del Milan. Poi quando i successi della squadra della città in cui era nato hanno cominciato ad essere usati al fine di giustificare eclatanti carriere politiche, è rimasto con l'unico vero amore che aveva sempre avuto(posto che quando si giocava Milan-Lecce tifava comunque per i giallorossi), il Lecce.
Nel corso degli anni vissuti insieme, ma anche quando per studio o lavoro, rientravo in terra appula da ognidove, si andava a vedere il Lecce. Spesso in B, ma anche in serie A.
Si parcheggiava l'auto dove si riusciva e si percorreva Via Del Mare. Lo stadio, l'infuocato catino che prende il nome dall'omonima via presso cui sorge, lì ad attenderci. Ricordo ogni tipo di sciarpa, cappellino, venduto sul percorso per lo stadio da vari ambulanti con le loro facce olivastre e ridanciane. Ricordo i suffumigi di marijuana salentina dietro i drappelli di tifosi diretti alla mitica Curva Nord. Ricordo l'ingresso nello stadio. Ricordo gli ambulanti con il caffè Borghetti che passavano tra gli spalti. Ricordo il sole che rendeva il verde del prato erboso incandescente prima dell'inizio della partita.
Ricordo, ero ragazzino, il bomber Sergio Magistrelli, barbuto capellone comasco, negli anni '80, avvicinarsi alle aree di rigore avversarie a testa bassa come un muflone impazzito.
Ricordo tifosi e giocatori listati a lutto dopo l'incidente stradale che tolse la vita a due grandi giallorossi, Lorusso e Pezzella.
Ricordo un 3 a 2 in B tra Lecce e Genoa (stagione 2006-07), con un gol spettacolare al '90 del brasiliano Juliano, tutto lo stadio in piedi impazzito e Zeman, allenatore del Lecce, seduto in panchina che fumava impassibile l'ennesima sigaretta come se niente fosse accaduto.
Ricordo gli argentini Barbas e Pasculli quando tolsero lo scudetto dal petto della Roma, andando a vincere all'olimpico, pur essendo il Lecce già retrocesso, guadagnandosi l'ammirazione perenne dei tifosi.
Ricorso Pietro Paolo Virdis che dopo una carriera nei massimi club di seie A ha giocato nelle file del Lecce alcune delle sue migliori stagioni (da stagionato).
Ricordo il bomber uruguagio Ernesto Chevanton che giocò una delle migliori stagioni del Lecce in serie A segnando 19 gol, nel 2003. Tornò poi a giocare a Lecce nel 2012, visto che il suo cuore era stato rapito dalla figlia di uno degli stopper più rocciosi di sempre: Sergio Bruno..leccese doc anche lui.
Ricordo la dolorosa retrocessione in serie C a causa del calcio scommesse. E la pittoresca figura del barbutissimo attaccante italo-belga Davide Moscardelli (ancora in circolazione in B con il Pisa a 40 anni suonati). Memorabile l'episodio di Papini nel campionato Lega Pro 2015, che segna al Benevento ed esulta infilandosi la maschera barbuta di Moscardelli (immagine indimeticabile che ha fatto il giro del web) , in quel momento squalificato e simbolo di fratellanza e unione di gruppo.
Lunghi anni di purgatorio , poi la risalita in B (2017). Oggi in serie A, agli ordini del “Comandante” Liverani.
Con mio padre e mio fratello ci siamo visti tutte le partite di vari campionati nell'inferno della serie C (Lega Pro) , su internet. E c'è gente che da Lecce è andata in trasferta nei mille campi del purgatorio calcistico italico nazionale.
Sicuramente ho dimenticato tanti particolari, tanti bravi calciatori e allenatori, perchè ho scritto questo racconto pescando a caso immagini dal mio caleidoscopio mentale ( uhm, spero che la mia mente fosse nel posto giusto), vai a capire come seleziona i fotogrammi il cervello.
Ma era un omaggio dovuto. Al Lecce e ai suoi colori.
Sapete, io lavoro in un mobilificio e una volta avendo a che fare con un cliente svizzero, mi ha raccontato che suo figlio , nato in Svizzera da genitori svizzeri e senza alcuna origine italiana, teneva per il Lecce. Ma proprio fanatico, aggiunse piccato il padre, non comprendendo la ragione di tanto affetto. Ma io non mi meraviglio. Sono i colori che ti scelgono. Il calore dei tifosi : e i loro mille gruppi e striscioni, compreso il caratteristico “Afrika sballata” e i mille slogan scritti con lo spray e le bandiere giallorosse...Giallo e rosso, i colori della nostra Giamaica nazionale: IL SALENTO!
Ho scritto questo racconto perchè, recluso e tenuto in ostaggio dalla pandemia, nell'ovest milanese, volevo rendere omaggio a mio padre, recluso ad Ostuni, altosalento pugliese. Mi manca molto.
Già, mio padre che mi ha trasmesso il morbo giallorosso. Con i suoi 87 anni il Lecce è rimasta una delle sue poche gioie di vivere. Ho scelto per lui quello striscione in curva che vidi quella volta e che recitava così:” solo per la maglia”. Ed è così che rispondo a tutti i salentini che incontro a Milano e tifano per Milan, Inter o Juve. Dovreste ricordare da dove venite, non foss'altro che : SOLO PER LA MAGLIA.

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