giovedì 23 aprile 2020

In rosso

In rosso
Stare chiusi in casa. Già. Si pensano un mucchio di cose. Sento nell'aria tanta voglia di ricominciare a vivere. Ci sono persone per le quali il lavoro è tutto. Per loro il lavoro è vita. E non ho niente contro. Purchè vivere non diventi il lavoro. Altrimenti dovremmo chiedere scusa agli zombies.
A volte io credo che se scrivessi per professione potrei dedicare molte energie a questa attività e potrei farlo meglio. Magari ECCELLERE. Eppure sento dentro di me che non riuscirei a scrivere un solo rigo. Per scrivere ho bisogno di vivere. Di vedere gente. Di deludermi ulteriormente circa le capacità di giungere alla saggezza della maggior parte degli esseri umani. Me compreso.
Per cui si pensa ai tempi andati. Che non si sa se e quando torneranno. La famiglia sopra di me sta facendo i conti , oltre che con la quarantena, anche con la convivenza con il proprio cane. Un cane irrequieto. In passato, quando non c'era il virus in giro e non erano obbligati a stare in casa tutto il tempo, uscivano spesso e lasciavano il cane a casa. La bestiola abbaiava tremendamente tutto il tempo. Un'ottima colonna sonora, per chi sta a casa negli appartamenti contigui magari nel giorno di riposo infrasettimanale, intento a leggere o a rilassarsi. Ora li sento redarguire l'animale tutte le volte che accenna un guaito. La qual cosa, avverto, deve risultargli stressante. Si saranno chiesti quanto dovesse essere stato altrettanto stressante tutto il tempo trascorso in casa, per gli altri inquilini, quelle volte che abbandonavano la creatura? Sembro Peter Handke, uno che scrive sottoforma di domande.
Si pensa ai tempi andati. E una volta abbassatasi la soglia dei contagi? Torneremo a vivere come prima? Io credo di sì. Perchè viviamo in un sistema che ci ha abituati a essere ciò che possediamo.
In passato mi sedevo spesso al Cin Cin bar in Corso Buenos Aires a Milano. Prendevo un caffè o un Crodino, cose così. Su quel marciapiede dove mi sedevo a degustare le mie cose, in un'ora possono passare fino a tremila persone. E a me è sempre piaciuto osservare la gente. E' un abbonamento gratuito a SKYUMANITA'. E c'era sempre qualcuno che parcheggiava un Suv dopo aver fatto trenta metri da casa in auto, lì davanti al Bar. Scendeva dall'auto, la guardava e rimirava come la Pietà di Michelangelo. Si sedeva ad un tavolino del bar. Tutto tronfio. Cinque minuti dopo parcheggiava una Maserati. E lo vedevi diventare pallido in viso. Gli vedevi spegnersi il sorriso. E anche io avevo così davanti un altro tipo di capolavoro. Un altro tipo di PIETA'. Quella provata da me.
Tornando al lavoro. A me in genere piace lavorare. Facendo un lavoro di contatto diretto con il pubblico, ora sono fermo, causa pandemia. A me in genere piace lavorare, ma non sempre. Un giorno non è come un altro. E ci sono giorni in cui non è cosa. Le bollette però hanno sempre una gran voglia di arrivare puntuali come un cantone svizzero. Per cui a volte, anche quando non ti va, lavori. Però c'è da constatare una cosa, riguardo al lavoro. Che anche se ce l'hai e sei fortunato ad avercelo , non puoi mai svolgerlo al ritmo che ti è più congeniale (parlo per me). E questa cosa, a fine giornata, ti svuota di energie! Bisognerebbe che ci fosse una legge che imponesse a tutti i lavori di lasciare inalterate alcune energie per terminare la giornata in BELLEZZA.Ci sono molte cose di cui abbiamo bisogno. BISOGNO è ciò che il nostro sistema di vita considera solo come sinonimo di deiezione.
Comunque non sento il bisogno di adunate oceaniche, di bagni di folla. La GENTE in massa mi destabilizza. Meglio pochi per volta. Se li puoi scegliere. Osservarli, insieme, è un conto, averci a che fare, insieme, è un altro conto: ed è in ROSSO.

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